Disturbi del sonno e malattia di Alzheimer, Alzheimer, insonnia

I disturbi del sonno possono influenzare la malattia di Alzheimer?

Indice

I disturbi del sonno sembrerebbero coinvolti nella patogenesi e nella progressione della malattia di Alzheimer; scopriamolo insieme in questo recente studio.

Malattia di Alzheimer e disturbi del sonno

La malattia di Alzheimer, la tipologia più comune tra i disturbi neurodegenerativi, è generalmente caratterizzata da perdita di memoria, disturbi dell’apprendimento spaziale e cambiamenti comportamentali.

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All’inizio si tratta di piccole dimenticanze: non ci si ricorda dove si sono messe le chiavi di casa, ci si scorda di prendere le medicine, non si trova il telecomando del televisore. Poi, più avanti, ci si scorda se si è già mangiato, se ci si è lavati, ci si dimentica se un nostro famigliare ci ha chiamato questa mattina o è venuto a farci visita.

Solo una piccola parte dei casi è di tipo familiare, determinata da mutazioni genetiche della proteina precursore dell’amiloide (Aβ), della presenilina 1 e 2. Altre volte si assiste all’accumulo anomalo delle proteine tau e Aβ, e al loro alterato smaltimento. Tuttavia i cambiamenti a livello cellulare e molecolare risultano poco chiari.

Recentemente è stato riportato come, durante il sonno, i prodotti di scarto del metabolismo extracellulare, come la stessa amiloide e le proteine tau, vengono eliminati attraverso la via paravascolare. Con il trascorrere dell’età il cervello, pur avvalendosi della via glinfatica per rimuovere questi materiali tossici, lo fa con minor efficienza.

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Il ruolo dell'acquaporina-4 (AQP4) nei disturbi del sonno

Diversi autori hanno dimostrato come questo flusso cerebrale dipenda dall’espressione e dalla localizzazione perivascolare di un canale per il trasporto dell’acqua, chiamato acquaporina-4 (AQP4). È altresì noto che la delezione di AQP4 altera il normale ritmo circadiano nel sistema di trasporto del fluido glinfatico.

I cambiamenti nel timing e nella struttura del sonno avvengono in tutto il corso della vita. Tra questi il segno più legato all’età è una maggiore frammentazione del sonno: si tratta di una scarsa qualità del sonno causata da molteplici interruzioni dovute a eventi estrinseci come il rumore, o intrinseci come l’apnea. Infatti le principali cause sono:

L’origine dei disturbi del sonno nei soggetti con Alzheimer o altre forme di declino cognitivo è multifattoriale, con un impatto significativo sui pazienti e sui loro caregiver. Rappresentano inoltre un fattore di rischio per l’istituzionalizzazione precoce.

Caratteristiche dello studio

  • Tipo di studio: Studio sperimentale animale
  • Luogo: Italia, Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini”, Università di Torino
  • Tipo di esperimento: Studio su topi di laboratorio così rappresentati:
    • 22 topi di 2 mesi di età sani
    • 22 topi di 2 mesi d’età con geni predisponenti l’Alzheimer mutati
    • 8 topi di 6 mesi d’età con geni predisponenti l’Alzheimer mutati.

Scopo dello studio: i disturbi del sonno possono avere un ruolo nella progressione della malattia di Alzheimer?

Il fine dello studio è stato quello di:

  • studiare il differente effetto della frammentazione del sonno in modelli di topi geneticamente normali e topi transgenici 5xFAD, così chiamati perché esprimono cinque diverse mutazioni ritrovate in casi familiari di Alzheimer.
  • Indagare se il fenomeno della frammentazione del sonno, che si verifica in disturbi molto comuni come l’insonnia, possa avere un ruolo nella patogenesi e nella progressione della malattia di Alzheimer.

Progettazione dello studio

I topi sono stati posizionati su piattaforme basculanti a tempo controllato, con uno schema di attivazione di 3 minuti OFF e 10 secondi ON. Sono stati quindi divisi in due gruppi:

  • il primo gruppo [1] è stato sottoposto a frammentazione del sonno per 30 giorni per tutto il giorno;
  • il secondo gruppo [2] è stato sottoposto alle stesse condizioni ambientali del primo, ma in assenza di una piattaforma inclinabile a tempo e per lo stesso periodo temporale.

Al fine di valutare l’effetto del protocollo sul ciclo sonno-veglia, è stata eseguita un’elettroencefalografia (EEG) e un’elettromiografia (EMG) su 3 animali per ogni gruppo per 8 giorni, di cui 4 giorni in condizioni di sonno normale e 4 in condizioni di frammentazione del sonno. Sono stati considerati solo i dati EEG dell’ultimo giorno, quello in cui il topo aveva più probabilità di essersi adattato al modello di frammentazione selezionato.

Risultati

I risultati dello studio hanno evidenziato che:

  • le registrazioni hanno mostrato un chiaro aumento della quantità di sequenze sonno/veglia e una diminuzione nella durata del sonno profondo rispetto alla veglia nei topi sottoposti a frammentazione cronica del sonno. Il tutto in maniera coerente con il modello di sonno tipico dell’invecchiamento, dell’Alzheimer e dei disturbi del sonno. La perdita di sonno è stata associata a deficit nelle attività cognitive, disregolazione dei processi circadiani una compromissione delle funzioni emotive.
  • Le rilevazioni dell’immunochimica sugli animali 5xFAD e sonno frammentato hanno riscontrato un forte aumento dell’accumulo di Aβ rispetto ai controlli in tutte le aree cerebrali coinvolte. Questo è avvenuto non solo nella patologia neurodegenerativa (ippocampo), ma anche in quelle della regolazione del sonno (corteccia retrospleniale). In aggiunta la frammentazione del sonno ha compromesso la memoria di riconoscimento degli oggetti, una componente importante della memoria dichiarativa che ha luogo nell’ippocampo ed è modulata nell’area dell’amigdala.
  • La frammentazione del sonno ha chiaramente ridotto il segnale di AQP4 negli animali 5xFAD più anziani, con un impatto negativo aggiuntivo sulla clearance di Aβ.

Conclusioni

Grazie a questa ricerca è stato possibile gettare una nuova luce sullo studio dell’acquaporina-4. Si tratta infatti di uno tra i più potenti e potenziali marcatori per capire come i disturbi del sonno siano coinvolti nella patogenesi dell’Alzheimer.

In particolare i ricercatori hanno rilevato, attraverso un modello in vivo, che l’AQP4 sembra non essere più funzionale. Questo è evidente dalla maggiore presenza di placche di Aβ, ed è stato confermato anche nei topi più anziani. In questi ultimi la patologia è più avanzata e l’espressione di AQP4 risulta diminuita, probabilmente a causa di un impatto diretto dell’Alzheimer e della frammentazione del sonno sul sistema glinfatico.

Questi risultati aprono alla possibilità di interessanti sviluppi futuri: suggeriscono infatti come l’espressione di AQP4 possa rappresentare un marcatore predittivo dell’insorgenza dell’Alzheimer già nella mezza età, giungendo così ad una diagnosi più precoce.

In conclusione questo studio viene incontro alla necessità sempre più urgente di identificare biomarcatori precoci che determinino quali individui sono a maggior rischio di sviluppo di demenza. Il fine è quello di poter offrire loro la possibilità di adottare misure preventive nella fase precedente all’insorgenza della malattia, ma anche di promuovere un intervento terapeutico precoce nelle fasi iniziali della stessa.

Bibliografia: fonti e note

ARTICOLO ORIGINALE: Vasciaveo, V., Iadarola, A., Casile, A. et al. (2023). Sleep fragmentation affects glymphatic system through the different expression of AQP4 in wild type and 5xFAD mouse models. Acta neuropathol commun 11, 16.

[1] n=11 per i topi di 2 mesi e n=4 per quelli di 6 mesi.

[2] n=11 topi di 2 mesi e n=4 topi di 6 mesi.