I DISTURBI DI PERSONALITÀ: QUALI SONO? DIAGNOSI E CURE
Il disturbo di personalità è quel comportamento che denota una particolare manifestazione che viene considerata dagli altri estrema e disadattiva, causando un disagio nella persona che ne soffre e in chi gli sta intorno.
È molto importante contestualizzare caso per caso questi disturbi all’interno dell’ambiente sociale: ad esempio durante un combattimento può essere apprezzato un comportamento aggressivo, che può essere ritenuto invece inaccettabile in un altro contesto.
Cerchiamo innanzitutto di capire cosa si intende per personalità, ed entriamo in seguito nel dettaglio di questo disturbo.
Il concetto di personalità
La personalità è un modello complesso di caratteristiche psicologiche che fanno parte dell’individuo, le quali sono per la maggior parte inconsce e difficilmente modificabili.
Questi tratti vengono espressi in maniera automatica e provengono da disposizione biologiche e dall’esperienza personale, e consentono alla persona di:
- percepire
- sentire
- pensare
- affrontare
- comportarsi.
La personalità è quindi un insieme di molteplici stili e tratti personali che caratterizzano ogni persona.
Cosa sono i disturbi di personalità
Negli anni molti studi hanno cercato di sviluppare dei criteri definitivi per distinguere la normalità psicologica dal disturbo di personalità.
Il criterio più frequentemente impiegato è quello statistico, in cui la normalità è determinata da quei comportamenti che si riscontrano più frequentemente in un gruppo sociale, e la patologia da caratteristiche che non sono comuni in quel gruppo.
Tra i diversi criteri utilizzati per indicare la normalità abbiamo:
- la capacità di gestirsi in modo autonomo e competente
- la tendenza ad adattarsi al proprio gruppo sociale in modo efficace
- un senso soggettivo di appagamento e soddisfazione
- la capacità di auto-realizzarsi o soddisfare i propri bisogni.
La psicopatologia avviene quando c’è un deficit tra i punti sopra descritti.
In termini pratici, quando un individuo mostra una capacità di saper affrontare l’ambiente a lui circostante, i suoi comportamenti favoriscono un incremento nella sua soddisfazione personale: in questo caso si può dire che la persona possiede una personalità normale. Al contrario, quando alle responsabilità quotidiane si risponde in modo inadeguato, o quando i comportamenti dell’individuo determinano un aumento del disagio personale o riducono le opportunità di apprendimento e di crescita, allora si può parlare di una personalità patologica o disadattiva.
Riassumendo, sono tre sono le caratteristi che possono fungere come criteri di differenziazione tra personalità normale e personalità disturbata:
- Inflessibilità adattiva: le strategie alternative che un individuo impiega per relazionarsi con gli altri, per raggiungere gli obiettivi e per far fronte allo stress, non solo sono poche ma sembrano essere praticate in maniera non adatta.
- Circolo vizioso: le percezioni, i bisogni e i comportamenti abituali della persona perpetuano e intensificano le difficoltà preesistenti, vengono quindi mal interpretati eventi essenzialmente benigni e provocano reazioni da parte degli altri che riattivano problemi preesistenti.
- Tenue stabilità: si tratta della fragilità in condizioni di stress soggettivo e un controllo meno adeguato sulle proprie emozioni e percezioni sempre più soggettive e distorte della realtà.
Quali sono i disturbi di personalità
Vediamo nel dettaglio quali sono i disturbi di personalità.
Personalità schizoide
Si tratta di quelle personalità in cui entrambi i sistemi di polarità del piacere e del dolore sono carenti, non c’è quindi la capacità di vivere gli eventi della vita come dolorosi o piacevoli.
Personalità evitante
Sempre basata sulla polarità piacere-dolore, questo disturbo comprende le persone che hanno una ridotta capacità di provare piacere, ma allo stesso tempo un’insolita sensibilità al dolore.
Personalità depressiva
Sia la personalità evitante che quella depressiva hanno in comune una ridotta capacità di provare piacere e sono eccessivamente sensibili al dolore. Tuttavia gli evitanti hanno imparato ad anticipare questi eventi problematici, i depressi invece sono particolarmente più passivi e ansiosamente proattivi.
Personalità dipendente
Questo disturbo si verifica quando ci sono individui che provano un disagio in virtù del fatto che si rivolgono quasi esclusivamente agli altri demandando loro le decisioni su se stessi. Esiste inoltre anche la dipendenza nei confronti di se stessi, che spesso sfocia nel disturbo di personalità narcisistico. I dipendenti hanno imparato non solo a rivolgersi agli altri come loro fonte di sicurezza, ma anche ad aspettare passivamente che gli altri dicano loro cosa fare.
Personalità istrionica
Queste persone cercano di massimizzare i loro obiettivi manifestando in una serie di comportamenti seducenti, atti ad attirare l’attenzione. Si tratta di una forma di dipendenza, la ricerca dell’approvazione da parte degli altri soggetti.
Personalità esuberante
Questo gruppo di individui è caratterizzato dal ruolo centrale che essi attribuiscono alla ricerca attiva del piacere. Tipicamente energici e vivaci, possono diventare eccessivamente accesi e maniacali.
Personalità narcisistica
Le persone che hanno un modello di personalità dipendente mostrano spesso anche uno squilibrio narcisistico: c’è infatti una dipendenza primaria da sé piuttosto che dagli altri. Questi individui sono caratterizzati dal loro coinvolgimento egoistico, sperimentando il piacere primario semplicemente essendo concentrati su se stessi.
Personalità antisociale
Questi individui agiscono per contrastare l’aspettativa del dolore manifestando comportamenti ambigui e spesso illegali.
Personalità sadica
In alcuni pazienti, le proprietà associate al dolore e al piacere sono contrastanti o invertite. Queste persone non solo cercano o creano eventi oggettivamente dolorosi, ma li vivono anche come piacevoli.
Personalità compulsiva
La personalità compulsiva rappresenta uno schema conflittuale sulla polarità sé-altro, ma con un’inclinazione passiva.
Personalità negativista (passivo-aggressiva)
Questa personalità è caratterizzata dal conflitto sulla polarità sé-altro, ma assume un orientamento più attivo rispetto a quello compulsivo. Sebbene questa lotta comporta un’incapacità di risolvere i conflitti, questi individui si comportano in maniera a volte obbediente, a volte provocatoria.
Personalità masochista (autolesionista)
Come il sadico, questi pazienti sono in conflitto sulla polarità piacere-dolore. Questi individui interpretano gli eventi e si impegnano in relazioni in un modo che è in contrasto con questa polarità, e si relazionano con gli altri in modo ossequioso e altruista.
Personalità schizotipiche
Questo disturbo di personalità è rappresentato da un orientamento cognitivamente disfunzionale nella teoria della polarità. Le personalità schizotipiche sperimentano un piacere minimo e hanno difficoltà a differenziare se stessi dalle altre strategie come le modalità di adattamento attive e passive.
Personalità borderline
Questo disturbo di personalità corrisponde ad una polarità emotivamente disfunzionale e disadattiva. Esistono conflitti su tutta la linea, tra piacere e dolore, attivo e passivo, sé e altro.
Personalità paranoide
In questo disturbo è presente una sfiducia nei confronti degli altri e un’aggressiva difensiva contro la critica e la paura dell’inganno. Questi pazienti hanno un’elevata sensibilità al dolore (rifiuto, umiliazione) e sono fortemente orientati alla polarità del sé, mostrando una permalosa irritabilità e un bisogno di affermarsi.
Quanto sono frequenti i disturbi della personalità? Epidemiologia
Si stima che fino al 10% della popolazione generale soffra di disturbi di personalità.
È interessante sottolineare che nelle strutture di igiene mentale la prevalenza di disturbi di personalità è considerevolmente più alta, con studi che riportano una cifra superiore al 40% della popolazione esaminata.
Le cause dei disturbi di personalità: eziologia
Nel corso del periodo di crescita dell’individuo gli elementi più importanti sono la predisposizione neurobiologica (la personalità di un individuo può derivare dal 30% al 60% da fattori ereditari) e l’ambiente che ha intorno: questi sono i principali fattori che determinano la personalità.
La resilienza, le vulnerabilità neurobiologiche e gli stress vissuti nel corso della crescita interagiscono tra loro per determinare i tratti di personalità di ciascun individuo, determinando o meno i disturbi di personalità nei singoli soggetti.
Diagnosi
La diagnosi di un disturbo di personalità può essere effettuata nel corso di una visita specialistica da uno psicologo, psichiatra o neurologo.
Il professionista sanitario, dopo aver eseguito un’attenta anamnesi, procede con la valutazione psicologica, alternando interviste a test psicologici, al termine dei quali può essere in grado di diagnosticare un disturbo di personalità.
Si impiegano diversi strumenti per raccogliere una valutazione clinica completa, come ad esempio:
- un test proiettivo: è un test di personalità in cui il paziente fornisce una serie di risposte a scene, parole o immagini ambigue. Le risposte servono per capire i pensieri, le emozioni, gli impulsi o i conflitti inconsci del paziente.
- Una storia della vita del paziente raccontata da lui stesso e se possibile anche da un suo familiare, accuratamente contestualizzata.
I disordini di personalità sono definiti dalla loro persistenza nel corso della vita del paziente, ma anche dall’esperienza di angoscia in molteplici ambiti della sua vita. Per la valutazione del paziente si procede in questo modo:
- Lo specialista si informa sulle importanti influenze biologiche, sociali, culturali e familiari, sviluppando una sequenza temporale degli eventi formativi della vita del paziente e identificando i modelli adattivi che ha il paziente di far fronte agli eventi e i suoi punti di forza, nonché gli obiettivi e i risultati personali.
- Il professionista deve saper distinguere eventi acuti ma insoliti da sintomi simili che ricorrono regolarmente nel corso della vita del paziente.
- Lo specialista deve mostrare compassione per il paziente. Nel caso di alcuni disturbi di personalità (ad es. nel disturbo di personalità antisociale), è comune la negazione dei sintomi.
Dopo la diagnosi, si verifica che non ci sia concomitanza con altre diagnosi psichiatriche. Le diagnosi psichiatriche possono essere meno responsive ai normali protocolli di trattamento in presenza di un disturbo di personalità. Una corretta valutazione diagnostica è un passaggio critico nella pianificazione del trattamento, in particolare quando un paziente risulta refrattario al trattamento. Ma vediamo nel dettaglio quali possono essere i trattamenti in caso di diagnosi di disturbo di personalità.
Trattamenti dei disturbi di personalità
Il trattamento varia a seconda del disturbo di personalità diagnosticato. In generale si può affermare che ci sono due tipi di trattamenti possibili: psicologico e farmacologico.
Trattamento psicologico
La terapia psicologica deve essere individualizzata e personalizzata per ogni paziente. È necessario creare una teoria che possa essere convincente per la persona, ed ottenere una concettualizzazione di ciascun caso. Con un attento lavoro a casa, il professionista arriverà a una struttura sufficiente per fare da guida al paziente.
Secondo gli studi il trattamento psicosociale è in grado di ottenere ottimi risultati, in particolare per il disturbo borderline di personalità. Il trattamento dovrebbe essere strutturato in modo che i pazienti siano incoraggiati ad assumere il controllo su se stessi. I terapeuti dovrebbero essere attivi, reattivi, concentrati sulla gestione delle situazioni di vita e ben controllati.
I tipi di trattamento si concentrano su fattori diversi a seconda del disturbo diagnosticato, quali:
- l’identità personale
- l’interazione interpersonale
- l’adattamento sociale
- le difficoltà generali delle persone con disturbi di personalità misti attraverso l’uso del problem solving e della psicoeducazione.
Il follow-up delle persone con disturbo di personalità dopo il trattamento suggerisce che con la terapia psicologica gli obiettivi iniziali per ridurre i sintomi acuti sono ampiamente raggiunti, ma non si può dire lo stesso per gli obiettivi più complessi di miglioramento della struttura della personalità stessa.
Trattamento farmacologico
La farmacoterapia dovrebbe essere utilizzata solo quando integrata nei trattamenti psicosociali, e dovrebbe essere limitata nel tempo per gestire sintomi specifici e sospesa quando questi sono risolti.
Il trattamento farmacologico si concentra solo su aspetti specifici degli effetti patologici del disturbo di personalità, come l’instabilità affettiva e i disturbi cognitivo-percettivi. I trattamenti psicosociali mirano a ridurre i sintomi acuti potenzialmente letali e a migliorare i sintomi dello stato mentale angosciante.
Una ricerca pubblicata nel 2010 ha anche suggerito come la modulazione degli oppioidi potrebbe essere un potenziale meccanismo di trattamento. L’ossitocina è invece associata a diversi comportamenti sociali, tra cui l’assistenza genitoriale e il legame affettivo ed è stata suggerita come potenziale trattamento per i sintomi interpersonali. Tuttavia, al momento non esistono studi controllati randomizzati per nessuno di questi composti.
Conclusioni
I disturbi di personalità sono malattie molto comuni, che interessano circa il 10% della popolazione.
Il riconoscimento clinico dei disturbi di personalità è fondamentale per l’efficacia nella gestione dei sintomi di questi pazienti. Comprendere la natura genetica e biologica dei disturbi della personalità può aiutare i medici a mantenere un approccio empatico ai casi difficili.
Con un’appropriata psicoterapia, i pazienti dovrebbero essere più in grado di gestire la propria salute mentale.
Dott. Salvatore Cammarata, psicologo
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Fonti
- Elizabeth Newlin, Benjamin Weinstein, Personality disorders, Continuum (Minneap Minn). 2015 Jun;21(3 Behavioral Neurology and Neuropsychiatry):806-17.
- Theodore Millon, What Is a Personality Disorder?, J Pers Disord. 2016 Jun;30(3):289-306.
- Anthony W Bateman, John Gunderson, Roger Mulder, Treatment of personality disorder, Lancet. 2015 Feb 21;385(9969):735-43.