Come molti sapranno, l’articolo “Coronavirus: perché dovete stare a casa” si è diffuso nella rete. È stato scritto in una mezz’ora libera, davanti alla tv, mentre ero di guardia. Non ero affaccendato e mi ponevo la domanda:
“Ma le persone capiranno come mai Governo e Regioni, per la prima volta nella storia della Repubblica, mettono in campo delle misure così drastiche?”
Era da giorni che ci interrogavamo con i colleghi sulla possibilità che, se il Coronavirus si fosse diffuso in Italia, avrebbe potuto farci fare la fine della Cina. In qualche modo, si ipotizzavano scenari che tutti noi immaginavamo del tutto improbabili, ancorché possibili.
Così, in quel mentre, senza pensarci, ho messo per iscritto i miei ragionamenti fatti al volo, con numeri imprecisi, perché ragionati di getto.
Chi mi conosce bene sa che sono una persona precisa di natura, ma anche di sostanza. Non bado alla forma, e in questo contesto ho ragionato proprio così, come ragiona l’anestesista-rianimatore, di sostanza, non come ragiona l’esperto, con numeri alla mano. Ho insomma ragionato per grandi numeri, per ordini di grandezza. Il medesimo ragionamento per cui, quando devi somministrare un farmaco in emergenza, non inietti una dose pro chilo precisa, perché non hai il tempo di pensare e allora chiedi: “Infermiera, una fiala di atropina, endovena, subito!” .
Ho quindi immaginato come interlocutori i miei amici, le persone che conosco, e ho scritto un articolo che fosse comprensibile per tutti. Anche per quelli che non s’intendono di argomenti complessi, ma vogliono, anzi, pretendono di capire. Per quelli che desiderano mettersi anche a far di conto, seguendo un ragionamento un po’ complesso se vogliamo, ma una matematica comunque di base.
Ne è pertanto uscito un articolo non precisissimo nei numeri, ma esatto nella sostanza. Tuttavia, ho ricevuto alcune critiche da chi non ha cercato di cogliere il senso del ragionamento nel suo insieme, ma si è soffermato a leggere numero per numero puntando il dito, perché a volte non ho citato le fonti e a volte ho usato numeri approssimati all’intero o alla decina. (L’ho fatto per aiutarci a far di conto a mente, senza dover avere una calcolatrice sottomano).
Ebbene, per evitare che delle critiche sui numeri inficino il ragionamento che sta alla base dell’articolo, voglio offrirne una rilettura ragionata, passo per passo, per tutti coloro che desiderino delle spiegazioni ancor più approfondite.
Stavolta sono io che vi prego di diffondere nel web questo scritto, per dare la possibilità a chiunque era stato forse sorpreso e forse turbato, di entrare sempre di più nell’ottica delle cose. Vorrei che mi aiutaste a far capire sempre di più alle persone qual è l’importanza di cercare di contrastare l’infezione.
Perché il coraggio di parlare schietto e di ricevere critiche possa non essere sterile ma portare il frutto di produrre comprensione, solidarietà e impegno da parte di tutti.
Dopo questa indispensabile premessa, INCOMINCIAMO!
Coronavirus: spieghiamo perché non dovete avere paura ma dovete stare a casa.
Sono un medico rianimatore ed è per questo che mi permetto di spiegarvi come mai lo Stato stia prendendo delle decisioni così drastiche.
Il problema del Coronavirus non è la sua gravità, dal momento che è solo 10, o forse 20, volte più serio dell’influenza. Per quali motivi è più serio dell’influenza?
Per “serio” intendo “grave, pericoloso”. Questa valutazione è ovviamente soggettiva, ma ho cercato di quantificarla immediatamente, in modo numerico, per aiutare le persone a “visualizzare” con i numeri il pericolo. Fondamentalmente, dico che è 10-20 più serio perché la mortalità per influenza è 0,1%, mentre quella del Coronavirus è 1-2% (dati diffusi e verificabili ovunque, ma per chi è amante delle fonti, basti andare a verificare qui: https://www.worldometers.info/coronavirus/. Naturalmente, il dato è basato sulle fonti cinesi, quindi di validità tutta da validare, tuttavia è l’unico dato che abbiamo, e tanto basta). È esattamente 10 o 20 volte. Il tutto senza contare il potenziale fattore moltiplicativo della probabile maggiore diffusione rispetto all’influenza, al di là della maggiore mortalità.
Se poi esistano moltissimi casi non diagnosticati che, potrebbero abbassare tale percentuale, cosa che tutti speriamo, attualmente non è dato saperlo. E dal momento che i critici amanti dei dati vogliono che ci basiamo solo su quelli, devono altrettanto tener buono il dato degli infetti totali.
È diverso, quindi non siamo molto abituati;
Gli anziani non sono vaccinati.
Quindi chi è più a rischio? Gli anziani. Come sempre. I bambini molto meno, non sono segnalati casi gravi pediatrici per il momento.
Allora, come mai ci preoccupa così tanto? Perché è MOLTO PIÙ INFETTIVO dell’influenza, ciò vuol dire che si trasmette con enorme facilità.
A questo punto facciamo qualche calcolo così da capire meglio qual è il problema.
I dati che leggete non sono “esatti” al millimetro, ma solo delle proiezioni verosimili. Sono approssimati ai numeri interi o, per così dire, “semplici”, in modo che i conti siano più facili da fare anche a mente. Per esempio il numero di italiani è stato approssimato a 50 milioni anzichè 60, così che i calcoli siano più semplici per tutti. Non contano i numeri esatti, ma capire le DIMENSIONI POTENZIALI del problema e capire come mai il governo ha preso una decisione così drastica.
Quanto hai appena letto sopra è il commento che ho aggiunto al mio post dopo che sono rimbalzate le prime critiche sui numeri, relative specialmente ai 50 milioni di Italiani. L’ho fatto per spiegare perché le persone non si dovessero concentrare sul numero inesatto, ma sul ragionamento.
L’Influenza
Di norma l’influenza colpisce nell’arco di una stagione, supponiamo in 5 mesi, circa il 10% della popolazione. (1)
Andiamo a vedere i dati reali delle ultime tre stagioni, perché il numero che ho inserito lo ricordavo a memoria dagli studi di medicina:
- Stagione 2016-2017: 5.441.000 che corrisponde al 9%.
- Stagione 2017-2018: 8.677.000 che corrisponde al 14,5%.
- Stagione 2018-2019: 8.104.000 che corrisponde al 13,5%.
- Media degli ultimi 3 anni = 12,3%. Direi che ci siamo con i conti.
Quindi, l’influenza colpisce circa 5 milioni di italiani nell’arco di 30×5 = 150 giorni. La mortalità è dello 0,1%. Quindi, abbiamo circa 5000 morti (quasi tutti anziani).
Qui ci si riferisce ovviamente non solo alle morti DIRETTE, ma anche a quelle INDIRETTE, cioè non direttamente prodotte dal virus, ma nelle quali il virus è una delle cause peggiorative coinvolte, un po’ come quanto sta accadendo ora, quando la maggior parte dei soggetti deceduti manifesta età avanzata e patologie pregresse. La stima delle morti dirette per influenza è circa 400 individui, mentre quella delle indirette si attesta attorno a 4000-10.000/anno. Direi che il dato di 5000, da me utilizzato, rientra perfettamente nelle statistiche delle nostre fonti.
Ogni anno in 150 giorni. Per ogni morto supponiamo di avere circa 4-5 pazienti in rianimazione, per tenerci larghi, e che tutti vadano messi in terapia intensiva. Mettiamo quindi 25.000 persone in terapia intensiva in 150 giorni, con degenza media di 7 giorni, ciò significa 1000-2000 pazienti al giorno in terapia intensiva in Italia durante l’inverno.
Questo dato è molto più complesso da discutere. Quanti sono i ricoveri per polmonite influenzale in terapia intensiva all’anno? Si tratta di discutere esattamente quanti siano i ricoveri di pazienti critici dovuti all’influenza. Non sono riuscito a trovare un dato in Rete dopo circa un’ora di ricerca e ho francamente desistito perché voglio portare a termine questo articolo. Se qualcuno lo trovasse, mi farebbe un vero piacere, così lo potrei inserire qui al posto della stima.
Quello che però possiamo dire è che si conosce che circa il 25% delle polmoniti è di origine virale o comunque nel 25% di esse si isola un virus come patogeno. Di queste, l’80% circa, cioè il 20% delle totali, è dovuto a influenza (3).
Le polmoniti in Italia sono circa 200mila all’anno, quindi quelle influenzali sono circa 50.000. E causano circa 5000 decessi. Quindi il 10%. Nella maggior parte, si tratta di soggetti anziani o immunocompromessi. Quanti di queste polmoniti verranno ricoverate in terapia intensiva? Nel mio precedente articolo, ho fatto una stima della metà di esse, cioè del 50%, quando ho scritto “mettiamo quindi 25.000”. Può essere una stima errata probabilmente per eccesso.
La degenza media per la polmonite in terapia intensiva non l’ho trovata in Rete, tuttavia mi sento di potermi serenamente sbilanciare basandomi sulla mia esperienza clinica: in genere una polmonite in terapia intensiva raramente viene curata e dimessa in reparto prima di 5-6 giorni. Nell’articolo ho calcolato 7 giorni di degenza media. Anche per questo dato, avrei il piacere se qualcuno fosse in grado di fornirlo in modo puntuale e non approssimato, in modo da completare il quadro. Nell’esperienza dei rianimatori, comunque, d’inverno più o meno tra un terzo e la metà dei posti letto sono occupati da polmoniti o insufficienze respiratorie.
(NB. Il calcolo contiene intrinsecamente una ulteriore approssimazione, cioè il fatto che siano solo le polmoniti a causare le morti per influenza. In realtà vi sono anche altre cause, tra cui le miocarditi, ma sono molto meno rilevanti in numero).
Riassumiamo:
Infettività: 10% circa (dati reali) = 50 milioni * 10% = 5 milioni di infetti, molti dei quali inconsapevoli.
Mortalità: 0,1% stimata = 5000 persone in 150 giorni.
Critici (dato stimato): 5*0,1% = 25.000 persone in 150 giorni. quindi circa 1000-2000 persone in terapia intensiva al giorno per influenza.
Rifacciamo il calcolo con i dati leggermente modificati e precisissimi:
- Infettività 12,3% * 60 milioni = 7.380.000 persone infette
- Mortalità = 7.380.000*0,1% = in 150 giorni = 7380
- Quanti pazienti critici? Nel primo articolo ho utilizzato il valore di 5 volte i decessi, cioè 25.000. Il dato reale non l’ho trovato. Almeno il doppio dei decessi, può andar bene? Sono 14000 persone ricoverate ciascuna per 7 giorni, cioè 98.000 giornate di degenza di pazienti critici, distribuite in 150 giorni, cioè 653 letti occupati ogni giorno. Se riportassimo il numero di critici a 3 volte i decessi, sarebbe 980, a 4 volte i decessi 1300 letti occupati. (Ecco da dove emergeva il valore fatto “a braccio” di 1000-2000 posti letto occupati al giorno per malati di influenza come prima patologia o concausa).
I posti letto in terapia intensiva sono per la provincia di Venezia, dove io abito, circa 60 su 1 milione di abitanti, quindi potrebbero essere circa 4000 in tutta Italia. Questo significa che nella peggiore delle ipotesi i pazienti con influenza e le sue complicazioni, ovvero la polmonite, occupano tra il 25 e il 50% al massimo delle terapie intensive d’Italia nel massimo del picco.
I posti letto in terapia intensiva in Italia sono 5000 (2). Il numero esatto non si discosta molto dalla stima che avevo fatto contando i posti letto di una provincia veneta e moltiplicandoli per le province nazionali. L’analisi quindi del tasso di occupazione è sostanzialmente sovrastimata di un 20%, che è un numero irrilevante ai fini del conto totale, come vedremo.
Il Coronavirus
Vediamo ora cosa può accadere con il Coronavirus. Ricordiamoci che la grande differenza è che il Coronavirus è estremamente più infettivo e potrebbe infettarci, anziché in 150 giorni, in 30-60 giorni. Supponiamo 60 giorni.
Questa è un’ipotesi che faccio a livello personale. Non è corroborata da fonti. È determinata dal fatto che c’è univoco consenso sul fatto che “si diffonda maggiormente” rispetto all’influenza. Non ho finora trovato qualcuno che si sia azzardato a fare previsioni su una maggiore velocità di una diffusione potenziale. Tutti gli esperti continuano però a sostenere che lo sia. Conscio di fare un’ipotesi numerica, ho messo perciò dei numeri ipotetici. Tuttavia, per essere meno aleatorio e criticabile, possiamo rivedere insieme la previsione. Vogliamo ammettere che la “maggiore diffusione” sia almeno di un 20%? Sì, dai ammettiamolo! +20% sia. Totale: 120 giorni anziché 150. Tanto, alla fine, i conti non cambieranno.
Ricordiamo che non esistono dati certi riguardo la potenzialità di persone che esso può infettare. Bisogna tenere conto che è un virus “nuovo” e che potenzialmente potrebbe colpire fino al 60-80% della popolazione, se non vengono prese misure per contenerlo, come ha dichiarato il Professor Gabriel Leung, preside della facoltà di medicina dell’Università di Hong Kong e uno dei maggiori esperti dell’epidemia di Coronavirus, che ha partecipato lo scorso 11 febbraio a una riunione di massimi esperti mondiali di epidemiologia alla WHO di Ginevra.
Questo dato è stato tra i più contestati tra le critiche ricevute. Tuttavia, bisogna dare atto al professor Leung che almeno è stato uno dei pochi coraggiosi a fare delle previsioni. Sono certo di non aver trovato, al momento della stesura del mio articolo, altre stime massimali potenziali. Perchè gli scienziati non si sbilanciano. Ma occorre un numero per fare un conto! Ed è su questo dato che occorre fare il conto. Su un dato massimale potenziale, non su un dato medio. Cioè: non su un dato in presenza di misure contenitive, ma su un dato massimale grezzo. In realtà, per quanto enorme sia il numero utilizzato, 60%, vi invito a riflettere: si parte da una base d’asta (quella dell’influenza) che è del 10-15%. Quando si ha un ceppo di influenza lievemente diverso dagli altri, più aggressivo del solito, di norma la diffusione arriva anche a raggiungere una punta ben oltre il 10%, PUR IN PRESENZA DI UN VACCINO che difende la maggior parte dei soggetti deboli e li protegge sia dall’infezione che da una malattia grave.
Ricordo che sulla nave Diamond Princess, su 3700 persone a bordo (3), si contano attualmente 691 casi con 4 morti e 35 pazienti critici, con diffusone (attuale, e potenzialmente maggiore, avvenuta in una comunità controllata e con misure di contenimento) pari a 691 su 3700. È il 18,6%.
Vogliamo ammettere che essendo un virus nuovo, contro il quale nessuno si è vaccinato, si raggiunga almeno il 25%? È un dato assolutamente realistico, un dato medio e non il dato massimale. Ma continuiamo nelle nostre stime, a mettere numeri simili alla realtà, così, alla fine del ragionamento, vedrete cosa succede. Bene, il 25% sia.
Quindi facciamo qualche calcolo:
Infettività: 60% potenziale (dati stimati) = 50 milioni * 60% = 30 milioni di infetti, di cui la stragrande maggioranza inconsapevoli.
Mortalità: 1-2% stimata = tra 500.000 e 1.000.000 milione di persone. (Per chi ama la precisione 300.000-600.000).
Critici: 5% = 1.500.000 persone in 60 giorni. quindi circa 300.000 persone in terapia intensiva.
Bene, ora rifacciamo i conti con dei dati assolutamente verosimili. Ripeto non sono dati MASSIMALI POSSIBILI, ma i dati verosimili che abbiamo corretto assieme!
- Italiani = 61.000.000
- Diffusione finale = 25%
- Mortalità attuale (Italia 25/02 sera) = 3,5% (11/323)
- Pazienti critici attuali (Italia) = (critici+morti) = 19+11 = 30
- Critici in Italia = 30/323 = 9%
- Tempo medio di “criticità” del caso: stimato (da me, per difetto! Ricordate quanto sono stati in terapia intensiva i signori nello Spallanzani!) = 7 giorni
Ecco dunque le stime rapportate sulla popolazione: (attenzione ricordiamo che inferenza basata su dei dati così piccoli è totalmente erroneo come metodo, tuttavia i dati cinesi, che riportano il 2% stimato di mortalità – che peraltro è attualmente molto superiore nei dati reali e non nelle stime – sono molto vicini al dato italiano)
- Diffusione finale calcolata = 25%*60.048.000 = 15.120.000
- Critici totali durante epidemia = 1.360.800
- Tempo medio di riutilizzo letto in terapia intensiva 120 giorni/7 giorni = 17,14 pazienti per letto
- Letti necessari durante epidemia: 1.360.000 pazienti/17,14 pazienti per letto = 79.346
- Letti attualmente disponibili: mettiamo pure che si cerchi di non svolgere molti interventi programmati e che quindi si riescano a liberare fino al 80% dei letti disponibili per accogliere i pazienti con Coronavirus: 4000 letti disponibili totali.
Vogliamo spingerci ancora oltre? E se facessimo finta che il Coronavirus avesse una diffusione e comportamento UGUALE all’influenza? Anziché calcolare una diffusione del 25%, possiamo usare anche il dato del 10%, come l’influenza, tanto le cose continuano a non cambiare affatto: 79.346 letti x 10/25 = 31.738 letti necessari.
Comunque vogliamo considerare i dati, anche soltanto ipotizzando che si mantenga un tasso di diffusione analogo all’influenza stagionale (10%) e riportiamo il dato a 150 giorni di epidemia (sottraiamo un altro 20%), i letti necessari rimangono 25.000. E continuiamo ad averne disponibili nell’ipotesi più perfetta possibile, circa 4000. Pur sperando sistematicamente in cifre al ribasso, continuiamo a essere ben lungi dalla necessità, tenendo conto che, nel tempo, ci sarebbero anche medici e infermieri in isolamento, perché infetti, quindi non in grado di lavorare. Dunque l’effettiva capacità si ridurrebbe comunque.
Tiriamo le somme
ADESSO NON SO SE CI SIAMO CAPITI MEGLIO. Lo volete capire che se il Coronavirus mantiene le attuali statistiche e non prendiamo misure drastiche per la riduzione del contagio, rischiamo di vedere i nostri ospedali sommersi dai malati? Di più: non saremmo in grado di curarli! Non ha una letalità significativa, apparentemente non è così spaventoso per il singolo individuo, ma è spaventoso nei numeri se dovesse infettarci tutti insieme come una super-influenza!
Ma abbiamo solo 4000 posti letto! Come possiamo mettere 300.000 persone in terapia intensiva quando abbiamo solo 4000 letti?
Anche se consideriamo al massimo ribasso possibile, diciamo 25.000 i posti letto necessari, abbiamo sempre e comunque bisogno di 5 volte i letti attualmente disponibili. È uno scenario che non voglio nemmeno immaginare.
ADESSO LO AVETE CAPITO COME MAI DOVETE STARE A CASA?
Se state a casa, la gente si infetta poco alla volta. Molti non se ne accorgono. Gli altri, specialmente gli anziani, ma anche qualche giovane, noi medici e infermieri li prendiamo, li mettiamo in terapia intensiva, li curiamo e ve li restituiamo. Un poco alla volta.
Riguardo la frase “lo mettiamo in terapia intensiva, lo curiamo e ve lo restituiamo” sono stato criticato da un collega rianimatore di uno degli ospedali in cui lavoro, un professionista che stimo molto. Mi ha fatto notare che dire questa frase può indurre a pensare che tutti i malati che finiscono in terapia intensiva potranno sopravvivere. Ovviamente non è così, anche questa era un’approssimazione. Purtroppo, alcuni tra quelli che saranno curati in terapia intensiva non sopravvivranno, come accade spesso per un malato critico: quando le condizioni sono troppo critiche neanche la terapia intensiva riesce a risolvere la situazione. Ma molti altri avranno invece l’opportunità di salvarsi.
Se invece tutti escono di casa il rischio è che si infettino tutti insieme e che quindi non riusciamo a gestirli, con un aumento importante della mortalità.
NON DOVETE ANDARE IN PANICO, MA PRENDETE LA COSA SERIAMENTE. STATE A CASA.
L’articolo terminava con l’indicazione “state a casa”. Ovviamente anch’essa, come tutte le affermazioni scritte di getto, va interpretata nel contesto: è logico ed evidente che fosse riferito alle persone nelle zone colpite dall’infezione e non indiscriminatamente a tutti gli italiani. Tuttavia non è mai sbagliato puntualizzarlo per evitare fraintendimenti: lo stare chiusi in casa è riferito a determinate zone che vengono man mano individuate dalle autorità in base all’andamento dell’epidemia ed è mutevole di momento in momento e potrebbe provvisoriamente estendersi in base ad un fenomeno che, per quanto studiato, è ancora ben lungi dall’essere ben compreso.
RICORDO CHE CON LE MISURE PRESE E CHE SI PRENDERANNO SI POTRÀ RIDURRE E FORSE ADDIRITTURA ELIMINARE UN POCO ALLA VOLTA IL CONTAGIO. SIAMO CERTI CHE LE CIFRE CHE HO ELENCATO SARANNO INFERIORI SE TUTTI SEGUIREMO LE INDICAZIONI!
Vi lascio qui dei suggerimenti di buon senso per le precauzioni sulla limitazione alla circolazione delle persone, in base alle zone e in base alla tipologia di rischio.
Fonti:
(1) https://www.epicentro.iss.it/vaccini/pdf/Report%20conclusivo%20influenza%20stagione%202018-19.pdf
(3) https://err.ersjournals.com/content/25/140/178.long
Nowcasting and forecasting the potential domestic and international spread of the 2019-nCoV outbreak originating in Wuhan, China: a modelling study, Joseph T Wu, Kathy Leung, Gabriel M Leung
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30260-9/fulltext
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