La Sindrome di Down: quel qualcosa in più che fa la differenza.

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La sindrome di Down - idioti o potenziali artisti?

C’erano una volta gli idioti, quelli che dovevano essere isolati dalla società, quelli da relegare negli istituti, quelli ai quali era preclusa anche la minima speranza di una vita normale. Gli stessi di cui il resto della società, quella delle persone cosiddette “sane”, poteva e doveva dimenticare.

Al giorno d’oggi per fortuna molte cose sono cambiate. Ora sappiamo che le persone Down possono condurre una vita paragonabile a quella di tutti gli altri, in ambito sociale, lavorativo, artistico, e, non ultimo, in ambito affettivo. Ma c’è ancora della strada da fare e la conoscenza rappresenta il primo passo nella giusta direzione!

Per gli amanti della storia...

La sindrome di Down prende il nome da John Langdon Down, medico che per primo ne diede una descrizione accurata: anche se va ricordato il contributo fondamentale che Marthe Gautier (Montenills 1925) diede alla definizione della causa genetica alla base di questa condizione (1).

Quando J.L. Down descrisse la sindrome per la prima volta nel 1862, egli la associò agli individui di razza mongola per la somiglianza dei tratti somatici dei bambini affetti da questa condizione con quelli propri dell’etnia mongola e coniò il termine mongoloide (2).

Solo nel 1961 tale termine venne considerato inadeguato e cadde progressivamente in disuso anche grazie all’intercessione del delegato mongolo dell’OMS.

Approfondimento tecnico: qual è la causa?

Per comprenderne l’eziologia dobbiamo fare una piccola premessa. Il nostro materiale genetico, quello dove sono riportate tutte le informazioni che ci definiscono come individui (il colore degli occhi e dei capelli, la statura, la suscettibilità ad alcune patologie ecc.), ovvero il nostro DNA, nelle cellule è compattato in strutture chiamate cromosomi.

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Ogni cellula che costituisce il nostro corpo (al di fuori delle cellule germinali), possiede 23 copie di cromosomi (22 copie di autosomi + 2 cromosomi sessuali, XY). Questo corredo di cromosomi è chiamato ploidia ed ogni anomalia che si discosti da questo aspetto è detta quindi aneuploidia.

La sindrome di Down è un’aneuploidia, nella fattispecie una trisomia, dato che i pazienti portatori di questa condizione hanno 3 copie del cromosoma numero 21(3) (anche se la sindrome può essere determinata anche dalla semplice duplicazione di un piccolo tratto di questo cromosoma (4).

Uno dei termini utilizzati per definire questa condizione è proprio Trisomia 21, il quale, accettato dalla fine degli anni 60 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha progressivamente sostituito l’obsoleto (e spregiativo) termine di Mongolismo.

La presenza del cromosoma soprannumerario fa sì che i pazienti con Trisomia 21 presentino delle caratteristiche fisiche (fenotipo) peculiari che tra un po’ andremo a vedere.

La causa che determina la formazione di copie soprannumerarie di cromosomi è la non disgiunzione meiotica, una non equilibrata spartizione del materiale genetico durante le prime fasi della divisione cellulare nella riproduzione sessuale. L’età materna correla direttamente con la possibilità della non disgiunzione meiotica. Più l’età materna è avanzata quindi, maggiori sono le possibilità che il nascituro possa essere portatore di Sindrome di Down, anche se va ricordato che circa l’80% dei bambini con questa condizione nasce da madri con età inferiore a 35 anni (5)

Nel mondo l’incidenza della Sindrome di Down è di circa 1 ogni 1000 nati (6), nel nostro paese le stime sono molto simili dato che si parla di un’incidenza attorno a 1 su 1200 nuovi nati (7).

Tra anomalie e speciali sensibilità: le caratteristiche delle persone Down

Le persone Down presentano delle caratteristiche somatiche che li accomunano, come bassa statura, denti più piccoli, naso più appiattito, attaccatura delle orecchie più bassa, palpebre più grandi, tono muscolare meno sviluppato, mani e collo più corti.

E’ quasi sempre presente anche un ritardo mentale lieve-moderato e una serie di altre caratteristiche che possono essere presenti in misura variabile nei diversi individui (8).

Vi è anche un maggior rischio di sviluppare alcune patologie che contribuiscono a diminuire la loro aspettativa di vita. Negli ultimi anni, però, grazie allo sviluppo delle conoscenze in campo medico, quest’ultima è ampiamente aumentata (9). Circa la metà dei bimbi portatori della Sindrome di Down presenta anomalie cardiache, in particolare quelle che determinano un aumentato afflusso polmonare di sangue. I bimbi Down sono maggiormente predisposti a sviluppare infezioni respiratorie e scompensi di circolo, cardiomegalia e cirrosi epatica. I difetti genetici alla base della sindrome portano inoltre ad un aumentato rischio di sviluppare forme leucemiche (10) a causa di un’alterazione nella sintesi delle cellule ematiche. Altre anomalie sono più rare, pur manifestandosi con maggiore frequenza rispetto al resto della popolazione.

I bimbi Down sembrano possedere però anche alcune caratteristiche peculiari che possono permettere loro di sviluppare particolari talenti o comunque usufruire di percorsi didattici dedicati. Molti di loro ad esempio possono dimostrare una sensibilità uditiva più sviluppata, una notevole capacità di imitazione, la propensione al ritmo e alla musica ed una particolare empatia nei confronti degli stati d’animo di chi gli è accanto; quasi che il cromosoma in più, in modo ancora inesplicabile, tolga qualcosa e aggiunga qualcos’altro!

Al di là delle doti di partenza del singolo individuo, comunque, è da tener presente che è l’ambiente che forma l’individuo! Anche bimbi con deficit cognitivi importanti, se adeguatamente stimolati e guidati lungo un percorso didattico adeguato, possono incrementare notevolmente le loro capacità intellettive.

Ricordiamoci inoltre l’individualità del singolo bambino o della persona che ne è portatrice. Al di là di ogni retorica non è possibile attribuire caratteristiche specifiche ed immutabili alle persone Down perché ognuna di esse, proprio come accade in chi non ne è affetto, presenta dei tratti caratteriali e di personalità unici. Dobbiamo evitare quindi l’errore comune di considerare le persone Down come una razza a sé stante con il rischio di ricadere in stereotipi inutili. Ogni bambino Down svilupperà una propria personalità formata attraverso la relazione con i famigliari e gli stimoli ambientali con i quali avrà a che fare.

Alla larga dagli stereotipi!

Come ricordato più sopra, quando si parla di sindrome di Down è facile cadere nei preconcetti e nei luoghi comuni, vediamo quindi quanto c’è di vero in quello che si sente dire in giro.

Uno degli stereotipi più diffusi è che i bimbi Down siano affettuosi con tutti e sempre contenti e sorridenti. In realtà l’affettuosità dei bambini Down è selettiva al pari degli altri bimbi ed il loro carattere si forma attraverso gli stimoli ambientali, le cure parentali e le interazioni sociali che hanno modo di sperimentare.

Un altro luogo comune riguarda la disabilità mentale ed il peso che riveste sulla capacità lavorativa e di inserimento sociale della persona Down. Questo è uno degli stereotipi più difficili da combattere, complice un certo retaggio culturale che una volta tendeva ad isolare i disabili mentali dal resto della società relegandoli in istituti o nascondendoli all’interno di un nucleo famigliare compatto. Esistono forme della sindrome di Down chiamati mosaicismi (in cui nella stessa persona esistono sia cellule con la trisomia 21 sia cellule normali) in cui la disabilità mentale può essere lieve. Si tratta però di forme rare, ciò che conta davvero ai fini dello sviluppo delle capacità intellettive, ed è utile ribadirlo, è il contesto in cui si troverà a vivere il bambino.

Per quanto concerne la sfera sessuale delle persone Down, occorre ricordare che esse sono in grado di provare interesse sessuale a partire dall’adolescenza, in seguito allo sviluppo dei caratteri sessuali che avviene come in tutte le altre persone.

Esistono infine due punti molto importanti che è utile approfondire. Il primo riguarda la consapevolezza, da parte della persona Down, della propria condizione. Un bimbo Down può accorgersi precocemente delle caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri bambini, ma un ambiente famigliare e sociale sereno e stimolante può aiutare ad affrontare tranquillamente la consapevolezza della malattia. Oltre a ciò è utile fornire al bambino la possibilità di momenti di aggregazione al fine di stimolarne l’indipendenza e l’autonomia, ciò gli permetterà di crescere sviluppando la propria individualità e di vivere una vita il più normale possibile.

Per concludere

Dalla prima descrizione della sindrome di Down ai giorni nostri l’approccio a questa condizione si è notevolmente modificato. Questo grazie allo sviluppo delle conoscenze sulla malattia e all’impegno di chi ha voluto guardare oltre la disabilità. Oggi la persona Down ha la possibilità di essere ben inserita a livello sociale e lavorativo, può vivere una vita serena e appagante dal punto di vista sentimentale e raggiungere livelli di autonomia impensabili fino a pochi anni fa.

Attenzione però, c’è ancora della strada da fare. Sono ancora molti i pregiudizi che accompagnano questa sindrome e spesso si tende ancora ad un approccio eccessivamente custodialistico anziché puntare al potenziamento delle capacità intellettive e sociali della persona. La conquista della piena integrazione però parte dalla conoscenza della Sindrome di Down passa attraverso la sconfitta dei pregiudizi ed arriva al riconoscimento delle persone Down quali individui in tutto e per tutto. Questo articolo vuole essere quindi un piccolo contributo a questo percorso, difficile, tortuoso ma fondamentale per dare finalmente la giusta dignità a chi è affetto da questa condizione.

Bibliografia: fonti e note

(1)   M. Gautier, La découvreuse oubliée de la trisomie 21. In La Recherche n. 434, 30 settembre 2009, pp. 57

(2)  W. O’Connor, John, Langdon Down, the man and the message. Down Syndrome Research and Practice Vol. 6, No. 1, pp 19-24

(3)  Antonarakis, S. E., et al. Chromosome 21 and Down syndrome: From genomics to pathophysiology.         Nature Reviews Genetics 5, 725–738 (2004).

(4)  Korenberg JR, Chen XN, Schipper R, et al. Down syndrome phenotypes: the consequences of chromosomal imbalance. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.  1994;91(11):4997-5001.

(5)   O’Connor, C. (2008) Trisomy 21 causes Down syndrome. Nature Education 1(1):42

(6)   Dati OMS

(7)  Dati Associazione Italiana Persone Down

(8)     Lyle R, Béna F, Gagos S, et al. Genotype–phenotype correlations in Down syndrome identified by array CGH i n 30 cases of partial trisomy and partial monosomy chromosome 21. European Journal of Human Genetics.      2009;17(4):454-466.

(9)  R. Urbano, Health Issues Among Persons With Down’s Syndrome. Academic Press 2010.

(10)   Rosner F, Lee SL. Down’s syndrome and acute leukemia myeloblastic or lymphoblastic? Report of forty-three cases and review of the literature. Am J Med. 1972 Aug;53(2)203-18.