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In questo recente studio si è voluta verificare l’efficacia delle cure di transizione per l’insufficienza cardiaca acuta.
Insufficienza cardiaca acuta e cure di transizione
L’insufficienza cardiaca acuta è una condizione medica grave in cui il cuore non riesce ad apportare il giusto apporto di ossigeno ai tessuti dell’organismo e, se non trattata tempestivamente, può facilmente condurre alla morte del paziente. [1]
L’insufficienza cardiaca può essere causata da un infarto acuto del miocardio, dall’ipertensione arteriosa e da altre patologie cardiache, come la cardiopatia ischemica.
Approfondimento: Scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca
Lo scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) viene definito come una sindrome in cui il cuore non è in grado di pompare sangue a sufficienza per distribuirlo ai vari tessuti. A volte viene definita anche insufficienza cardiaca congestizia. Anche se il termine “insufficienza” non vuol dire che il cuore si sia fermato, questa condizione cardiaca è grave e necessita di cure mediche.
La malattia può essere asintomatica o sintomatica, può svilupparsi improvvisamente o man mano che il cuore si indebolisce e coinvolge una grande quantità di persone. Il cuore si può indebolire o si può irrigidire a causa di condizioni come l’ipertensione o l’aterosclerosi delle arterie coronarie.
Attualmente più di 25 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da insufficienza cardiaca, il che significa che i sistemi sanitari sono sottoposti a una considerevole pressione a causa dell’elevato tasso di malattia associato e delle risorse necessarie per il trattamento.
I pazienti affetti da insufficienza cardiaca acuta si presentano solitamente al Pronto Soccorso per trovare assistenza e di conseguenza l’équipe sanitaria decide, con un ragionamento clinico, se ammetterli e quando dimetterli.
Tuttavia questa procedura spesso implica due problemi:
- Alcuni pazienti ad alto rischio sono dimessi prematuramente, sviluppando poi eventi avversi precoci.
- Diversi pazienti a basso rischio sono invece ricoverati più a lungo del necessario, quando potrebbero essere monitorati in un ambulatorio ad hoc.
In particolare sembrerebbe che la possibilità di accesso a cure di transizione, che seguano il paziente con un follow-up specialistico dopo la dimissione, si sia dimostrata efficace nel ridurre il rischio di morte nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca acuta.
Caratteristiche dello studio
- Tipo di studio: Studio osservazionale cross-sectional.
- Luogo: Canada.
- Tipo di pazienti: Soggetti maggiorenni che si sono presentati al Pronto Soccorso per insufficienza cardiaca acuta.
Scopo dello studio: è possibile elaborare un modello basato sulle cure di transizione per migliorare la qualità di vita dei pazienti con insufficienza cardiaca acuta?
Attraverso questa interessante valutazione, scaturita dall’analisi dei dati provenienti da molteplici ospedali, gli autori dello studio hanno provato a comprendere se fosse possibile migliorare l’algoritmo decisionale che spinge i medici ad ospedalizzare e a dimettere i pazienti affetti da insufficienza cardiaca acuta.
Progettazione dello studio
L’osservazione si è basata sullo studio COACH (Confrontation of Outcomes and Access to Care for Heart Failure) valutando i dati provenienti da 10 diversi ospedali canadesi e includendo circa 5440 pazienti maggiorenni, che hanno avuto accesso al Pronto Soccorso per insufficienza cardiaca acuta.
Successivamente i pazienti sono stati suddivisi in base al rischio di morte in:
- Ad alto rischio, e dunque sono stati ricoverati.
- A basso rischio, dove sono stati dimessi per ricevere le cure nell’ambiente domestico.
Risultati
I risultati dello studio cross-sectional hanno indicato che:
- Il 12,1% dei pazienti ad alto rischio e il 14,5% dei pazienti a basso rischio sono deceduti o sono stati nuovamente ospedalizzati per delle complicanze.
- Nell’arco di 20 mesi, il 54,4% dei pazienti giudicati ad alto rischio ha sviluppato eventi avversi, contro il 56,2% dei pazienti dichiarati a basso rischio.
Conclusioni
Il presente studio, che ha indagato una possibile strategia per intervenire al meglio sui pazienti con scompenso cardiaco acuto, ha messo in luce che l’introduzione di un PoC (Point of Care)¹ che stratifichi con cura il rischio di morte possa aiutare i medici nel proprio processo decisionale.
In particolar modo la possibilità di accesso a cure di transizione, che seguano il paziente con un follow-up specialistico dopo la dimissione, si è dimostrata utile nel ridurre del 12%² il rischio di morte o eventi avversi nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca acuta.
Bibliografia: fonti e note
ARTICOLO ORIGINALE: Lee DS, Straus SE, Farkouh ME et al. Trial of an intervention to improve acute heart failure outcomes. New England Journal of Medicine. 2023;388(1):22–32.
[1] Metra M, Zacà V, Lombardi C et al. L’insufficienza cardiaca acuta: profili clinici e fisiopatologia. G Ital Cardiol 2008;9(10 Suppl. 1):105S-111S
Nota 1. Il termine “Point of Care” (PoC) si riferisce ad un’analisi o a un test diagnostico, eseguito direttamente sul paziente, o vicino ad esso, al momento della visita medica o durante un’urgente necessità di cura. L’obiettivo principale dei test PoC è quello di fornire una diagnosi rapida e accurata per consentire al medico di prendere decisioni terapeutiche tempestive e appropriate.
Nota 2. La percentuale è stata desunta grazie all’applicazione di un apposito calcolo statistico.