L’Autopsia: l’ultima indagine clinica per stabilire le cause di malattia
L’Autopsia è un tipo di indagine diagnostica che si svolge dopo la morte dell’individuo. E’ l’indagine clinica per eccellenza, perchè è quella che con maggiore certezza stabilisce la causa di morte e quindi la malattia che ha portato al decesso dell’individuo.
L’origine del termine “autopsia”
Il termine deriva dal greco αὐτοψία, composto di αὐτός “stesso” e ὄψις “vista”, e significa “che vede con i propri occhi”, ad esplicazione del modus operandi di tale pratica: l’osservazione attenta del cadavere, l’esame dettagliato volto a definire cause, mezzi e modalità che hanno portato al decesso.
Autopsia: come funziona?
L’autopsia viene effettuata da un medico (anatomopatologo o di medicina legale) coadiuvato dal tecnico forense in genere dopo 24 ore dal decesso dell’individuo (salvo necessità particolari).
Può essere di tre tipologie:
- Completa, quando il corpo viene esaminato ed eventualmente sezionato per intero;
- Limitata, quando viene esclusa la testa;
- Selettiva, quando solamente alcuni distretti od organi vengono sottoposti all’esame;
Il procedimento dell’esame autoptico, invece, può essere suddiviso in due momenti:
- Esame esterno del cadavere: osservazione dei tessuti, di lacerazioni e dello stato generale del corpo. Si tratta quindi di un’analisi dei tratti somatici del cadavere, eventuali imbrattamenti, connotati (capelli, unghie, occhi, amputazioni, cicatrici, tatuaggi), e fenomeni cadaverici;
- Esame interno del cadavere: dissezione delle parti del corpo interessate tramite bisturi per incidere la pelle, costotomo per la resezione delle cartilagini, sega vibrante per i tessuti ossei. Generalmente, viene prelevato un campione di ogni organo per ulteriori analisi microscopiche o tossologiche.
Il medico che svolge l’autopsia poi scrive un referto nel quale riassume tutto quanto è emerso dall’esame esterno ed interno del cadavere e indica tutti i processi patologici in atto nel paziente al momento della morte.
A cosa serve l’autopsia? Ruolo dell’autopsia nella medicina moderna
L’autopsia nel cammino formativo dei medici
L’autopsia fino a poco tempo fa era praticata piuttosto frequentemente a livello clinico, per comprendere le cause della morte di pazienti per i quali la diagnosi non era chiara ai medici. Questo ruolo era fondamentale nel processo di comprensione delle malattie. Quando mi sono laureato, nel 2001, era obbligatorio assistere a 40 autopsie nel corso di studi ed era un’attività particolarmente formativa. Non era raro vedere che i medici che avevano assistito il malato e che non erano stati in grado di formulare una diagnosi definitiva di malattia si recassero a vedere l’autopsia per poter capire, insieme con il medico che la svolgeva, cosa era accaduto in quel paziente. Questa pratica migliorava la comprensione dei problemi, la capacità di diagnosi e l’esperienza dei medici.
L’autopsia al giorno d’oggi
Oggi è meno utilizzata, erroneamente, perchè, come abbiamo visto, è uno dei metodi migliori per imparare da parte dei clinici. Si esegue ora in rari casi, quando c’è impossibilità o difficoltà di esplicazione delle cause di morte di un individuo (o quando le autorità ne fanno esplicita richiesta a scopo giudiziario).
L’autopsia non è una pratica medica che produce un risultato tangibile in termini di salute fornita direttamente, come un intervento chirurgico o come una visita medica. Perciò è percepita come un costo per le strutture sanitarie, ora aziende, piuttosto che come una risorsa di informazioni e di studio per i medici. Questo ha contribuito a confinare l’autopsia solo al ruolo di natura medico-legale e a ridurla ad un ruolo particolarmente marginale nei confronti dell’attività diagnostica.
Fonti:
- Autopsia in Thesaurus BNCF 2692
- L’anatomia del Gray, Henry Gray
- Robbins anatomia patologica
- Rugarli, medicina interna sistematica