Secondo questo studio l’utilizzo di anticoagulanti orali ad azione diretta sembrerebbe aver ridotto il rischio cardioembolico in pazienti anziani con fibrillazione atriale.
Fibrillazione atriale e rischio cardioembolico
La fibrillazione atriale rappresenta una condizione clinica abbastanza frequente nei soggetti anziani e consiste in un anomalo processo di attivazione degli atri, in conseguenza del quale le camere atriali si contraggono in maniera caotica e disordinata.
Si ritiene che, a causa di circuiti di rientro patologici dell’impulso elettrico originato nel nodo senoatriale¹ o di foci ectopici con attività pacemaker, gli atri possano ricevere molteplici impulsi di attivazione, contraendosi dunque in maniera sregolata.
La fibrillazione atriale si definisce parossistica quanto tende ad autorisolversi entro una settimana dall’episodio e si manifesta principalmente con le palpitazioni, mentre quando è perdurante può associarsi a dispnea, vertigini e sincope.
Quando si verifica un episodio importante di fibrillazione atriale è importante agire tempestivamente, in genere entro 48 ore, per scongiurare il possibile rischio di embolia dei vasi cerebrali. Infatti quando il sangue permane nelle camere atriali patologicamente attivate e sregolate, può andare incontro a stasi, con il pericolo tangibile che possa svilupparsi un coagulo che può spostarsi nella circolazione dei vasi cerebrali, aumentando il rischio di ictus.
Attraverso l’utilizzo di appositi score che valutano il rischio cardioembolico, come il CHA2DSVASc², si determina il rischio embolico del paziente con fibrillazione atriale, il quale viene poi trattato con anticoagulanti, come le eparine a basso peso molecolare o gli anticoagulanti orali. In quest’ultima categoria rientrano gli anticoagulanti orali diretti, che mostrano notevoli vantaggi clinici rispetto ai classici inibitori della vitamina K (cumarinici).
Caratteristiche dello studio
- Tipo di studio: Trial clinico controllato randomizzato.
- Luogo: 16 Paesi europei e nordamericani.
- Tipo di pazienti: Soggetti adulti affetti da fibrillazione atriale subclinica.
Scopo dello studio: il farmaco apixaban è efficace nella prevenzione del rischio cardioembolico in pazienti con fibrillazione atriale?
Gli autori dello studio hanno valutato l’efficacia e la sicurezza dell’apixaban, un anticoagulante orale diretto, nella prevenzione dell’evento cardioembolico in pazienti affetti da fibrillazione atriale, rispetto alla somministrazione orale di aspirina.
Progettazione
Nello studio sono stati inclusi 4.012 soggetti adulti, con età media di quasi 77 anni, tutti affetti da fibrillazione atriale subclinica con episodi accertati della durata almeno pari a 6 minuti e con punteggio CHA2DS2VASc almeno pari a 3.
Trascorsa la fase di selezione, i partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi in maniera casuale:
- il primo gruppo, sperimentale, ha ricevuto la somministrazione giornaliera di 5 mg di apixaban, suddivisa in due dosi;
- il secondo gruppo, di controllo, ha invece ricevuto la somministrazione giornaliera di 81 mg di aspirina.
Risultati
Dopo un follow-up medio di circa 3 anni e mezzo, si sono registrate le seguenti evidenze:
- il rischio di ictus o di altro evento embolico sistemico si è dimostrato inferiore del 37% nel gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo;
- il tasso di sanguinamento significativo conseguente alla terapia anticoagulante ha registrato un rischio dell’80% superiore nel gruppo che ha ricevuto l’apixaban, rispetto al gruppo dell’aspirina.
Conclusioni
L’utilizzo dell’apixaban, un farmaco anticoagulante orale ad azione diretta, ha indotto un rischio assai minore di ictus o di embolia sistemica quando adoperato come trattamento preventivo in pazienti anziani con fibrillazione atriale subclinica.
Allo stesso tempo però la somministrazione dell’apixaban ha fatto riscontrare una frequenza elevata di episodi di sanguinamento maggiore, i quali devono essere ben ponderati prima della prescrizione della terapia anticoagulante.
Fonti e note:
ARTICOLO ORIGINALE: Healey JS, Lopes RD, Granger CB et al. Apixaban for stroke prevention in subclinical atrial fibrillation. New England Journal of Medicine. 2024 Jan 11;390(2):107–17.
Nota 1. Il nodo senoatriale (o nodo di Keith-Flack) è una piccola massa di tessuto specializzato situata nell’atrio destro del cuore, vicino alla giunzione della vena cava superiore. È comunemente noto come il “nodo del seno” o il “pacemaker naturale” del cuore, in quanto la sua funzione principale è quella di generare impulsi elettrici ritmici che regolano il battito cardiaco.
Nota 2. Le lettere dell’acronimo CHA2DS2VASc rappresentano i fattori di rischio inclusi nello score:
- C: Insufficienza cardiaca congestizia (Heart Failure)
- H: Ipertensione
- A2: Età ≥ 75 anni
- D: Diabete mellito
- S2: Storia di ictus o attacco ischemico transitorio (Stroke/TIA)
- V: Malattia vascolare
- A: Età 65 anni -74 anni
- S: Sesso femminile.