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Epilessia

L’epilessia è definita come un disturbo cronico caratterizzato da ripetute convulsioni, almeno due a distanza di 24 ore, spontanee, non provocate da fattori esterni come l’assunzione di droghe (1). Le cause dell’epilessia sono molteplici, come anche la sua manifestazione, che varia a seconda della tipologia di convulsioni che si hanno. Scopriamo di più in questo articolo!

 

Cos’è l’epilessia?

L’epilessia è un disturbo neurologico che si manifesta con convulsioni, la cui origine può variare, ma si caratterizza per la loro ricorrenza in assenza di trattamento (1). Le convulsioni possono essere di diverse tipologie e si possono presentare in ogni fase di vita, dall’infanzia alla vecchiaia.

Una singola convulsione non dà diagnosi di epilessia. La convulsione è una scarica elettrica anomala che attraversa il cervello, alterandone la normale funzione e creando una serie di disturbi, come la perdita di coscienza e contrazioni muscolari incontrollate.

A seconda dell’eziologia possiamo classificare l’epilessia come:

  • sintomatica, che comporta una lesione biologica a livello cerebrale, per esempio dovuta a ipossia al momento del parto, o tumori e ictus nella maggiore età.
  • idiopatica o criptogenetica, in cui una causa c’è, ma non si riesce a individuare. C’è una componente genetica che sembra contribuire all’epilessia idiopatica, quindi se si hanno parenti con diagnosi di epilessia sarà più probabile svilupparla, anche se non con la stessa gravità o della stessa tipologia convulsiva.

 

Epidemiologia dell’epilessia

La prevalenza globale dell’epilessia attiva (persone con crisi epilettiche negli ultimi 5 anni e in trattamento) varia tra 4 e 10 casi per 1.000 individui. Circa il 5-10% della popolazione generale può avere almeno una crisi epilettica nel corso della vita, ma non tutti sviluppano l’epilessia.

L’incidenza annuale invece varia tra 20 e 70 casi per 100.000 persone. Risulta più alta nei primi anni di vita e nelle persone dopo i 60 anni.

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Eziologia dell’epilessia

Le cause dell’epilessia possono essere molteplici e variano a seconda dell’età, della genetica e di altri fattori. Nello specifico:

  • Fattori genetici: l’ereditarietà può giocare un ruolo significativo nell’insorgenza dell’epilessia. Alcune forme di epilessia sono legate a mutazioni genetiche specifiche. Gli individui con parenti di primo grado affetti da epilessia possono avere un rischio maggiore di sviluppare la malattia.
  • Lesioni cerebrali: come traumi cranici, ictus, malformazioni o tumori cerebrali.
  • Infezioni del sistema nervoso centrale: alcune infezioni, come meningite, encefalite, neurocisticercosi (causata dal parassita della tenia) o altre infezioni che coinvolgono il sistema nervoso centrale, possono danneggiare il cervello e aumentare il rischio di epilessia.
  • Fattori prenatali e perinatali: problemi durante la gravidanza come infezioni virali, carenze nutrizionali, mancanza di ossigeno al feto (ipossia) o complicazioni durante il parto possono influenzare lo sviluppo del cervello del neonato, aumentando il rischio di epilessia nella vita successiva.
  • Disturbi neurologici e metabolici: alcuni disturbi neurologici e metabolici, come la sclerosi tuberosa, la malattia di Huntington, la malattia di Alzheimer, l’encefalite da herpes e l’ipoglicemia (livelli di zucchero nel sangue troppo bassi), possono essere associati a un rischio maggiore di sviluppare epilessia.
  • Uso di sostanze: l’uso di droghe ricreative, in particolare droghe che influenzano l’attività cerebrale come cocaina o metanfetamine, può aumentare il rischio di sviluppare epilessia.
  • Cause idiopatiche: in molti casi la causa specifica dell’epilessia non può essere identificata. Questi casi sono definiti idiopatici e spesso non mostrano alcuna causa evidente, sebbene possa essere presente una componente genetica non ancora completamente compresa.

 

Sintomatologia dell’epilessia

L’epilessia è una condizione neurologica caratterizzata da episodi ricorrenti di attività elettrica anormale nel cervello, che possono provocare sintomi diversi a seconda del tipo di crisi epilettica. La sintomatologia può variare notevolmente da persona a persona e può essere classificata in diverse categorie in base ai sintomi presentati durante le crisi. Ecco una panoramica dei principali sintomi associati all’epilessia:

  • Crisi epilettiche focali (o parziali):
    • Sintomi motori: movimenti involontari di una parte specifica del corpo come spasmi muscolari, movimenti ripetitivi o contrazioni.
    • Sintomi sensitivi: sensazioni strane, come formicolio, pizzicore o sensazioni sgradevoli in una parte del corpo.
    • Sintomi sensoriali: allucinazioni olfattive, visive, uditive o gustative.
    • Sintomi emotivi o cognitivi: cambiamenti improvvisi nell’umore, sensazioni di paura, ansia, confusione mentale o alterazioni della percezione.
  • Crisi epilettiche generalizzate:
    • Assenze: breve perdita di consapevolezza, spesso con uno sguardo fisso e perdita di contatto con l’ambiente circostante.
    • Crisi toniche-cloniche generalizzate: caratterizzate da rigidità muscolare (fase tonica) seguita da movimenti convulsivi ritmici (fase clonica), accompagnate spesso da perdita di coscienza, caduta e cambiamenti respiratori.
    • Crisi miocloniche: contrazioni muscolari improvvisi e brevi in una parte del corpo o in tutto il corpo.
  • Stato epilettico: lo stato epilettico è una convulsione sufficientemente prolungata da provocare danni permanenti a livello cerebrale. Questo è dovuto o al fallimento dei meccanismi responsabili di interromperla, o da quelli responsabili di prolungarla (3). La durata necessaria per far sì che una crisi epilettica causi danni non è conosciuta, ma nella media una convulsione tonico-clonica dura 5 minuti, mentre un’assenza 10-15 min, quindi crisi superiori a questa durata hanno il potenziale di causare danni (3).

 

Diagnosi di epilessia

La diagnosi di epilessia richiede una valutazione accurata da parte di un medico neurologo per distinguere le crisi epilettiche da altre condizioni che possono simulare sintomi simili, come svenimenti o attacchi di panico. Vediamo insieme i passaggi principali.

 

Anamnesi

Durante la fase di anamnesi il medico può richiedere:

  • Descrizione delle crisi: dettagli forniti dal paziente o da testimoni oculari, come durata, tipo di movimenti, consapevolezza durante l’evento.
  • Storia familiare: eventuali casi di epilessia o malattie neurologiche nella famiglia.
  • Fattori scatenanti: stress, mancanza di sonno, droghe, infezioni, o lesioni cerebrali pregresse.

 

Esame obiettivo

L’esame obiettivo nell’epilessia si concentra su valutazioni generali e neurologiche. Vengono analizzati:

  • Stato di salute generale: viene valutata l’eventuale presenza di segni cutanei specifici (come ad esempio macchie caffè-latte, angiomi). Viene effettuata inoltre la misurazione della pressione arteriosa e si ricercano possibili traumi cranici recenti.
  • Esame neurologico: analizza la funzione cognitiva, i nervi cranici, la forza muscolare, i riflessi, la coordinazione, la sensibilità e la deambulazione, al fine di identificare deficit o lesioni focali.
  • Esame cardiocircolatorio: per l’esclusione di sincopi o aritmie come cause alternative.
  • Esame oculare: viene eseguito un controllo del fondo oculare alla ricerca di eventuali segni di ipertensione endocranica o anomalie vascolari.
  • Osservazioni specifiche per epilessia: si osservano segni specifici dell’epilessia, come il morso della lingua, le contusioni e la confusione post-ictale, oltre allo stato post-critico per analizzare il recupero della consapevolezza.

 

Esami diagnostici

Ecco alcuni degli esami principali utilizzati nella diagnosi dell’epilessia:

  • Elettroencefalogramma (EEG): è un test non invasivo che registra l’attività elettrica del cervello attraverso elettrodi posti sul cuoio capelluto. L’EEG può rilevare anomalie nell’attività cerebrale durante o tra le crisi epilettiche, aiutando a confermare la presenza di epilessia e a determinare il tipo di attività elettrica anormale.
  • Esami di imaging cerebrale:
    • Risonanza magnetica (RM): è utilizzata per creare immagini dettagliate del cervello e può rilevare lesioni, anomalie strutturali, tumori o altre condizioni che possono essere associate all’epilessia.
    • Tomografia computerizzata (TC): fornisce immagini dettagliate del cervello e può essere utilizzata per individuare lesioni o altre anomalie.
  • Esami di laboratorio:
    • Esami del sangue: possono essere eseguiti per cercare eventuali anomalie metaboliche o segni di infezioni che potrebbero essere associate alle crisi epilettiche.
    • Test genetici: in alcuni casi i test genetici possono essere eseguiti per identificare specifiche mutazioni genetiche che possono essere legate a forme ereditarie di epilessia.
  • Video-EEG monitoraggio (VEEG): coinvolge la registrazione simultanea dell’EEG e di un video durante un periodo prolungato di tempo (solitamente in ospedale). Questo permette ai medici di correlare i sintomi del paziente alle attività cerebrali registrate, aiutando a stabilire una diagnosi più precisa.
  • Altri test diagnostici: a seconda della situazione clinica specifica, possono essere eseguiti ulteriori test o esami per identificare le cause sottostanti dell’epilessia, come l’elettrocardiogramma (ECG) per escludere problemi cardiaci o altri esami specifici per indagare su condizioni mediche specifiche.

 

Diagnosi differenziale di epilessia

La diagnosi differenziale dell’epilessia è fondamentale per distinguere i tipi di crisi epilettiche e identificare condizioni che potrebbero simulare crisi epilettiche. Ecco un elenco dei principali quadri che possono essere considerati:

  • Altre condizioni neurologiche: come attacchi psicogeni non epilettici, sincopi, disturbi del movimento o emicrania.
  • Condizioni psichiatriche: come attacchi di panico e ansia.
  • Disturbi metabolici e sistemici: ad esempio ipoglicemia, disturbi elettrolitici, infezioni cerebrali o febbre alta.
  • Disturbi cardiovascolari e respiratori: aritmie cardiache o interruzioni temporanee della respirazione durante il sonno.
  • Disturbi di origine endocrina: come iper o ipotiroidismo, o tumori endocrini.
  • Condizioni farmacologiche e tossiche: ad esempio la sospensione improvvisa di droghe o alcol, o l’intossicazioni da farmaci.
  • Traumi e lesioni cerebrali: traumi cranici, emorragie cerebrali e ictus.

 

Trattamento dell’epilessia

L’epilessia è un disturbo di gravità variabile, alcune persone ne soffrono durante l’infanzia per poi non avere più crisi, altre invece nonostante i trattamenti non riescono a fermare le convulsioni. Ci sono casi nei quali un paziente può soffrire di epilessia nell’infanzia, ma poi non avere più episodi crescendo. In questi casi, se passano 5 anni senza crisi epilettiche in assenza di trattamento farmacologico, ci si può considerare guariti (1).

Ci sono diversi trattamenti disponibili per gestire l’epilessia, che possono variare a seconda del tipo di crisi epilettiche, della gravità della condizione, della risposta individuale al trattamento e delle cause sottostanti. Vediamone alcuni nel dettaglio.

Farmaci antiepilettici

La terapia farmacologica è calibrata e personalizzata a seconda del paziente e del tipo di convulsione che manifesta: infatti ogni caso è a sé e non tutti rispondono ai trattamenti allo stesso modo. La classe di farmaci usata è quella degli anticonvulsivanti, che con meccanismi diversi interferiscono nella trasmissione del segnale elettrico del cervello, prevenendo la formazione di segnali aberranti (2).

Alcuni dei farmaci utilizzati sono:

  • Fenitoina: efficace per crisi tonico-cloniche e parziali.
  • Carbamazepina: usata principalmente per crisi parziali e nevralgia del trigemino.
  • Acido Valproico: trattamento di crisi generalizzate, parziali e assenze.
  • Fenobarbital: spesso utilizzato nei neonati, ma meno comune per adulti a causa di effetti collaterali.
  • Primidone: simile al fenobarbital, per crisi parziali e generalizzate.

 

Terapia chirurgica

La terapia chirurgica è consigliata nei casi in cui sono presenti lesioni cerebrali e quando l’origine della convulsione sia imputabile ad un’area ben definita e circoscritta del cervello, sempre se le condizioni del paziente lo permettono (2). Nei casi in cui la resezione non è possibile ci sono alternative meno invasive, come la stimolazione del nervo vago (2).

Le procedure chirurgiche possono essere ad esempio:

  • Resezione del focolaio epilettogeno: questa procedura coinvolge la rimozione chirurgica della zona specifica del cervello identificata come responsabile delle crisi epilettiche. Questo può includere la rimozione di tessuto cicatriziale, tumori, malformazioni o aree di tessuto cerebrale anomalo.
  • Chirurgia funzionale: alcune procedure mirano a interrompere o modificare i circuiti neurali coinvolti nelle crisi epilettiche, senza rimuovere il tessuto cerebrale. Questi interventi possono includere la stimolazione cerebrale profonda o altre tecniche che modulano l’attività cerebrale.

 

Stimolazione del nervo vago

La stimolazione del nervo vago (VNS – Vagus Nerve Stimulation) è una forma di trattamento per l’epilessia, approvata anche per altre condizioni mediche come la depressione resistente ai trattamenti. Questo trattamento coinvolge l’impianto chirurgico di un dispositivo medico che stimola il nervo vago, una delle principali vie di comunicazione tra il cervello e molte parti del corpo.

Ecco alcuni punti importanti su questa procedura:

  • Funzionamento del dispositivo: il dispositivo VNS è composto da un generatore di impulsi che viene impiantato chirurgicamente sotto la pelle nel petto o nell’addome. Un elettrodo collegato al generatore è avvolto intorno al nervo vago nel collo. Il generatore invia impulsi elettrici regolari al nervo vagale per influenzare l’attività cerebrale.
  • Meccanismo d’azione: il meccanismo esatto con cui la stimolazione del nervo vagale riduce le crisi epilettiche non è completamente compreso. Si ritiene che l’attività elettrica stimolante possa influenzare l’attività neurale nel cervello, riducendo l’eccitabilità neuronale e modulando i circuiti neurali coinvolti nelle crisi.
  • Procedure e programmazione del dispositivo: dopo l’impianto il dispositivo VNS viene programmato dal medico per inviare impulsi elettrici al nervo vagale con specifiche frequenze e intensità. Queste impostazioni possono essere regolate per adattarsi alle esigenze individuali del paziente.

 

Dieta chetogenica

La dieta chetogenica è una terapia dietetica specifica che ha dimostrato efficacia nel ridurre la frequenza delle crisi epilettiche, specialmente nei bambini con forme di epilessia farmaco-resistente come la sindrome di Lennox-Gastaut e la sindrome di Dravet. Questa dieta è stata sviluppata per imitare alcuni aspetti del digiuno, che è noto per ridurre l’incidenza delle crisi epilettiche.

Ecco alcuni punti importanti riguardo alla dieta chetogenica:

  • Composizione della dieta: è caratterizzata da un alto contenuto di grassi, una moderata quantità di proteine e una bassa quantità di carboidrati. Solitamente la proporzione di macronutrienti nella dieta chetogenica è di circa 4:1 o 3:1, ossia quattro o tre volte più grassi (in grammi) rispetto alla somma di proteine e carboidrati.
  • Meccanismo d’azione: questa dieta porta il corpo a uno stato metabolico chiamato chetosi, in cui il corpo produce chetoni (corpi chetonici) derivati dalla scomposizione dei grassi. Si ritiene che questi chetoni possano influenzare l’attività neuronale nel cervello, contribuendo a ridurre l’incidenza delle crisi epilettiche.

 

Terapia con cannabidiolo

La terapia con cannabidiolo (CBD) è stata oggetto di crescente interesse nella gestione dell’epilessia, soprattutto per alcune forme farmaco-resistenti di epilessia, come la sindrome di Lennox-Gastaut e la sindrome di Dravet, nelle quali altri trattamenti non sono risultati efficaci. In particolare:

  • Cannabidiolo (CBD): il CBD è uno dei numerosi composti chimici estratti dalla pianta di cannabis. A differenza del tetraidrocannabinolo (THC), un altro composto della cannabis noto per i suoi effetti psicoattivi, il CBD non provoca un alto livello di alterazione della coscienza.
  • Effetti sul sistema nervoso: si ritiene che il CBD abbia effetti anticonvulsivanti e neuroprotettivi, influenzando i recettori nel cervello coinvolti nell’attività neuronale e nell’infiammazione, riducendo così la suscettibilità alle crisi epilettiche.

 

Terapie complementari e alternative

Le terapie complementari e alternative sono approcci non convenzionali che vengono utilizzati da alcune persone con epilessia per affrontare i sintomi o per integrare il trattamento medico tradizionale. Ecco alcuni esempi:

  • Agopuntura: questa pratica comporta l’inserimento di sottili aghi in punti specifici del corpo per influenzare l’energia del corpo.
  • Yoga e meditazione: queste pratiche possono aiutare a ridurre lo stress e migliorare la gestione dell’ansia, che a sua volta può avere un impatto positivo sulla salute mentale e sul benessere generale.
  • Fitoterapia e integratori alimentari: alcuni integratori alimentari e piante medicinali sono stati studiati per il loro potenziale nel controllo delle crisi epilettiche.
  • Omeopatia e terapie alternative: alcune persone possono esplorare l’omeopatia o altre terapie alternative come un approccio alla gestione delle crisi epilettiche.

 

Epilessia: per concludere

In conclusione l’epilessia è una condizione neurologica complessa che richiede un approccio multidisciplinare per una gestione efficace. La diagnosi precoce, basata su una valutazione clinica accurata, esami strumentali e un monitoraggio prolungato, è fondamentale per identificare la causa e personalizzare il trattamento.

Grazie ai progressi nella ricerca medica la maggior parte dei pazienti può ottenere un buon controllo delle crisi attraverso farmaci antiepilettici, terapie alternative o interventi chirurgici.

 

Riferimenti:

  1. Fisher RS, Acevedo C, Arzimanoglou A, Bogacz A, Cross JH, Elger CE, Engel J Jr, Forsgren L, French JA, Glynn M, Hesdorffer DC, Lee BI, Mathern GW, Moshé SL, Perucca E, Scheffer IE, Tomson T, Watanabe M, Wiebe S. ILAE official report: a practical clinical definition of epilepsy. Epilepsia. 2014 Apr;55(4):475-82.
  2. Manford M. Recent advances in epilepsy. J Neurol. 2017 Aug;264(8):1811-1824.
  3. Trinka E, Cock H, Hesdorffer D, Rossetti AO, Scheffer IE, Shinnar S, Shorvon S, Lowenstein DH. A definition and classification of status epilepticus–Report of the ILAE Task Force on Classification of Status Epilepticus. Epilepsia. 2015 Oct;56(10):1515-23.