Mancanza dei letti negli ospedali? Il mancato scudo penale alla base del sovraffollamento
La mancanza di letti negli ospedali può essere dovuta ad un insospettabile problema giuridico? In effetti c’è una motivazione alla base di questo fenomeno. Scopriamo assieme il perchè.
I provvedimenti restrittivi dovuti all’incapacità del sistema sanitario di gestire i malati Covid-19
Nelle ultime settimane stiamo assistendo a continui provvedimenti restrittivi. A cosa sono dovuti? Non tanto, per lo meno attualmente, alla gravità delle infezioni o alla enorme quantità di ammalati, ma al fatto che il sistema sanitario non sia in grado di assorbirli, ovvero di fornire un letto di ospedale ben attrezzato a tutti coloro che ne hanno bisogno.
Abbiamo assistito infatti a numerosi appelli accorati dei medici che non sono in grado di gestire la situazione nei pronti soccorso e nelle corsie. Le persone sono incredule riguardo il fatto che ci siano così pochi letti disponibili ma la realtà è proprio questa.
Basti pensare che due anni fa un’influenza un po’ più aggressiva del solito aveva mandato in tilt gli ospedali molto rapidamente con una grave carenza di posti letto (1).
Per di più, rispetto alla prima ondata, a parità di pazienti critici abbiamo 4 volte tanto i letti per pazienti non critici. Come mai?
Per capire come mai ora manchino così tanti posti letto è necessario fare un passo indietro e ricordare quello che è accaduto lo scorso marzo, durante la prima ondata del contagio da Covid-19.
La gestione dei letti durante la prima ondata
La situazione di emergenza che fece riempire rapidamente gli ospedali di pazienti Covid-19 mise il personale sanitario in condizioni di non riuscire a soddisfare i bisogni dei pazienti. Si parlò, a suo tempo, di situazione di emergenza.
I medici trattavano i pazienti che potevano, come potevano, certamente non al meglio delle condizioni, dovendosi occupare di una quantità di malati eccessiva rispetto alle reali possibilità, come accade nella medicina dei disastri.
La situazione era così sfuggita di mano che la Società italiana di Anestesia e Rianimazione fu costretta a elaborare delle linee guida per stabilire i criteri con cui decidere a quali pazienti fornire il massimo delle cure.
In una situazione del genere, oggettivamente differente dalla normalità, prese vita l’idea dello scudo penale, cioè di modificare, per lo meno temporaneamente, le regole della responsabilità medica a livello penale.
Come funziona il sistema della responsabilità medica negli altri paesi del mondo?
L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo in cui la responsabilità medica è valutata anche nel campo penale oltre che nella giustizia civile.
In termini più semplici significa che negli altri paesi se un medico commette un errore senza volerlo deve rispondere solo in termini di risarcimento del danno, a livello economico. Ma non può andare in prigione, perchè altrimenti il rischio di incorrere in processi penali per ipotesi di errore sarebbe troppo difficile da sostenere per un professionista, già occupato a cercare di fare al meglio il proprio lavoro.
Invece in Italia, in Polonia e Messico il medico può essere giudicato penalmente per un errore involontario. Significa anche dover sostenere le spese e le difficoltà psicologiche di cause o esposti intentati anche senza un motivo fondato, ma che innesca il meccanismo della giustizia con lo scopo di velocizzare gli eventuali risarcimenti in ambito civile.
I rischi penali affrontati durante la prima ondata
Ebbene, la situazione di anomalia nei confronti di tutti gli altri paesi è ben nota. Durante la prima ondata si è manifestato per i medici il rischio di essere perseguiti penalmente per non aver svolto perfettamente il proprio lavoro sul singolo paziente. Questo problema è reale, perchè è ovvio che non è possibile fare tutto il necessario quando ci sono troppi pazienti da seguire. O che quando si è superato il giusto numero di ore consecutive di lavoro è più frequente commettere un errore. L’alternativa sarebbe stata di non avere medici in servizio.
Per questo motivo si è invocato un intervento legislativo, uno scudo penale, che proteggesse penalmente tutto il personale sanitario durante il periodo dell’emergenza, per tutelare i medici durante l’emergenza e consentire loro di fare al meglio possibile il loro lavoro. Sembrava che sarebbe stato fatto un provvedimento d’urgenza in tal senso e sulla promessa dei politici i medici hanno fatto doppi turni, lavorato in condizioni di mancata sicurezza e con presidi inadeguati, per il bene dei pazienti.
Le promesse di scudo penale non mantenute
Ma una volta che si è vista scemare l’emergenza, non se ne è più fatto nulla. Salvo il fiorire di varie cause temerarie contro i medici per eventi relativi o collegati alla prima ondata.
I medici allora si sono sentiti traditi. Hanno fatto ore in eccesso illegalmente pur di soccorrere le persone, hanno consapevolmente lavorato in condizioni di mancata sicurezza per i propri pazienti e si sono visti piovere addosso le denunce di avvocati e familiari opportuisti.
La risposta dei medici è stata, unanime: MAI PIU’.
Mai più:
- mandare i pazienti a casa senza visitarli in pronto soccorso
- visitare i pazienti in fretta e superficialmente per poter visitare tutti quelli in attesa
- lavorare in condizioni di mancata sicurezza senza presidi e senza personale qualificato
Veniamo così alla seconda ondata. Scenari:
I Covid-19 dai medici di base
All’arrivo dei pazienti dai medici di base alla minima insufficienza respiratoria, Perchè prendersi la responsabilità di tenere un paziente a domicilio, con il rischio di essere denunciati per aver lasciato un paziente sintomatico a casa? Col rischio che peggiori e poi sia troppo tardi per intervenire? Invio al Pronto Soccorso!
I Covid-19 in pronto soccorso
Quando un paziente arriva in pronto soccorso, durante la prima ondata se non aveva sintomi respiratori ma soltanto la febbre, anche alta, veniva rimandato a casa. Oggi invece vengono visitati tutti. Chi si arrischia più di inviare qualcuno a casa che poi magari peggiora e sporge denuncia per non averlo visitato? Visita per tutti i pazienti. E code a pronto soccorso.
E per i pazienti che dichiarano di non respirare perfettamente? Anzichè basarsi sulla saturimetria per valutare la gravità dell’insufficienza respiratoria, TAC polmonare! E se, come è ovvio, evidenzia polmonite, ricovero in reparto! Perchè non si manda nessuno via dell’ospedale col rischio che poi ti denunci.
I Covid-19 difficili in corsia di ospedale
Una volta in corsia, se il paziente comincia ad avere dei parametri alterati, non si mette più il casco e basta, spesso si ha paura di ritorsioni future, e così si chiama il rianimatore. L’anestesista-rianimatore, a sua volta, su pazienti che prima avrebbe lasciato andare perchè estremamente compromessi e gravi a prescindere dal Covid-19, ora deve intervenire, perchè non vuole rischiare di essere trascinato in tribunale o in galera dai parenti inferociti. E a volte porta il malato in terapia intensiva dove non ce ne sarebbero le indicazioni.
La tempesta perfetta
La mancata applicazione dello scudo penale che era stato promesso ha creato le condizioni di inscurezza e paura nel personale sanitario, che a fronte del rischio di essere denunciato nei prossimi anni per aver mancato di fare qualcosa sul singolo paziente, si comporta oggi diversamente che durante la prima ondata.
Gli ospedali tracimano di pazienti che potrebbero stare anche a casa mentre nelle terapie intensive ci sono pazienti anche troppo gravi che in periodo non Covid-19 non ci sarebbero nemmeno mai entrati.
Ma si sa, oggi il Covid-19 è di moda e per il Covid-19 non può più morire nessuno.