L’infarto del miocardio o infarto miocardico, comunemente noto come attacco di cuore, è una condizione medica grave che si verifica quando questa parte del muscolo cardiaco non riceve abbastanza sangue. Scopriamo in questo articolo quali sono le cause, i sintomi e i possibili trattamenti.
Quanto è frequente l’infarto del miocardio? Epidemiologia
La frequenza riguarda lo studio della distribuzione e dei determinanti della malattia nelle popolazioni. Ecco una panoramica dettagliata dei principali aspetti epidemiologici:
- Incidenza e prevalenza: l’incidenza varia notevolmente tra le diverse regioni del mondo, riflettendo differenze nei fattori di rischio, nell’accesso alle cure sanitarie e negli stili di vita. È generalmente più alta nei Paesi sviluppati, dove la dieta ricca di grassi saturi, la sedentarietà e l’invecchiamento contribuiscono ai tassi elevati. La prevalenza tende ad essere maggiore nelle popolazioni anziane a causa dell’accumulo dei fattori di rischio con l’età .
- Sesso: gli uomini tendono ad avere un rischio maggiore di infarto del miocardio, specialmente in età più giovane. Tuttavia questo divario si riduce con gli anni, e dopo la menopausa il rischio per le donne aumenta significativamente. Inoltre possono presentare sintomi meno tipici rispetto agli uomini, il che può portare a ritardi nella diagnosi e nel trattamento.
- Mortalità : è una delle principali cause di decesso a livello globale. I tassi di mortalità sono diminuiti grazie ai progressi nelle cure mediche acute e nella prevenzione secondaria, ma restano significativi.
Quali sono le cause dell’infarto del miocardio? Eziologia
L’eziologia riguarda lo studio delle cause e dei fattori che contribuiscono allo sviluppo di questa condizione, che si verifica principalmente a causa dell’ostruzione di una o di entrambe le arterie coronarie (i vasi sanguigni che forniscono sangue ricco di ossigeno al cuore), che riduce o interrompe il flusso sanguigno al muscolo cardiaco. Ecco i principali fattori eziologici:
- Aterosclerosi: è la causa più comune. Si tratta di un processo infiammatorio cronico che porta all’accumulo di placche di grasso, colesterolo, calcio e altre sostanze nelle pareti delle arterie, restringendole e riducendo il flusso sanguigno.
- Trombosi coronarica: è la formazione di un coagulo di sangue all’interno di un’arteria coronaria. Un trombo può bloccarla completamente, interrompendo l’afflusso di sangue al miocardio e causando un infarto.
- Spasmo coronarico: è un restringimento improvviso e temporaneo delle arterie coronarie, causato dalla contrazione dei muscoli delle pareti arteriose. Può ridurre significativamente o interrompere il flusso sanguigno al cuore.
Fattori di rischio
Esistono alcuni fattori di rischio, modificabili e non, che possono causare questa condizione, come:
- Fattori di rischio non modificabili:
- età : il rischio aumenta con l’invecchiamento;
- sesso: gli uomini hanno un rischio maggiore rispetto alle donne, specialmente prima della menopausa;
- storia familiare: la presenza di parenti con malattie cardiache aumenta la possibilità di insorgenza.
- Fattori di rischio modificabili:
- fumo: il tabagismo danneggia le pareti delle arterie e promuove la formazione di placche;
- ipertensione arteriosa: la pressione alta compromette le arterie e accelera il processo di aterosclerosi;
- iperlipidemia: livelli elevati di colesterolo LDL, volgarmente definito “cattivo”, e trigliceridi contribuiscono alla formazione di placche;
- diabete: aumenta il rischio di aterosclerosi e di malattie coronariche;
- obesità : è associata a molti altri fattori di rischio, come ipertensione, diabete e dislipidemia;
- sedentarietà : la mancanza di attività fisica contribuisce all’obesità e ad altri fattori di rischio;
- dieta non salutare: alimentazione ricca di grassi saturi, trans, zuccheri e sale;
- consumo eccessivo di alcol: può aumentare la pressione sanguigna e i livelli di colesterolo;
- stress: lo stress cronico può contribuire all’ipertensione e ad altri fattori di rischio.
- Altri fattori di rischio:
- infiammazione sistemica: malattie infiammatorie croniche, come l’artrite reumatoide o il lupus, possono aumentare la possibilità di aterosclerosi.
- infezioni: alcune, tra cui l’influenza o la polmonite, possono aumentare temporaneamente il rischio di infarto del miocardio.
- fattori genetici: alterazioni genetiche specifiche possono predisporre a questa condizione.
Quali sono i sintomi dell’infarto del miocardio? Sintomatologia
L’attacco di cuore può manifestarsi con una varietà di sintomi. Alcuni di questi possono essere più comuni negli uomini rispetto alle donne, e viceversa. È importante riconoscere i segni precoci per cercare assistenza medica immediata, poiché il trattamento tempestivo può salvare la vita:
- Dolore o fastidio al petto: è il sintomo più comune. Spesso descritto come una sensazione di pressione, oppressione, schiacciamento, pienezza o dolore intenso al centro o a sinistra del petto. Può durare più di pochi minuti o andare e venire.
- Dolore o fastidio in altre parti del corpo: può estendersi a spalle, braccia (spesso l’arto sinistro), schiena, collo, mandibola o stomaco. Il dolore può variare da lieve a severo, e quando si verifica in aree meno comuni come la schiena o la mandibola, può confondere il quadro clinico.
- Fiato corto: sensazione di mancanza di respiro o difficoltà a inspirare, che può verificarsi con o senza dolore al petto.
- Sudorazione: sudorazione fredda e improvvisa, spesso accompagnata da pelle fredda e umida.
- Nausea o vomito: sensazione di malessere allo stomaco, che può portare a vomito.
- Vertigini o svenimenti: stordimento, capogiro o perdita di coscienza.
- Dolore isolato alle braccia: alcune persone possono avvertire dolore solo alle braccia, spesso l’arto sinistro.
Diagnosi di infarto del miocardio
Viene effettuata da un medico cardiologo e si basa su una combinazione di valutazioni cliniche, esami di laboratorio e indagini strumentali.
Anamnesi
- Sintomi attuali: il medico pone domande inerenti ai disturbi presenti, come dolore al petto, fiato corto, sudorazione, nausea, vomito, vertigini, svenimenti, interrogando il paziente su come sono iniziati i sintomi, se sono persistenti o intermittenti e se sono peggiorati nel tempo.
- Storia medica personale: è importante sapere se ci sono stati precedenti episodi cardiaci, se sono presenti eventuali malattie cardiovascolari o patologie concomitanti, se il paziente fa uso di farmaci o soffre di allergie.
- Storia familiare: è necessario informarci circa la presenza di eventuali malattie cardiovascolari in famiglia.
- Stile di vita e fattori di rischio: il medico chiede al paziente se fuma, se fa uso di alcol o droghe, se pratica attività fisica regolare, che tipo di esercizi svolge e con quale frequenza.
- Dieta: un altro elemento fondamentale dell’anamnesi è conoscere le abitudini alimentari, se comprendono il consumo di grassi saturi, sale, zuccheri, frutta e verdura.
- Stress: nella valutazione sono coinvolti anche l’eventuale livello di stress e i relativi metodi di gestione.
Esame obiettivo
L’esame obiettivo di un paziente con sospetto infarto del miocardio è una parte cruciale della valutazione clinica e fornisce informazioni essenziali per la diagnosi e il trattamento. Durante questa fase il medico esamina il paziente in modo sistematico per identificare segni fisici che possono supportare la diagnosi:
- Valutazione dei segni vitali: questa parte dell’esame obiettivo prevede:
- misurazione della pressione sanguigna per rilevare ipotensione (che può indicare uno shock cardiogeno) o ipertensione (che può essere un fattore di rischio);
- controllo della frequenza e del ritmo cardiaco per individuare tachicardia, bradicardia o aritmie.
- valutazione della frequenza respiratoria per riscontrare eventuali segni di dispnea o difficoltà respiratoria.
- verifica della saturazione tramite l’uso di un saturimetro per misurare i livelli di ossigeno nel sangue e identificare ipossiemia.
- Ispezione:
- valutazione del livello di coscienza, del colore della pelle (pallore, cianosi) e della presenza di sudorazione fredda e abbondante;
- osservazione di segni di difficoltà respiratoria, come respiro rapido e superficiale o l’uso dei muscoli accessori della respirazione;
- ricerca di edema alle caviglie o alle gambe, che può indicare insufficienza cardiaca.
- Palpazione:
- valutazione del dolore toracico attraverso la palpazione della parte, per escludere altre cause di dolore come la costocondrite;
- controllo del polso periferico (radiale, carotideo) per valutare la forza e la regolarità ;
- esame del turgore delle vene giugulari per verificare la presenza di congestione venosa, che può indicare insufficienza cardiaca destra.
- Auscultazione:
- ascolto dei suoni cardiaci per rilevare eventuali soffi, terzi o quarti toni cardiaci e per valutare il ritmo e la regolarità del battito;
- auscultazione dei campi polmonari per identificare crepitii, ronchi o sibilanze, che possono indicare congestione o edema polmonare.
- Percussione: la percussione del torace mira a confermare o escludere la presenza di versamenti pleurici, che possono verificarsi in caso di insufficienza cardiaca.
Esami diagnostici
Ecco i principali esami diagnostici utilizzati per confermare un infarto del miocardio:
- Elettrocardiogramma: è un test fondamentale per la diagnosi, che registra l’attività elettrica del cuore. Le alterazioni tipiche riguardano:
- sopraslivellamento del tratto ST, ovvero l’occlusione coronarica totale dovuta a un trombo, in almeno due derivazioni contigue.
- inversione dell’onda T;
- comparsa di onde Q patologiche.
- Â Esami del sangue:
- troponine cardiache (cTnI, cTnT): si tratta di biomarcatori altamente sensibili e specifici per il danno miocardico. Livelli elevati indicano necrosi del tessuto cardiaco.
- Creatinchinasi-MB (CK-MB): è una frazione della creatinchinasi più specifica per il muscolo cardiaco. Viene ancora utilizzata, ma è meno specifica delle troponine.
- Mioglobina: è un marker meno specifico e più precoce rispetto alle troponine.
- BNP e NT-proBNP: sono utilizzati per valutare l’insufficienza cardiaca concomitante.
- Ecocardiogramma: è un esame non invasivo che utilizza gli ultrasuoni per visualizzare la struttura e la funzione del cuore. Serve a:
- identificare le anomalie nella contrattilità del miocardio;
- valutare le dimensioni e la funzione delle camere cardiache;
- rilevare complicanze come l’aneurisma ventricolare, la rottura del setto interventricolare o la disfunzione della valvola mitrale.
-  Angiografia coronarica: la coronarografia è un esame invasivo che visualizza le arterie coronarie utilizzando un mezzo di contrasto iniettato tramite un catetere. Viene utilizzata per verificare le ostruzioni e pianificare interventi terapeutici come l’angioplastica coronarica con impianto di stent.
- Altri esami diagnostici: in caso di necessità è possibile effettuare altri esami, come la risonanza magnetica cardiaca, la scintigrafia miocardica, la tomografia computerizzata del cuore, il test da sforzo o la radiografia del torace.
Diagnosi differenziale di infarto del miocardio
La diagnosi differenziale è fondamentale per distinguere l’attacco di cuore da altre patologie che possono presentarsi con sintomi simili, in particolare il dolore toracico. Ecco una panoramica delle principali condizioni da considerare:
- Angina pectoris: si manifesta con dolore toracico prevedibile e sforzo-indotto che si risolve con riposo o nitroglicerina.
- Pericardite: dolore toracico acuto che peggiora con la respirazione profonda o la posizione supina e si allevia sedendosi in avanti.
- Embolia polmonare: dolore toracico pleuritico, dispnea improvvisa, emottisi.
- Dissecazione aortica: dolore toracico improvviso e severo, spesso descritto come “strappo”, che si irradia alla schiena.
- Pneumotorace spontaneo: dolore toracico improvviso e dispnea, spesso in giovani adulti magri o in pazienti con malattie polmonari sottostanti.
- Esacerbazione di malattia polmonare cronica o asma: dispnea, tosse, sibilo, possibile dolore toracico.
- Reflusso gastroesofageo: dolore o bruciore retrosternale, spesso correlato ai pasti e posizione supina, alleviato con antiacidi.
- Spasmo esofageo: dolore toracico simile a quello cardiaco, difficoltà a deglutire.
- Costocondrite: dolore toracico localizzato che peggiora con la palpazione delle articolazioni costo-sternali.
- Attacchi di panico: dolore toracico, palpitazioni, dispnea, sensazione di imminente catastrofe.
- Miocardite: dolore toracico, febbre, affaticamento, dispnea.
Trattamenti per l’infarto del miocardio
Il trattamento mira a ripristinare il flusso sanguigno al miocardio, alleviare il dolore, prevenire ulteriori danni e gestire eventuali complicanze. La tempestività è cruciale per migliorare gli esiti clinici. Ecco i principali approcci terapeutici:
Trattamento iniziale (in fase acuta)
Comprende l’utilizzo di farmaci, come ad esempio:
- aspirina: somministrata immediatamente per inibire l’aggregazione piastrinica;
- nitroglicerina: per via sublinguale o endovenosa, al fine di alleviare il dolore toracico e migliorare il flusso sanguigno coronarico;
- morfina: per il sollievo dal dolore severo e per ridurre l’ansia;
- ossigenoterapia: se il paziente ha una saturazione di ossigeno <90%, è in distress respiratorio, o ha segni di ipossia;
- beta-bloccanti: per ridurre la frequenza cardiaca e la domanda di ossigeno del miocardio;
- inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina: per ridurre la mortalità e prevenire il rimodellamento ventricolare.
In caso di necessità si possono eseguire:
- Angioplastica coronarica percutanea: procedura invasiva in cui un catetere con palloncino viene inserito nelle arterie coronarie per aprire le ostruzioni e spesso accompagnata dall’impianto di uno stent.
- Trombolisi: somministrazione di farmaci fibrinolitici (come alteplase, tenecteplase) per dissolvere i coaguli nelle arterie coronarie.
Trattamento ospedaliero
Durante la permanenza in ospedale, possono essere effettuate le seguenti terapie:
- eparina: viene somministrata per prevenire ulteriori formazione di coaguli;
- clopidogrel o altri inibitori del P2Y12: sono associati all’aspirina per prevenire la trombosi dello stent:
- statine: utili a ridurre i livelli di colesterolo LDL e stabilizzare le placche aterosclerotiche;
- inibitori del recettore GP IIb/IIIa: possono essere somministrati ai pazienti ad alto rischio durante l’angioplastica coronarica.
Trattamento post-acuto e a lungo termine
Il trattamento post infarto del miocardio prevede l’utilizzo di farmaci quali:
- beta-bloccanti: si continua l’assunzione per ridurre la mortalità e prevenire aritmie;
- ACE-inibitori o sartan): per migliorare la funzione cardiaca e ridurre la mortalità ;
- statine: per il controllo a lungo termine del colesterolo;
- aspirina e inibitori del P2Y12: per prevenire la ricorrenza di eventi trombotici.
È previsto inoltre un programma di riabilitazione cardiaca che include esercizio fisico, educazione sanitaria, supporto psicologico e gestione dei fattori di rischio (come dieta, fumo, peso, diabete, ipertensione).
Trattamento delle complicanze
In caso di complicanze è possibile trattarle come segue:
- insufficienza cardiaca: diuretici, ACE-inibitori, beta-bloccanti e dispositivi meccanici, se necessario;
- aritmie: farmaci antiaritmici, cardioversione elettrica, impianto di defibrillatore cardioverter, se indicato;
- shock cardiogeno: supporto inotropico, contropulsatore aortico, dispositivi di assistenza ventricolare;
- rottura del setto interventricolare o aneurisma ventricolare: correzione chirurgica.
Prevenzione dell’infarto del miocardio
Per ridurre il rischio di insorgenza è consigliabile:
- adottare una dieta sana e bilanciata;
- praticare attività fisica regolarmente;
- mantenere un peso corporeo sano;
- evitare il fumo;
- gestire lo stress;
- monitorare e controllare la pressione sanguigna, il colesterolo e il diabete.
Un trattamento tempestivo e appropriato è fondamentale per migliorare le possibilità di sopravvivenza e ridurre i danni al cuore.
Infarto del miocardio: per concludere
In conclusione l’attacco di cuore continua a rappresentare una delle principali cause di morbilità e mortalità a livello globale, richiedendo un’attenzione continua e una gestione tempestiva. Questa condizione acuta, spesso scatenata da una riduzione critica del flusso sanguigno al cuore, può portare a danni irreversibili al tessuto cardiaco se non trattata prontamente ed efficacemente.
Le recenti innovazioni nelle strategie diagnostiche e terapeutiche hanno rivoluzionato il modo in cui viene affrontata, consentendo una diagnosi più rapida e precisa e un trattamento più mirato e personalizzato. L’introduzione di terapie di riperfusione precoce, come l’angioplastica coronarica percutanea e l’uso diffuso di farmaci antitrombotici e antiaggreganti piastrinici, ha contribuito significativamente a migliorare gli esiti clinici e la sopravvivenza dei pazienti.
Tuttavia rimangono sfide importanti da affrontare nel campo della prevenzione, della gestione e della riabilitazione. È essenziale promuovere una maggiore consapevolezza pubblica sui fattori di rischio cardiovascolare e sull’importanza di stili di vita sani, nonché garantire un accesso equo e provvidenziale alle cure per tutti i pazienti affetti da questa malattia.
Inoltre la ricerca continua a essere fondamentale per identificare nuove vie terapeutiche, migliorare le attuali strategie di gestione e individuare biomarcatori di prognosi che possano guidare le decisioni cliniche e ottimizzare gli esiti.