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L’osteoporosi è una patologia che interessa il sistema scheletrico ed in particolare determina un deterioramento della struttura ossea, con aumento della fragilità legato prevalentemente all’invecchiamento. Tale patologia predispone ad un aumentato rischio di fratture spontanee o indotte da minimi traumi, ed i siti maggiormente interessati sono vertebre, femore, omero, polso e caviglia.
Nel 60% dei casi queste fratture sono del tutto asintomatiche e vengono riscontrate casualmente durante altri esami. L’invecchiamento, inoltre, può predisporre ad andature incerte, posture scorrette, riduzioni di equilibrio o tono muscolare, che aumentano la tendenza a cadere e, quindi, il rischio di fratture.
In Italia, si stima che l’osteoporosi colpisca circa 5 milioni di persone.
Cos'è l'osteoporosi?
L’osteoporosi è una patologia ad eziologia multifattoriale studiata da circa 50 anni. Nel 1984, durante alcune conferenze del consenso [1], fu fornita una prima definizione di osteoporosi, quale: patologia legata all’invecchiamento, caratterizzata da una diminuzione della massa ossea e da un aumento della suscettibilità alle fratture, in assenza di altre patologie che potessero predisporre a fratture.
L’osteoporosi può essere classificata in due gruppi:
- Osteoporosi primitiva, che non deriva da altre malattie. Di questa vi sono più forme, di cui la più comune è l’osteoporosi post menopausale o senile. Più rara è, invece, l’osteoporosi idiopatica giovanile, caratterizzata da fratture vertebrali multiple, che spesso si risolvono spontaneamente.
- Osteoporosi secondaria, che deriva da altre malattie o condizioni preesistenti, come carenze alimentari, inattività fisica o trattamenti farmacologici che determinino alterazioni del metabolismo osseo.
Quanto è frequente il fenomeno? Epidemiologia dell'osteoporosi
Si stima che l’osteoporosi colpisca circa 200 milioni di persone nel mondo, di cui 75 milioni in USA, Europa e Giappone. Solo in Europa e USA si verificano ogni anno più di 2 milioni di fratture da osteoporosi, il cui numero è costantemente in aumento. In Italia, secondo l’ultima indagine ISTAT, il 4,7% della popolazione dichiara di avere questa malattia. L’epidemiologia di questo fenomeno è stata indagata anche dallo studio ESOPO (Epidemiological Study On the Prevalence of Osteoporosis), condotto nel 2001 su un bacino di 16 mila pazienti in 83 centri specialistici distribuiti in tutto il territorio nazionale. Dallo studio si evince come l’osteoporosi abbia una prevalenza del 22,8% nelle donne di età compresa tra 40 e 79 anni e aumenta al 50% per le donne che hanno più di 70 anni.
Inoltre, le percentuali sono più alte in Sardegna, Campania e Sicilia, superando il 30% dei casi, mentre diminuiscono in Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia e sono minimi in Trentino-Alto Adige, dove il numero di casi si attesta intorno al 16,6%.
Quali sono le cause? Eziologia dell’osteoporosi
L’osteoporosi ha diverse cause ed è sempre più accreditata l’idea che essa non sia solo legata alla perdita ossea dovuta all’invecchiamento, che comunque resta una delle cause più importanti. Negli anziani, infatti, esistono una serie di concause che, nel complesso, vanno a determinare delicati quadri clinici: stati di infiammazione cronica, riduzioni della mobilità, ma anche la riduzione della densità minerale ossea contribuiscono alle condizioni di fragilità tipiche di questi pazienti.
A determinare l’osteoporosi, però, concorrono anche altre cause, tra cui:
- Alterazioni ormonali brusche: per esempio, le cosiddette “cadute” dei livelli di estrogeni, che tipicamente accompagnano la menopausa, determinano un alterato metabolismo osseo
- Alimentazione non equilibrata e povera di calcio, soprattutto se associata ad uno stile di vita sedentario o a disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia
- Abuso di caffeina, consumo eccessivo di alcol e fumo di sigaretta: la nicotina, per esempio, interferisce con l’attività degli osteoblasti
- Malattie infiammatorie, come l’artrite reumatoide o il morbo di Crohn
- Patologie che colpiscono ghiandole, come ipertiroidismo o iperparatiroidismo
- Trattamenti con farmaci steroidei, largamente impiegati per la cura dell’asma o dell’artrite, o con farmaci utilizzati contro il carcinoma mammario o il carcinoma prostatico
- Predisposizione di tipo familiare
Cenni sullo sviluppo dello scheletro
Lo scheletro si sviluppa durante infanzia, pubertà e adolescenza, raggiungendo le sue dimensioni ottimali intorno ai 20-25 anni di età. Durante tutta l’esistenza inoltre, lo scheletro, o meglio il tessuto osseo, va incontro ad un fenomeno di rimodellamento osseo, dovuto alle sue componenti principali. Le cellule interessate sono, infatti, osteoblasti ed osteoclasti. Esse hanno due compiti diversi e complementari: gli osteoblasti sintetizzano nuova matrice ossea, mentre gli osteoclasti demoliscono quella più datata. Questo processo, delicatamente bilanciato, è necessario alla rimozione delle aree usurate o più deboli e alla loro sostituzione con tessuto osseo sano.
In generale, quindi si avrà che:
- Durante la crescita, prevarrà la sintesi di tessuto osseo in modo tale da permettere l’accrescimento in massa, lunghezza e spessore delle ossa
- In età adulta, i processi di sintesi e di demolizione sono in equilibrio
- Durante la vecchiaia, tenderà a prevalere il processo distruttivo, che determinerà una lenta diminuzione della massa ossea
Sintomi dell’osteoporosi
La demineralizzazione ossea che conduce all’osteoporosi si sviluppa nel corso della vita, in maniera lenta e progressiva. Pertanto non vi sono sintomi specifici di questa patologia, che, frequentemente, viene scoperta durante esami condotti per altre patologie. Raramente si può presentare come un vago dolore o senso di pesantezza della regione lombare, che scompare sdraiandosi.
Il primo segno clinico che permette di sospettare l’osteoporosi in un paziente è la comparsa di fratture ossee, che originano da traumi di minima entità e sono associate a dolore forte, persistente e impossibilità di movimento della parte interessata. Va tenuto conto, però, che le fratture più frequenti sono vertebrali e molto spesso, essendo poco sintomatiche come fratture in sé, a parte il dolore, sono ricondotte ad un semplice mal di schiena e quindi trattate con gli analgesici.
Pertanto è fondamentale, in presenza di un sospetto clinico, indagare la presenza di osteoporosi tramite le indagini strumentali.
Diagnosi dell’osteoporosi
L’osteoporosi è frequentemente diagnosticata in seguito a frattura.
Qualora il paziente abbia una predisposizione familiare, però, il medico di medicina generale può prescrivere una MOC, ossia una mineralometria ossea computerizzata, che misura la quantità di minerali presenti nell’osso. Attualmente la MOC si avvale della tecnica DXA: ci consente di misurare la densità ossea del paziente, confrontarla con quella di un giovane adulto sano e con quella di un paziente coetaneo e dello stesso genere del paziente in analisi. In particolare la differenza tra la densità ossea misurata e quella di un giovane sano è calcolata come deviazione standard (DS) e prende il nome di punteggio T.
Punteggio T:
- sopra -1 Deviazione Standard è definito come normale
- tra -1 e -2,5 è definito come diminuzione della densità minerale ossea rispetto al picco di massa ossea
- sotto -2,5 è definito come osteoporosi
La scansione DXA può aiutare nella diagnosi di osteoporosi, ma il risultato della densità minerale ossea non è l’unico fattore a determinare il rischio di frattura di un osso. Eventualmente, è un fattore che va tenuto in considerazione insieme all’età, al genere e alla presenza di lesioni precedenti per decidere se procedere con un trattamento per l’osteoporosi.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, inoltre, ha sviluppato il calcolatore FRAX, che, tramite dei sofisticati algoritmi basati sui principali fattori di rischio, consente di misurare il rischio individuale di frattura ossea.
Altri esami utili, infine, sono gli esami del sangue e delle urine, che consentono una valutazione complessiva del paziente e della sua risposta a farmaci; e la radiografia di colonna per valutare eventuali fratture vertebrali non ancora diagnosticate.
Trattamento dell’osteoporosi
Nel caso in cui l’osteoporosi sia stata diagnosticata, è opportuno assicurarsi che i livelli di calcio e di vitamina D, fondamentali nei processi di remineralizzazione ossea, siano normali. Se necessario, si possono prescrivere degli integratori o consigliare delle modifiche alla dieta.
Sono inoltre disponibili diversi farmaci specifici che consentono di evitare ulteriori perdite di minerali dall’osso. Tra essi vi sono gli inibitori del riassorbimento osseo, una classe di farmaci capace di diminuire l’azione degli osteoclasti, oppure i farmaci anabolici, in grado di aumentare l’attività degli osteoblasti.
In merito alle terapie farmacologiche, il National Institute for Clinical Excellence (NICE) ha elaborato delle raccomandazioni sulle prescrizioni. Sono stati suddivisi i pazienti con osteoporosi ma senza fratture, per cui si parla di prevenzione primaria, e i pazienti con osteoporosi e che hanno avuto fratture, per cui si parlerà di prevenzione secondaria.
Tuttavia grande importanza ha la prevenzione, che oggi è l’unica vera e propria arma contro l’osteoporosi.
Approfondimento: Prevenzione dell'osteoporosi
L’osteoporosi è una patologia che interessa il sistema scheletrico ed in particolare determina un deterioramento della struttura ossea, con aumento della fragilità legato prevalentemente all’invecchiamento.
Bibliografia: fonti e note
- Ministero della Salute – Una strategia di intervento per l’osteoporosi
- Ministero della Salute – Osteoporosi