DISLESSIA: UN DISTURBO PRIMARIO DELLA LETTURA
Definizione: che cos’è la dislessia?
Con il termine “dislessia” si fa riferimento ad un disturbo specifico della capacità di lettura che si manifesta in presenza di intelligenza normale, scolarizzazione adeguata e in assenza di deficit sensoriali visivi o uditivi.
La dislessia fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, anche noti con l’acronimo di DSA.
Una panoramica sui disturbi dell’apprendimento o DSA
I DSA sono caratterizzati da una riduzione di alcune specifiche abilità dell’apprendimento scolastico, motivo per cui nella maggior parte dei casi vengono diagnosticati in età scolare. Sulla base dell’abilità interessata si suddividono in:
- dislessia (difficoltà nella lettura)
- disgrafia e disortografia (difficoltà nella scrittura)
- discalculia (difficoltà nei calcoli matematici)
- disturbi misti (interessano più di un’abilità contemporaneamente).
È importante sottolineare che nei DSA i livelli di intelligenza sono normali e questo permette di distinguerli dalle disabilità intellettive come, ad esempio, il ritardo mentale.
Quanto è frequente la dislessia? Epidemiologia
La reale diffusione della dislessia nella popolazione non è nota con precisione, ma si stima che la prevalenza possa essere compresa fra il 5% e il 15% in età scolare e circa il 4% in età adulta.
Viene diagnosticata nei maschi con una frequenza lievemente superiore rispetto alle femmine.
Eziologia e patogenesi: possibili cause e meccanismi
Le cause della dislessia non sono ad oggi del tutto chiare. Le attuali evidenze scientifiche suggeriscono un’origine complessa alla quale concorrono fattori sia genetici che acquisiti.
È stata osservata e dimostrata una certa familiarità, quindi un’associazione genetica fra i disturbi della lettura e alcuni cromosomi (15 e 6): i bambini con familiari dislessici hanno una maggiore probabilità di presentare lo stesso disturbo.
Tra i fattori ambientali o acquisiti troviamo ad esempio casi di sofferenza cerebrale per complicanze durante la gravidanza o il parto (patologie materne, abuso di sostanze in gravidanza) e problemi neonatali (basso peso alla nascita, prematurità, asfissia perinatale).
La dislessia sembra avere un’origine neurobiologica, infatti alcuni studi hanno individuato dei cambiamenti nel cervello delle persone affette, prevalentemente a carico dell’emisfero sinistro: possono esserci carenze o disfunzioni delle aree del cervello responsabili delle associazioni verbali, di quelle implicate nella produzione dei suoni e del linguaggio oppure della connessione fra le aree stesse.
Presentazione clinica: i sintomi
I sintomi della dislessia sono i seguenti:
- Lettura lenta e imprecisa, con un aumentato numero di errori;
- difficoltà nella lettura ad alta voce e nel seguire le righe;
- difficoltà nella comprensione del testo;
- problema nel distinguere parole e lettere con aspetto e suono simile (ad esempio il e li, d e b, n e m, p e q);
- difficoltà nel ricordare il nome delle lettere;
- produzione linguistica ritardata (i bambini iniziano a parlare tardi) e difficoltà ad imparare nuovi vocaboli;
- difficoltà di articolazione (i bambini non riescono a pronunciare alcune parole, specialmente quelle lunghe e complesse);
- difficoltà ad imparare informazioni in sequenza, come i giorni della settimana o l’alfabeto;
- inversione di lettere e numeri, sostituzione di lettere e difficoltà ad identificare le sillabe all’interno delle parole;
- sensazione che le lettere si muovano sul foglio.
Diagnosi di dislessia: a chi rivolgersi?
La diagnosi certa di dislessia non può essere fatta prima della fine della seconda classe elementare, alcuni sintomi però possono manifestarsi già in età pre-scolare, quali la ritardata produzione linguistica o la difficoltà ad imparare e pronunciare parole nuove o complesse.
In molti casi il sospetto di dislessia viene posto dagli insegnanti della scuola primaria. L’iter diagnostico si avvale di diverse figure professionali, fra cui lo psicologo, il pediatria, il neuropsichiatra infantile, l’oculista, il logopedista e l’otorinolaringoiatra.
Normalmente il percorso diagnostico segue diverse fasi:
- Valutazione medica pediatrica: inizia con una dettagliata raccolta anamnestica di tutte le informazioni relative alla storia clinica del paziente e un accurato esame obiettivo (visita clinica). Il medico pone delle domande sulle caratteristiche dei sintomi e su tempi e modalità di acquisizione delle prime abilità di linguaggio, scrittura, lettura e calcolo. Indaga inoltre sulla presenza di alterazioni dello sviluppo psicomotorio, disturbi neurologici, psichiatrici, sensoriali e ricerca nei familiari più stretti la presenza di dislessia o altri DSA. Se necessario possono essere richieste visite specialistiche, come quella oculistica per la valutazione dell’acuità visiva e otorinolaringoiatrica per l’esame dell’udito.
- Valutazione psico-diagnostica: è necessaria per formulare la diagnosi di dislessia. Si compone di un insieme di esami somministrati sotto forma di batterie di test e scale di valutazione per l’intelligenza generale, le abilità di lettura e scrittura e le funzioni neuropsicologiche.
Sulla base dell’indagine psico-diagnostica è stata proposta una classificazione della dislessia in diversi sottotipi, tra cui ad esempio:
- dislessia disfonetica: i bambini commettono errori di omissione, inversione, sostituzione di lettere e sillabe; leggono frettolosamente e spesso tentano di leggere le parole basandosi solo sulla prima e ultima sillaba, non si correggono quando sbagliano e a volte pronunciano parole senza senso. Anche la scrittura è coinvolta. Questa forma viene spesso individuata più precocemente rispetto alle altre a causa dell’elevata frequenza di errori che si evidenzia fin dall’inizio del percorso scolastico.
- dislessia diseidetica: dovuta ad un deficit nella memoria visiva e nel riconoscimento di lettere e parole. Prevalentemente questi pazienti invertono lettere e sillabe, sono lettori lenti ma accurati e anche la scrittura presenta un numero di errori inferiore. Per queste caratteristiche spesso vengono individuati tardivamente, spesso alla fine della quinta elementare o all’inizio delle scuole medie.
- dislessia mista.
Trattamento della dislessia
La dislessia è un disturbo cronico e permanente, per il quale attualmente non sono disponibili cure risolutive.
Il trattamento consiste principalmente in interventi di tipo educativo: questi prevedono istruzioni per il riconoscimento delle parole e tecniche combinate che permettono di insegnare ai bambini, ad esempio, a suddividere le parole in sillabe o a riconoscere e identificare i suoni che le compongono.
Pertanto di fondamentale importanza risulta essere una corretta informazione dei genitori e degli insegnanti.
Esistono delle apposite misure didattiche di supporto, previste dalla legge, volte a tutelare gli studenti con diagnosi di dislessia. Tra queste abbiamo:
- strumenti compensativi, ossia degli ausili che permettono di facilitare lo svolgimento del compito richiesto, come ad esempio il registratore, dispositivi di sintesi vocale, computer e anche mappe concettuali, schemi e tabelle;
- misure dispensative, che permettono allo studente con dislessia di essere esonerato dallo svolgimento di un determinato compito, come ad esempio la lettura ad alta voce.
In aggiunta alla gestione educativa, in alcuni casi può rendersi necessario un trattamento psicologico: secondo gli studi infatti fino al 40-60% dei bambini e adolescenti con dislessia sviluppa problemi psicopatologici, quali disturbi d’ansia e depressione, come conseguenza delle difficoltà scolastiche e sociali causate da questo disturbo.
Conclusioni
La dislessia può avere un impatto importante sulla vita delle persone colpite.
Nonostante le difficoltà causate da questo DSA però, una diagnosi corretta, un’adeguata informazione di famiglia ed educatori, un atteggiamento positivo e il giusto supporto terapeutico possono aiutare grandemente a raggiungere gli obiettivi desiderati, sia in termini scolastici che di realizzazione personale.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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