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L’ADHD, o disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività, è un disturbo della sfera comportamentale.
Causato da diversi fattori, è particolarmente frequente e severo in età evolutiva, caratterizzato da sintomi di disattenzione e/o iperattività.
Quali problemi comporta l'ADHD?
I soggetti portatori di disturbo di iperattività e deficit di attenzione sono più inclini a incontrare difficoltà relazionali:
- con i familiari e il gruppo dei pari
- nell’ambito dei risultati nell’apprendimento scolastico
- riportano una motivazione più scarsa a raggiungere i propri obiettivi [20].
Nel disturbo ADHD possono essere prevalenti i tratti di disattenzione o di iperattività, o un mix di questi.
Inoltre è usuale che pazienti con ADHD manifestino disabilità dell’apprendimento e spesso un disturbo della condotta.
La ricerca delle novità e la capacità di esplorare creativamente l’ambiente debbano essere considerati comportamenti positivi sotto il profilo evolutivo e in quanto tali stimolati e favoriti. Tuttavia quando tali modalità diventano persistenti in tutti i contesti di vita e costituiscono una costante del comportamento del bambino, possono compromettere la pianificazione e l’esecuzione di procedure complesse, quindi delle funzioni esecutive e più in generale i processi di controllo e regolazione strategica delle risposte cognitive.
Di fronte a questi quadri psicopatologici, gli adulti che ruotano attorno a questi soggetti possono avere l’impressione che il bambino abbia difficoltà nel seguire le istruzioni e comprendere le norme di convivenza sociale e faccia un uso improprio delle abilità di memoria.
Quanto è frequente l'ADHD? Epidemiologia del disturbo di attenzione e iperattività
L'epidemiologia del disturbo di attenzione
E’ difficile stimare con precisione i tassi di prevalenza del disturbo ADHD. Tuttavia nella popolazione generale adulta si attesta al 2–3% [9], mentre nella popolazione universitaria la proporzione è certamente superiore.
Il disturbo si esprime con maggior frequenza nei maschi rispetto alle femmine e nei primi sono preponderanti i sintomi relativi all’iperattività e all’impulsività piuttosto che quelli correlati alla disattenzione. Con il progredire dell’età questa prevalenza su base sessuale si assottiglia, sebbene non vi siano stime robuste in merito [10].
Quello che è emerso dalle ricerche disponibili in letteratura è che durante l’adolescenza le ragazze con ADHD raggiungono più precocemente la maturità sessuale e vanno più frequentemente incontro a malattie sessualmente trasmesse e gravidanze indesiderate [18].
Uno studio nel Regno Unito che si è occupato di indagare la distribuzione dell’ADHD tra gli studenti universitari* ha messo in luce come il 7% degli intervistati avrebbe soddisfatto i criteri per la diagnosi [17].
In un’altra ricerca americana è emerso che almeno il 25% degli studenti del college con qualche disabilità avesse l’ADHD [7], mentre in un gruppo di 283 universitari cinesi la percentuale si aggirava intorno all’8% [15].
L'architettura genetica alla base del disturbo di iperattività e attenzione
L’ADHD si configura come un disturbo con una complessa architettura genetica, fortemente ereditabile.
Ricerche che indagano la familiarità attestano percentuali intorno al 70–80% [8].
Uno studio recente pubblicato su Nature Molecular Psychiatry [13] effettuato su oltre 10000 bambini di età compresa tra i 9 e i 10 anni ha messo in evidenza come nei soggetti che presentano tratti ADHD supportati da influenze genetiche si sia verificata una riduzione delle performance nella memoria di lavoro, nell’inibizione delle risposte e un aumento nei tempi di reazione.
ADHD: sintomi e diagnosi
Diagnosi dell'ADHD
La diagnosi è essenzialmente clinica e si basa sull’osservazione clinica e sulla raccolta di informazioni fornite da fonti multiple quali genitori, insegnanti, educatori.
A tal proposito risultano cruciali il consenso e la cooperazione delle figure genitoriali per la valutazione psicologica generale, al fine di raggiungere una buona comprensione del funzionamento del bambino e della messa a punto di interventi psicoeducativi e terapeutici mirati.
La diagnosi di disturbo di attenzione e iperattività si basa sulla presenza di 6 o più sintomi tra quelli che vediamo elencati qui sotto, che
- persistano per almeno 6 mesi;
- siano più evidenti rispetto a quanto ci si attende per un bambino di pari sviluppo;
- compaiano in almeno due situazioni (per esempio sia a casa che a scuola);
- alcuni dei sintomi siano presenti prima dei 12 anni di età;
- i disturbi interferiscano con le funzionalità a casa, a scuola o nell’ambito lavorativo.
Sintomi dell'ADHD
Il DSM-5 [1] descrive la sintomatologia caratteristica dell’ADHD.
All’interno del disturbo ADHD esiste la possibilità di diagnosticare:
- disturbo ADHD a predominanza di tipo DISATTENTO
- disturbo ADHD a predominanza di tipo IPERATTIVO/IMPULSIVO
- ADHD di tipo COMBINATO
Per la diagnosi del tipo di ADHD occorre che siano presenti:
- almeno 6 sintomi di disattenzione per il tipo Disattento;
- almeno 6 sintomi di iperattività o impulsività per il tipo iperattivo/impulsivo
- 6 o più sintomi tratti da entrambi i gruppi per il tipo Combinato.
– Sintomi di iperattività e impulsività:
- Spesso è irrequieto (es.: non riesce a star fermo su una sedia)
- Si alza in situazioni non opportune (es.: lascia la postazione da cui sta lavorando)
- Corre e salta eccessivamente (senso di irrequietezza interna)
- Non riesce a svolgere le attività ricreative in modo tranquillo
- È spesso “sotto pressione” o sembra azionato da un motorino (a disagio nel rimanere fermo, per esempio nei ristoranti, durante le riunioni)
- Spesso parla troppo
- Espone la risposta prima che la domanda sia completata
- Mostra difficoltà nell’aspettare il suo turno (es.: mentre si trova in coda)
- Spesso interrompe o è invadente con gli altri (es.: si inserisce o subentra in ciò che stanno facendo gli altri).
– Sintomi di disattenzione (o facile distraibilità):
- Scarsa attenzione per i dettagli/errori di distrazione (es.: lavoro non accurato)
- Mostra difficoltà nel mantenere l’attenzione (es.: in una conversazione o in una lunga lettura)
- Sembra non ascoltare quando gli si parla
- Spesso non segue le istruzioni e non porta a termine le attività
- Mostra difficoltà di organizzazione (es. non rispetta scadenza)
- Evita le attività che richiedono attenzione sostenuta
- Perde gli oggetti (es. portafogli, chiavi, documenti, telefono)
- Facilmente distraibile (in adolescenti e adulti anche pensieri non correlati tra loro)
- Spesso sbadato nelle attività quotidiane.
Il colloquio e i questionari per la valutazione dell'ADHD:
Per far emergere la presenza dei disturbi sopra elencati bisogna proporre un colloquio (esame psichico) con il bambino e con i genitori.
Durante il colloquio è possibile anche esplorare l’eventuale presenza di forme cliniche associate, anche mediante la somministrazione di specifiche scale di autovalutazione. Vale la pena porre un accento sui seguenti questionari standardizzati e disponibili anche nella versione italiana:
- SNAP-IV,
- ADHD Rating Scale-IV,
- ICD-10/DS e
- Disruptive Behaviour Disorder Rating Scale (DBD, SCOD-I e SCOD-G).
Talvolta può rivelarsi utile esplorare la possibilità che vi siano disturbi del linguaggio e per concludere è necessario effettuare un esame medico per verificare gli effetti di altre terapie in atto.
L'esame obiettivo nell'ADHD
L’esame obiettivo neurologico risulta necessario poiché molti bambini con ADHD presentano i cosiddetti “soft neurological signs”, quali:
- asimmetria dei riflessi profondi;
- adiadococinesia;
- asimmetria dei riflessi profondi e scarsa coordinazione.
Occorre inoltre tener presente che ogni forma di deficit sensoriale parziale, sia visivo che uditivo, può favorire il manifestarsi di un disturbo dell’attenzione accompagnato a un aumento dell’attività psicomotoria.
Diagnosi differenziale del disturbo ADHD di attenzione e iperattività:
Il disturbo va comunque differenziato da:
- vivacità naturalmente espressa tra i bambini;
- condizioni direttamente legate ai contesti di vita svantaggiati;
- esperienze traumatiche quali abuso e neglect.
Evoluzione e conseguenze del disturbo ADHD di iperattività e deficit di attenzione
Evoluzione del disturbo di attenzione e iperattività nella vita dell'individuo
Durante la transizione dell’ADHD dall’infanzia all’età adulta l’iperattività motoria si attenua manifestandosi come irrequietezza psichica, mentre l’inattenzione spesso persiste e la si può riscontrare sotto forma di difficoltà a rispettare appuntamenti, scadenze o focalizzarsi su una singola attività.
Inoltre sempre negli adulti le manifestazioni cliniche includono una minore percezione delle gratificazioni con conseguente deficit di motivazione, oltre che una ridotta risposta alle ricompense.
Conseguenze del disturbo ADHD nella vita personale e lavorativa
I pazienti che soddisfano i criteri per la diagnosi riportano in media una ridotta qualità della vita sul piano fisico, psicologico e ambientale se confrontati con quelli che riportano solo certuni tratti dell’ADHD, e questo indipendentemente che siano presenti altri tratti personologici patologici e/o variabili ambientali.
Pare comunque che l’associazione tra una più scarsa qualità nei parametri di salute fisica e la presenza di tratti ADHD sia tanto più evidente nei casi di comorbidità con tratti autistici, specie tra gli adulti [22].
Cure e trattamenti per l'ADHD
Le linee di diagnosi, trattamento e cure per il disturbo di attenzione e iperattività sono definite dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza che nel 2002 ha diffuso delle linee guida nel trattamento dei Disturbi ADHD.
Dove si fa la diagnosi e la cura dell'ADHD? Il servizio Territoriale di Neuropsichiatria infantile
Il Percorso Diagnostico terapeutico assistenziale a livello nazionale prevede sia il Servizio Territoriale di Neuropsichiatria infantile (NPI) a effettuare la diagnosi. Ad esso possono recarsi i soggetti che provengono da Medici di Medicina Generale (MMG), Pediatri di libera scelta (PLS) oppure per accesso diretto della famiglia. Esso ha il compito di:
- Redigere la Certificazione per il riconoscimento dei Bisogni Educativi Speciali ai fini scolastici
- Attivare le terapie non-farmacologiche disponibili
- Inviare al Centro Regionale di Riferimento quei soggetti che presentano una sintomatologia particolarmente severa e che non hanno risposto in maniera soddisfacente ai trattamenti non farmacologici, ovvero predisporre il Piano Terapeutico Individualizzato.
A livello legislativo nazionale, la legge 170/2010 dispone che le istituzioni scolastiche garantiscano una didattica personalizzata per gli studenti con diagnosi di ADHD, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico e di una metodologia educativa adeguata.
Trattamento non farmacologico per l'ADHD
- Interventi terapeutici cognitivo-comportamentali: insegnamento diretto al bambino delle abilità di self-control e problem solving (gestione della collera, uso di tecniche non aggressive di fronte ai problemi). Dal punto di vista dell’apprendimento sociale, insegnare al bambino abilità specifiche nella regolazione del sé attraverso un parent training mirato a ricompensare i comportamenti appropriati e punire quelli inappropriati.
- Interventi diretti con i bambini: tra queste, la strategia del “self-talk” prevede la suddivisione della risoluzione dei problemi in varie tappe quali identificazione del problema, generazione di alternative, scelta, realizzazione e valutazione della soluzione. L’obiettivo è l’interiorizzazione di tali tecniche e la compensazione dei deficit di autocontrollo.
- Parent education (educazione genitoriale) di supporto e sostegno psicologico ai caregivers e Parent training attraverso manuali o incontri diretti, anche al fine di distinguere le problematiche coniugali dagli aspetti dell’educazione dei figli. La famiglia è in genere concepita come una risorsa importante nel favorire i comportamenti positivi del bambino, specie in età prescolare.
- Interventi educativi e coinvolgimento degli insegnanti fornendo loro appositi strumenti di valutazione (es. tabelle di osservazione), e informazioni su come strutturare l’ambiente classe e più in generale porli nella condizione di potenziare le proprie risorse emotive nel miglioramento della relazione con l’alunno.
Trattamento farmacologico per il disturbo ADHD
Da un punto di vista farmacologico, le linee guida stabilite dal NICE nel 2008 raccomandano trattamenti psicostimolanti quali il metilfenidato o la lisdexamfetamina per la buona efficacia dimostrata nella riduzione della sintomatologia e le limitazioni funzionali a essa associate [7]. Di concerto, si mettono in evidenza anche possibili effetti collaterali quali:
- mal di testa
- riduzione dell’appetito
- nausea
- palpitazioni
- aumento della pressione arteriosa
- difficoltà nell’addormentamento e secchezza delle mucose.
Alcuni studiosi hanno riscontrato un miglioramento nell’engagement accademico tra studenti universitari con ADHD che seguono una terapia farmacologica di tipo psicostimolante [16].
Uno sguardo al futuro del disturbo di attenzione e iperattività
L’ADHD è un disturbo complesso ed eterogeneo che riguarda il neurosviluppo. Mancano tutt’ora dei trattamenti robusti e tra quelli disponibili si è dimostrata una certa efficacia e sicurezza, sebbene con una spiccata variabilità inter-individuale riguardo i tassi di risposta, la dose richiesta e la tolleranza.
Allo stesso tempo molti dei trattamenti non farmacologici in alcuni pazienti non risultano essere così efficaci per i sintomi maggiormente caratterizzanti il disturbo, con ridotti effect-sizes [4].
In un prossimo futuro potrebbero essere disponibili biomarcatori attraverso i quali render conto della variabilità inter-individuale del disturbo d ADHD e quindi far emergere trattamenti basati sull’evidenza. Lo dimostrano gli studi condotti da fMRI, che riportano come in seguito a tali trattamenti vi siano variazioni a livello della corteccia del cingolo e dei circuiti striato-talamici e di quelli che riguardano il default mode network [12].
Risultati incoraggianti stanno già emergendo con trattamenti basati sulla stimolazione magnetica transcranica e come già si è detto sull’utilizzo del metilfenidato, autorizzato per il trattamento dell’ADHD:
- nei bambini che abbiano compiuto i 6 anni e negli adolescenti per i quali i semplici interventi psicosociali o psicocomportamentali si siano dimostrati insoddisfacenti;
- negli adulti in modalità off-label.
In Italia infatti non vi sono ancora indicazioni terapeutiche ufficiali in merito al trattamento della sindrome ADHD nell’adulto oltre i 18 anni da parte dei preposti organi di farmacovigilanza Italiana (AIFA).
Le associazioni tra la pandemia di COVID-19 e il disturbo ADHD
In conclusione vogliamo ricordare le ripercussioni che la recente pandemia da COVID-19 ha avuto anche sui soggetti che presentano ADHD. Sembrerebbe infatti che le criticità pandemiche abbiano altresì esacerbato alcuni quadri psicopatologici associati al disturbo di disattenzione e iperattività, quali:
- depressione
- uso di sostanze
- conflitti con i familiari
- insuccesso scolastico [22, 2].
Già precedentemente era emerso come la neuroinfiammazione, che si presenta in alcuni soggetti affetti da COVID-19, rappresenti un fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo da deficit di disattenzione/iperattività [6].
Infine è stato ipotizzato che le difficoltà associate all’ADHD possano di per sé predisporre a una maggiore vulnerabilità nel contrarre l’infezione [11].
Bibliografia: fonti e note
*Somministrando a 1.185 soggetti la Conners’ Adult ADHD Self-Rating Scale
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