Eparina e Covid-19

Eparina e Covid-19

Come molti già sanno, negli ultimi giorni nei media si è iniziato a parlare di Eparina per il trattamento dell’infezione da Covid-19. Come sempre, davanti a notizie altisonanti ed apparentemente promettenti, cerchiamo di orientarci con ponderatezza.

Cercheremo in prima battuta di capire a cosa serve di norma l’eparina e poi a capire se può essere utile nel Covid-19 e perché.

 

L’eparina: cos’è e a cosa serve

 

Cos’è l’EPARINA

Per Eparina si intende sia un farmaco specifico in particolare, l’Eparina appunto, che una categoria di farmaci ad azione analoga all’eparina, chiamate eparine (es. Seleparina, enoxaparina… etc).

L’Eparina è un farmaco anti-coagulante, cioè che previene il fenomeno della coagulazione del sangue.

 

La coagulazione del sangue

Normalmente, quando il sangue scorre dentro i nostri vasi sanguigni, non ha la necessità di coagulare. Anzi, nei vasi sanguigni deve scorrere in modo regolare e non si devono mai formare intoppi. Il sangue ha tuttavia la capacità di “coagulare“, cioè “si rapprende” e forma un grumo di sangue, in varie condizioni.

Per esempio questo accade quando è in corso una fuoriuscita di sangue dal corpo, un’emorragia. In questo caso il grumo di sangue può formare un tappo che impedisce la fuoriuscita di ulteriore sangue dal vaso lesionato ed evita un’emorragia massiccia. Il meccanismo che permette la coagulazione è un sistema a cascata che viene attivato da determinate situazioni trigger. Nell’esempio dell’emorragia, è il contatto con l’aria all’esterno del corpo che innesca la cascata della coagulazione.

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Anche la velocità del sangue nei vasi influisce sulla possibilità che esso coaguli. Quando scorre troppo lentamente e tende a ristagnare, è possibile che si attivi, in modo erroneo, la cascata della coagulazione.

 

Le trombosi

Quando il sangue inizia a coagulare in modo erroneo, dentro i vasi sanguigni, si parla di “trombosi”. Nella trombosi il sangue si “rapprende” nel posto sbagliato, cioè proprio dentro i vasi. Questa situazione è pericolosa perché il coagulo di sangue che si forma può ostruire il vaso sanguigno in questione e quindi impedire il flusso del resto del sangue dentro quel vaso.

Ci sono diversi fattori predisponenti alle trombosi, sia genetici, che ambientali: per esempio l’immobilità prolungata (come durante un viaggio aereo, oppure dopo un intervento chirurgico) determina un rallentamento nel flusso del sangue (1) e favorisce la possibilità che il sangue coaguli determinando la trombosi.

La trombosi può accadere sia in un vaso arterioso che in un vaso venoso. Se avviene in un vaso arterioso in genere si verifica una ischemia, o ictus, dell’organo irrorato da quell’arteria. Se avviene in un vaso venoso, che porta il sangue al cuore, allora ci sarà una maggiore difficoltà al deflusso del sangue da quell’organo.

 

Una conseguenza delle trombosi: l’embolia polmonare

Quando si verifica una trombosi in un vaso venoso di dimensioni consistenti, detta anche TVP (Trombosi Venosa Profonda), c’è il rischio di Embolia polmonare. Significa che c’è il rischio che un pezzo di trombo, un pezzo del coagulo di sangue, si stacchi e proceda nel torrente circolatorio fino ad entrare nel cuore, ad uscirne dal ventricolo di destra e a finire nell’arteria polmonare e di lì poi nelle sue diramazioni. In questa condizione si forma una embolia polmonare, cioè un blocco del sangue nelle arterie dei polmoni dovute al grumo di sangue coagulato.

Nell’embolia polmonare il sangue circola più in alcune regioni del polmone, perciò non riesce più a raggiungere alcuni alveoli del polmone, che sono le zone dove il sangue dovrebbe ossigenarsi. Così solo una minore quantità di sangue prende ossigeno dal polmone e l’organismo va a corto di ossigeno.

Se il coagulo che si stacca dal trombo è di dimensioni considerevoli allora l’embolia polmonare che ne deriva può essere MASSIVA e può essere così importante da rendere impossibile il passaggio del sangue. In questo caso si ha in genere una condizione molto grave che può condurre ad una morte immediata ed improvvisa.

 

Come si utilizza l’eparina

A cosa serve dunque l’eparina?

L’eparina (o le eparine in generale) si utilizza nella trombosi con due scopi: o per PREVENZIONE della trombosi o per CURA della trombosi.

 

Utilizzo dell’eparina nella prevenzione delle trombosi

Come abbiamo descritto sopra, esistono molte condizioni che predispongono alla formazione di trombosi. In generale la mancanza di movimento è una delle condizioni che predispone ad una trombosi. Una di queste è un volo aereo prolungato, un’altra un intervento chirurgico o una malattia che costringe a letto. In queste condizioni è più probabile che si formi una trombosi. Per prevenire la trombosi in questi casi si utilizza l’eparina a DOSI BASSE, ovvero dosi PROFILATTICHE o PREVENTIVE. Esempio: Seleparina 4000UI x 1 volta al giorno.

L’eparina in questo caso evita la formazione della trombosi, oppure, se la trombosi fosse già presente, ne ostacola il peggioramento.

Gli effetti collaterali delle dosi basse di eparina sono piuttosto limitati.

 

Utilizzo dell’eparina nella terapia delle trombosi

Una volta che la trombosi si è già formata, per eliminarla non bastano più le dosi basse, profilattiche, di eparina, che consentono al massimo di “congelarla”. Nel caso della trombosi già in atto occorre una DOSE ALTA, o TERAPEUTICA, che è 2-3 volte superiore rispetto alla dose di profilassi. Per esempio, 4000 x 2 volte al giorno o più. In sostanza, si raddoppia almeno la dose.

Raddoppiando la dose, aumentano anche gli effetti collaterali. Sono abbastanza frequenti le EMORRAGIE dovute al fatto che il sangue non coagula più e se si dovesse rompere anche un vaso microscopico in una regione del corpo, il danno non sarebbe facilmente riparato, con conseguenze devastanti. Le emorragie più frequenti durante la terapia con eparina a dose terapeutica sono l’emorragia cerebrale e l’emorragia retroperitoneale (dietro l’addome). Ecco perché mentre la profilassi della trombosi si esegue con grande scioltezza, l’eventuale dose per la terapia della trombosi deve essere valutata con molta attenzione, soppesandola con gli eventuali rischi di emorragia.

 

L’eparina e il Covid-19

Cerchiamo ora di capire se l’eparina, che si usa per la terapia delle trombosi, può essere utile nel trattamento del Covid-19.

 

La fisiopatologia di Covid-19

Come mai il coronavirus Covid-19 crea tanti danni all’organismo? È certo che ci sia un interessamento polmonare, ovvero che si crei una patologia del polmone che viene chiamata patologia dell’INTERSTIZIO, cioè delle zone di collegamento tra gli alveoli, un po’ come nella stazione spaziale ci sono i passaggi di collegamento tra i vari moduli che possono essere interrotti.

Nell’immagine qui sopra vediamo cosa accade in generale in una interstiziopatia del polmone. Quando c’è un problema da risolvere nella zona degli alveoli (la parte in rosa dell’immagine) dal sangue escano sia molecole che cellule dell’infiammazione che vanno a creare delle interazioni. Nel caso del coronavirus cellule del sistema immunitario e molecole andrebbero lì per distruggere il virus, le cellule infette, eccetera.

Ora sul fatto che Covid-19 sia una malattia dell’interstizio polmonare non vi sono dubbi di sorta. Quello che fa ancora discutere gli scienziati consiste nell’attribuire il giusto peso ai meccanismi di danno all’interstizio. In altre parole, vi sono diversi tipi di danno, ma qual è quello prevalente? Vediamo quali sono i possibili meccanismi di danno:

  • DANNO DIRETTO del VIRUS: il virus danneggerebbe le cellule polmonari direttamente, distruggendole o rendendole inefficienti.
  • DANNO INDIRETTO del VIRUS: il nostro sistema immunitario distruggerebbe le cellule infettate dal virus in modo da evitare che il virus possa continuare a moltiplicarsi.
  • DANNO IMMUNOMEDIATO: il nostro sistema immunitario, attivato in modo indiscriminato, indurrebbe un danno generale non solo alle cellule colpite dal virus, ma a tutte le strutture in generale dell’interstizio. In questo modo lo spazio tra gli alveoli e il sangue (lo spazio INTERSTIZIALE) aumenta e di conseguenza l’ossigeno fa una maggiore difficoltà a transitare. Da qui la mancanza d’aria e l’insufficienza respiratoria.
  • DANNO di MICROCIRCOLO: secondo la teoria proposta da alcuni ricercatori il Coronavirus indurrebbe la formazione di micro-trombosi dentro ai capillari del polmone e questa sarebbe la causa del danno dei vasi stessi con la fuoriuscita di materiale nell’interstizio.

Ebbene, quale di questi meccanismi è prevalente nella polmonite, ovvero interstiziopatia da Covid-19?

 

Dati noti

Quali sono le evidenze che abbiamo riguardo queste ipotesi? Come si diceva, è innegabile che ci sia una malattia polmonare di tipo interstiziale, perché essa è documentata dalle TAC dei pazienti con Coronavirus, come questa ad esempio:

Tuttavia è impossibile dalla TAC distinguere se il meccanismo che porta all’aumento del materiale nell’interstizio è il danno immunomediato o il danno da microcircolo.

Come alcuni studiosi hanno riferito (2), vi sarebbero molte autopsie che verificano presenza di danno da microcircolo nel polmone. Questo depone per la presenza di un fenomeno di trombosi disseminata nei vasi polmonari dei pazienti da Covid. Tuttavia non è chiaro se questo reperto è di per sé sufficiente a spiegare il danno interstiziale o ne è una conseguenza. La materia non è di poco conto perché cambia drasticamente la terapia. Lo vedremo a breve.

Esiste inoltre un ulteriore fenomeno che pare colpire alcuni pazienti con Coronavirus che è la tendenza a sviluppare trombosi venose importanti e successivamente embolia polmonare massiva così significativa da portare alla morte improvvisa. Io stesso posso raccontare di due pazienti che ho visto morire di morte improvvisa, verosimilmente da embolia polmonare massiva.

 

I due razionali all’utilizzo

Abbiamo capito che il danno all’interstizio del polmone può essere determinato:

  • dal virus direttamente,
  • dal sistema immunitario (danno immunomediato),
  • dalla microangiopatia, o microtrombosi.

I farmaci che si utilizzano attualmente contro il Covid-19 sono appunto contro i tre meccanismi di danno al polmone:

Notizie dal web

L’uso di Eparina nella terapia del Covid, è venuta di recente alla ribalta per via di un post di un cardiologo che è stato molto condiviso. In questo post veniva suggerito che la microembolia polmonare o microtrombosi, sarebbe l’unica causa di danno interstiziale e che trattando quella si potrebbero evitare 9 morti su 10 (2).

Non è scopo di questo articolo analizzare con precisione questa ennesima bufala, l’abbiamo già fatto in una diretta video nel canale facebook, che riportiamo qui per chi desideri approfondire (3). La definiamo tale semplicemente perché è la classica insalata che riporta vari fatti veri, conditi sapientemente con altri fatti falsi e con una componente emozionale molto spiccata. Vi invitiamo a leggere il nostro vademecum contro le bufale per aiutarvi a riflettere.

Il post in qualche modo fa trasparire il cardiologo come l’unico scopritore del semplice riutilizzo di un farmaco molto antico e usato comunemente nei nostri reparti. Ma è davvero così?

 

Situazione attuale sull’eparina negli ammalati di Covid-19

È opportuno ricordare che l’eparina VIENE UTILIZZATA SISTEMATICAMENTE negli ospedali sui pazienti Covid-19:

  • ai pazienti allettati viene somministrata in dose PROFILATTICA;
  • ai pazienti con Trombosi venosa in atto viene somministrata in DOSE TERAPEUTICA.

Questo accade nella grande maggioranza degli ospedali italiani.

Ora, l’osservazione nel post del cardiologo, che è stata ripresa dalla stampa, consiste nel proporre di somministrare a TUTTI i pazienti con Covid-19 la dose TERAPEUTICA di eparina. 

Il tutto nella scommessa/ipotesi che il danno interstiziale del polmone sia dovuto ESCLUSIVAMENTE alla componente di microtrombosi, o vasculite, o microangiopatia, che dir si voglia, e che sarebbe da trattare con eparina.

Non è assolutamente dimostrato che sia davvero così. È solo una delle tante linee di ipotesi che si stanno compiendo oggi di fronte a questa malattia nuova di cui poco si conosce ancora. Perché l’utilizzo indiscriminato di eparina ad alte dosi su tutti i pazienti con Coronavirus potrebbe portare a un disastro di proporzioni considerevoli.

 

Rischi correlati

Nel web viene spesso rimarcato come l’eparina sia un farmaco molto sicuro. Ciò è vero soltanto per le dosi profilattiche, ma qui si parla di raccomandare a tutti dosi TERAPEUTICHE! Questo tipo di dosaggio non è scevro da rischi e complicanze, perché può determinare importanti emorragie. Io stesso ho già visto da inizio emergenza tre casi mortali di sanguinamento in corso di terapia con eparina nei pazienti COVID. Siamo proprio sicuri di voler affrontare il rischio?

 

Considerazioni finali

Per concludere, di certo l’eparina è uno dei vari farmaci a disposizione per ridurre la letalità del Covid-19 e viene già ampiamente utilizzato nei consueti utilizzi a basse dosi per profilassi della trombosi e ad alte dosi per terapia della trombosi profonda e dell’embolia polmonare nota. Occorre valutare con molta attenzione l’opportunità di aumentare il dosaggio per ridurre la componente di trombosi microvascolare polmonare nel determinare la interstiziopatia polmonare. È notizia di oggi (4) che l’AIFA ha autorizzato uno studio sulla sicurezza e sull’efficacia dell’eparina, a diverse dosi, sui pazienti con Covid-19. In attesa di conoscerne l’esito, non possiamo che annoverare l’eparina come una delle tante armi note a nostra disposizione ma di certo non ergerla ancora a panacea risolutiva di ogni Covid.

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin

 

Note e bibliografia:

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