Coronavirus e ospedali: dove devono stare i pazienti fino alla diagnosi?

Un paziente ha la febbre, poi la tosse, poi fa fatica a respirare. Si decide di chiamare il 118 e inviano l’ambulanza! Quale sarà la diagnosi? Ahimè, di questi tempi, la causa più probabile di mancanza di respiro è il Coronavirus, seguono poi altre cause di insufficienza respiratoria.

Arrivano gli operatori sanitari, lo visitano, mettono l’ossigeno e corrono verso l’ospedale più vicino. Se il paziente è molto grave, deve essere sottoposto a intubazione tracheale e a ventilazione meccanica, e quindi ha bisogno di un posto letto in terapia intensiva.

 

Ed ora? Bisogna trasferirlo! Dove andrà?

Niente paura. Per orientarci, facciamo una breve parentesi. Come abbiamo già accennato in un altro articolo, secondo la nuova organizzazione regionale gli ospedali si suddividono in COVID, COVID-FREE e MISTI.

Quindi il paziente arriva nell’ospedale periferico, lo SPOKE, ha una insufficienza respiratoria, viene fatto un tampone e nel frattempo dobbiamo decidere dove va inviato. Quale sarà la collocazione più corretta? Dove deve stare il paziente fino alla diagnosi?

In un ospedale COVID? Oppure in un ospedale COVID-FREE?

In effetti la risposta non è affatto semplice! Perché tutte e due le strategie hanno un razionale ma anche riservano dei problemi.

banner acqua idrogenata desktop

 

Analisi delle conseguenze della decisione

Valutiamo le conseguenze possibili di ciascuna decisione incrociando le possibilità che il paziente venga inviato in un ospedale COVID/COVID-FREE e che sia POSITIVO o NEGATIVO rispetto al Coronavirus.

Caso 1. Il paziente viene inviato in un ospedale COVID e poi risulta POSITIVO al virus. Bene, è nel posto giusto.

Caso 2. Il paziente viene inviato in un ospedale COVID-FREE e poi risulta NEGATIVO al virus. Bene, è nel posto giusto.

Caso 3. Il paziente viene inviato in un ospedale COVID e poi risulta NEGATIVO al virus. Male, non è nel posto giusto perché rischia di infettarsi.

Caso 4. Il paziente viene inviato in un ospedale COVID-FREE e poi risulta POSITIVO al virus. Male, non è nel posto giusto perché rischia di infettare gli altri

Diciamo che le possibilità teoriche di trasferirlo nel posto giusto oppure sbagliato sono 50/50. Questo sempre se la possibilità che il paziente sia positivo è 50%. Tuttavia siccome oggi ci sono maggiori possibilità che un’insufficienza respiratoria sia dovuta al Coronavirus piuttosto che a qualche altra ragione, dovendo scegliere tra COVID e COVID-FREE allora è più probabile che la scelta di inviarlo nell’ospedale COVID sia più corretta.

 

Ebbene, cosa accade nella realtà dei fatti?

L’attuale protocollo prevede che i pazienti possano essere trasferiti in un ospedale COVID solo quando abbiano il tampone positivo. In effetti questa soluzione consente che il paziente che NON ha il Coronavirus sia tutelato e non finisca in mezzo a tanti altri pazienti con Coronavirus. Il vantaggio di avere gli ospedali SOLO COVID è che non sia necessario usare precauzioni tra pazienti, perché sono tutti ugualmente infetti e basta utilizzarle solo per gli operatori sanitari.

Quindi dove deve stare il paziente fino alla diagnosi finale? Attualmente il paziente viene mantenuto nell’ospedale di provenienza FINO a che non viene confermato POSITIVO. Solo allora viene trasferito in un ospedale COVID.

Chiaramente in questa situazione è fondamentale la velocità di elaborazione del tampone per ottenere il risultato. Purtroppo attualmente l’enorme quantità di tamponi nei laboratori da processare ha prolungato molto il tempo di risposta, che spesso è maggiore di 24 ore, perchè attualmente non esistono percorsi di diagnosi prioritaria nei laboratori. Questo implica che il paziente positivo, ma non ancora diagnosticato tale, prima di essere trasferito nell’ospedale COVID possa stazionare nell’ospedale SPOKE per 1-2 giorni, in una sorta di limbo diagnostico e assistenziale.

Il paziente in questione dovrebbe rimanere in isolamento fino al risultato del tampone. Tuttavia gli ospedali SPOKE spesso non sono attrezzati per questa situazione, in particolare se il paziente è critico, perché i posti letto di pronto soccorso e di rianimazione, tranne rare eccezioni, non sono adeguati ai livelli di isolamento necessari.

Sarebbe opportuno migliorare il protocollo attuale prevedendo che il paziente con insufficienza respiratoria ancora da diagnosticare fosse trattenuto in una struttura isolata e distinta in modo da mantenere la separazione dei percorsi e la sicurezza negli ospedali COVID e COVID-FREE. La situazione è comunque in continua evoluzione e ci siamo convinti che anche questo aspetto verrà presto tenuto in considerazione e modificato in tal senso.

Un grande vantaggio potrebbe arrivare anche da una velocizzazione dei risultati dei tamponi, che si potrebbe ottenere grazie ad una sorta di PRIORITÀ da dare ai tamponi clinici urgenti nei laboratori dove vengono eseguiti i test diagnostici.

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin