Il Coronavirus Covid-19 sta perdendo forza?
«Il virus sta perdendo forza… lo dimostrano le ultime tac», queste sono le recenti dichiarazioni del Dottor Borghetti, apparse su La Provincia di Crema lo scorso 17 aprile.
Il collega infatti sostiene che, dalla forte diminuzione di TAC polmonari giornaliere che attestano la presenza di polmoniti interstiziali, si possa dedurre che si sia ridotta la capacità del virus di sviluppare la malattia, e che quindi sia diventato meno aggressivo.
Di certo è quello che ci auguriamo tutti. Sappiamo infatti che, in genere, con il tempo i virus tendono ad adattarsi e a diventare meno aggressivi. Il loro obiettivo non è quello di uccidere l’ospite, ma è quello di sopravvivere all’interno dell’ospite stesso.
Possiamo quindi fidarci delle affermazioni del Dottor Borghetti e tirare un sospiro di sollievo? Cerchiamo di scoprirlo assieme.
Dati in miglioramento
Indiscutibilmente c’è una riduzione dell’impatto sulla popolazione della malattia Covid-19 in generale. Questo fatto è certamente multifattoriale, ovvero ci sono molti motivi presenti contemporaneamente che contribuiscono alla riduzione del numero dei casi totali e del numero dei malati critici.
I dati che vengono forniti quotidianamente mostrano che man mano, dopo il lockdown, i casi, a distanza di qualche settimana, sono in riduzione graduale e progressiva. Si sono ridotti anche il numero di malati in ospedale e il numero di pazienti critici in terapia intensiva.
L’osservazione: molti meno casi gravi
Alcuni colleghi, come quello che abbiamo citato a inizio articolo, hanno segnalato che il numero totale di casi critici che loro vedono alle TAC polmonari si è MOLTO ridotto, anche di 10 volte! Mentre il numero di casi totali non si è ridotto in proporzione. Quindi attribuiscono il minor numero di casi critici, rispetto ai casi totali, alla MINORE AGGRESSIVITA’ DEL VIRUS.
Minore aggressività del SARS-CoV-2?
Il fatto che il Coronavirus tenda a diventare meno aggressivo nel tempo è in realtà da dimostrare. E’ vero che è una tendenza di molti virus, tuttavia il Coronavirus SARS-CoV-2 in generale pare risultare molto stabile. Il prof. Palù, nel corso di un recente intervento sul nostro canale youtube, ha ricordato come il Coronavirus sia uno dei pochi virus ad avere nel proprio genoma un enzima che ripara gli errori, di conseguenza è molto attento a non creare mutazioni significative. Le uniche mutazioni finora conosciute sono SINONIME, il che significa che non modificano sostanzialmente la struttura delle proteine codificate. Risulta difficile perciò pensare che esistano forme mutate del virus molto significative, tanto da dare una differenza nei quadri clinici. Anche la direttrice del laboratorio del Sacco di Milano aveva suggerito un’ipotesi di mutazione del virus alla base della grande quantità di casi gravi in Lombardia. Pare che quando non si riesca ad interpretare i fenomeni che accadono la soluzione più semplice sia di attribuire la responsabilità dell’evento da interpretare alle capacità o ai cambiamenti del virus stesso. Quali potrebbero essere invece altre linee di interpretazione?
Motivi del miglioramento clinico in generale dei pazienti
Minore quantità di casi totali
Vi è certamente una minore quantità di soggetti infetti. Questo fenomeno è presumibilmente molto maggiore rispetto a quanto immaginiamo. Il numero di soggetti contagiati dal virus probabilmente non è nell’ordine delle cifre ufficiali, ma un numero da 5 a 15 volte superiore. Questa ipotesi è oggi meno inverosimile rispetto a quando abbiamo scritto il nostro precedente articolo. Oggi, attraverso i test sierologici, si è iniziato a verificare che la quantità di persone positive agli anticorpi del virus è davvero importante, sia in Italia che all’estero.
Quindi il numero di casi rilevati nei mesi scorsi sarebbe fortemente sottostimato, per via del limitato numero dei tamponi quotidiani disponibili. Ora che invece il numero di nuovi casi totali è in diminuzione, la quantità di tamponi effettuati potrebbe essere in grado di rilevare un numero proporzionalmente più ampio di soggetti positivi.
La carica virale
C’è un altro aspetto da considerare, ovvero la carica virale. E’ stato suggerito che la carica virale, ovvero la quantità di virus ricevuta dalla persona infettata, sia in relazione potenziale con la gravità dei sintomi prodotti e quindi con la quantità di forme gravi di Covid-19. Questa potrebbe essere una delle ragioni per cui intere famiglie sono state inizialmente decimate in Lombardia: l’infezione procedeva di individuo in individuo con alte quantità di cariche virali. E’ verosimile che le infezioni attuali abbiano invece una carica virale ridotta, per la maggiore attenzione di tutti, per la distanza interpersonale e per l’uso di mascherine e di protezioni in generale. Così anche l’aggressività delle forme cliniche sarebbe ridotta.
Strategie di cura precoci
E’ cambiata anche la strategia di cura. I malati ricevono cure sempre di più in modo precoce, a domicilio, con farmaci anti-infiammatori, clorochina, eparina a dosaggio profilattico, a volte tocilizumab. Questo riduce la probabilità che l’infezione passi ad una forma grave.
Numero degli ammalati e miglioramento delle cure
Il fatto che i malati ora siano in numero inferiore rispetto alle settimane precedenti consente anche di distribuire meglio il tempo degli operatori sanitari su ciascun ammalato, in qualunque sede esso venga curato. A domicilio, in reparto o in terapia intensiva, il maggior tempo disponibile per ogni malato migliora le strategie di cura e consente una maggiore efficacia.
Due giorni fa abbiamo visto nell’ospedale Covid a Milano un eccezionale miglioramento terapeutico su un malato al ventesimo giorno di terapia intensiva estremamente aggressiva (1). Solo la maggiore disponibilità di tempo ed energie degli operatori sanitari per ciascun ammalato ha permesso di ottenere questo tipo di risultato!
Maggiore quantità di esami strumentali
Tutti i pazienti covid conclamati, cioè coloro che manifestano tosse, mancanza di respiro e febbre, hanno quasi certamente la polmonite e ad una tac polmonare si evidenzierebbe la polmonite interstiziale. Ma la maggior parte delle forme lievi nelle scorse settimane non raggiungeva l’ospedale, perchè veniva data priorità alle forme gravi. Ecco che i radiologi si ritrovavano a condurre esami su pazienti mediamente più critici.
Conclusione
L’attuale impressione dei colleghi radiologi che vi siano meno forme gravi tra i pazienti a cui fanno l’esame è certamente corretta e verosimile, ma ci risulta difficile credere, per tutti i motivi elencati, che si tratti di una conseguenza della riduzione dell’aggressività del virus. Piuttosto c’è da essere soddisfatti che tutte le misure messe in atto per ridurre i contagi abbiano dato, a cascata, una quantità di effetti positivi che hanno ridotto la quantità le forme gravi in arrivo.
Per saperne di più su quali sono le armi a nostra disposizione per sconfiggere i virus e i due principali possibili destini a cui essi vanno incontro vi invitiamo a leggere questo articolo: Che fine fanno i virus?
Dott. Marco De Nardin
Note
(1) al settimo ciclo di pronazione!
Per approfondire: