Gli autori di questo studio avrebbero confermato come il trattamento con il litio sembri ridurre il rischio di ospedalizzazione per i disturbi dell’umore.
Disturbi dell’umore e utilizzo del litio: rischio di ospedalizzazione
Il litio è ampiamente considerato uno “stabilizzante dell’umore” nella prevenzione a lungo termine delle recidive acute degli episodi di malattia nei pazienti con disturbo bipolare (BD).
Il trattamento a lungo termine con litio può anche ridurre il rischio di recidiva nel disturbo depressivo maggiore unipolare. Inoltre la terapia in augmentation con litio può essere di supporto nella depressione maggiore e delirante resistente al trattamento.
La maggior parte dei pazienti con BD trattati con litio manifesta effetti di stabilizzazione dell’umore se osservati nell’arco di 6-12 mesi. Si sperimenta altresì un effetto benefico sul comportamento aggressivo e sulla riduzione del rischio suicidario.
L’ospedalizzazione di pazienti affetti da BD e disturbo depressivo maggiore (MDD) ha un grande impatto clinico, sociale ed economico. Malgrado i trattamenti farmacologici moderni e di altro tipo abbiano diminuito la durata dell’ospedalizzazione per i disturbi dell’umore maggiori, le valutazioni della capacità di tali trattamenti di ridurre il rischio di ospedalizzazione hanno prodotto risultati incoerenti. La prevenzione delle recidive rimane quindi una sfida fondamentale.
Caratteristiche dello studio
- Tipo di studio: Studio di coorte retrospettivo.
- Luogo: Italia.
- Tipo di pazienti: 260 soggetti adulti depressi e/o bipolari che sono stati ricoverati presso l’Unità Psichiatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma tra febbraio 2019 e agosto 2020.
Scopo dello studio: il trattamento dei disturbi dell’umore con il litio riduce il rischio di ospedalizzazione?
Partendo dall’ipotesi che il trattamento con litio sia efficace nel prevenire l’ospedalizzazione psichiatrica dei pazienti affetti da disturbi dell’umore, gli autori hanno valutato i tassi di ospedalizzazione di questi pazienti nell’anno precedente rispetto all’anno di trattamento con litio [1].
Progettazione dello studio
Lo studio ha incluso 260 pazienti adulti di età media di 42,8 anni, di cui 143 di sesso femminile, che durante il periodo di ricovero sono stati visitati da due psichiatri. Di questi 160 hanno ricevuto una diagnosi di Disturbo Bipolare (BD) e 100 di Disturbo Depressivo Maggiore (MDD) secondo i criteri del DSM-5.
Sono stati registrati l’età, il sesso e l’anamnesi clinica del paziente. [2] I criteri di esclusione sono stati la presenza di disturbi neurologici degenerativi o di deficit cognitivi clinicamente significativi.
I dati relativi al trattamento sono stati raccolti in tre momenti:
- prima di iniziare il trattamento con litio: farmaci prescritti prima del litio, DUI in mesi, abuso di alcol o droghe, ricoveri ospedalieri, ideazione o tentativi di suicidio nel corso della vita.
- All’inizio del trattamento con litio: dose media giornaliera, altri farmaci utilizzati, ideazione o tentativo di suicidio, altra comorbidità psichiatrica.
- Necessità di ricovero entro 12 mesi dall’inizio del trattamento con litio.
Risultati
Gli autori hanno riscontrato che:
- nei 12 mesi precedenti al litio, il 40,4% dei pazienti era stato ricoverato in ospedale, contro l’11,2% durante il trattamento con litio. Vi è stata quindi una diminuzione altamente significativa di 3,62 volte.
- Anche altre misure di morbilità sono migliorate e i benefici sono stati simili per i disturbi bipolari e depressivi maggiori.
- I fattori non associati all’ospedalizzazione durante il trattamento con litio sono stati: ricevere un antipsicotico in associazione al litio, tentativi di suicidio, l’abuso di sostanze e il ricovero psichiatrico nell’anno precedente l’inizio del litio, ma non la diagnosi.
Conclusioni
I risultati di questo studio supportano l’ipotesi che il trattamento con litio sia associato a un rischio ridotto di ospedalizzazione, di sviluppare nuovi episodi di malattia e di morbilità clinica nei pazienti con disturbi dell’umore maggiori ricorrenti. Di particolare rilievo sono le riduzioni nell’ospedalizzazione e altri benefici clinici associati al trattamento con litio tanto nel BD che nel MDD.
In sintesi è possibile affermare che questo studio naturalistico conferma l’efficacia del trattamento con litio nel prevenire l’ospedalizzazione nei pazienti con disturbi episodici dell’umore.
Fonti e note
ARTICOLO ORIGINALE: Pompili M, Berardelli I, Sarubbi S, Rogante E, Germano L, Sarli G, Erbuto D, Baldessarini RJ. Lithium treatment versus hospitalization in bipolar disorder and major depression patients. J Affect Disord. 2023 Nov 1;340:245-249.
[1] In particolare sono state studiate:
- le associazioni tra l’ospedalizzazione e:
- tutti i farmaci psicotropi assunti
- la dose giornaliera di litio
- la durata della condizione di malattia precedente non trattata
- l’abuso di sostanze
- il rischio di ideazione o comportamento suicida prima e durante il trattamento con litio.
- La presenza di episodi di malattia e di periodi di stabilità clinica nei 12 mesi precedenti e nei 12 mesi nel corso del trattamento con litio.
[2] Dei pazienti con BD, 40 sono stati ricoverati in ospedale nell’anno precedente al trattamento con litio: 20 per un episodio maniacale, 17 per un episodio depressivo, 1 per un episodio psicotico e 1 per un episodio psicotico e 1 per altri motivi. Durante l’anno di trattamento con il litio incluso, 18 pazienti affetti da BD sono stati ricoverati in ospedale: 17 (94,4%) per un episodio depressivo, 1 (0,6%) per ansia acuta e nessuno per mania.
In questa fase altri farmaci psicotropi somministrati sono stati: antipsicotici, benzodiazepine, anticonvulsivanti e antidepressivi. Inoltre all’inizio del trattamento con litio, il nadir medio giornaliero finale di concentrazione sierica di litio era di 0,73 (SD = 0,24) mEq/L con una dose giornaliera di litio carbonato di 632 (SD = 245) mg. L’esito primario è stato il ricovero ospedaliero durante l’anno di trattamento con litio. Le misurazioni di esito secondario includevano nuovi episodi di depressione o (ipo)mania e il peggioramento clinico che non rappresentavano di per sé quadri sindromici di malattia.