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Cos'è il Morbo di Parkinson?
Il Morbo di Parkinson è una patologia neurodegenerativa cronico-progressiva.
Le patologie neurodegenerative sono malattie a carattere cronico progressivo, più o meno lento, che hanno la caratteristica di interessare in maniera selettiva o largamente prevalente determinati sistemi bersaglio:
- Il sistema extrapiramidale, nel caso del Morbo di Parkinson
- La corteccia cerebrale, per la Malattia di Alzheimer
- Il primo e secondo neurone di moto, per la Sclerosi laterale amiotrofica
Epidemiologia della malattia di Parkinson
Il morbo di Parkinson è una malattia piuttosto frequente:
- Presenta un’incidenza di circa 20 nuovi casi /100.000 anno (verosimilmente sottostimata)
- La prevalenza è di 200/100000 anno, maggiore nel sesso maschile
- L’esordio avviene in genere intorno ai 60 anni, ma il rischio aumenta in maniera quasi esponenziale con l’età. Esistono tuttavia anche forme a esordio giovanile e in generale le forme di Parkinson familiare tendono ad avere un esordio più precoce.
Eziologia e genetica del morbo di Parkinson
È fondamentalmente ignota (come per la maggior parte delle patologie neurodegenerative).
Si segnala un 10% di casi familiari in cui viene riconosciuto un unico gene responsabile della malattia, che presenta una chiara ereditarietà di tipo mendeliano. Alcuni di questi hanno trasmissione dominante, altri recessiva.
In generale le forme genetiche hanno un esordio più precoce, una progressione più rapida, un interessamento neurologico che va al di fuori del sistema extrapiramidale, rispondono meno alle comuni terapie, e globalmente hanno una prognosi peggiore del morbo di Parkinson propriamente detto.
Lo studio di geni e prodotti genici coinvolti nel Parkinson familiare ha permesso di confermare alcune teorie di tipo eziopatogenetico che vedono coinvolti:
- la alpha sinucleina –> park1 e park4
- possibile perturbazione dell’omeostasi mitocondriale
- fenomeni che chiamano in causa lo stress ossidativo
- disfunzione sistema ubiquitina-proteasoma
- possibile implicazione di fattori ambientali (maggior frequenza del morbo negli ambienti rurali rispetto a quelli urbani, messo in relazione all’uso di pesticidi erbicidi tossici con struttura molecolare simile all’MPTP – molecola che determina quadri di tipo parkinsoniano nell’animale da esperimento e nell’uomo)
- metalli pesanti
- traumi ripetuti di modesta intensità, meccanismo implicato nella genesi del cosiddetto parkinsonismo dei pugili
- caffè e fumo
Anatomia patologica delle lesioni nel morbo di Parkinson
Dal punto di vista istopatologico è caratterizzato dalla degenerazione della Sostanza Nigra (pars compatta) che porta a depauperamento neuronale con conseguente ridotta stimolazione dopaminergica nigro-striatale.
Una caratteristica neuropatologica è la presenza dei cosiddetti corpi di Lewy: inclusioni acidofile neuronali che contengono aggregati di alpha-sinucleina e ubiquitina.
Nel morbo di Parkinson c’è un certo grado di interessamento corticale: troviamo infatti i corpi di Lewy anche a livello corticale. Questo spiega la presenza di segni non motori nel morbo di Parkinson, considerato per anni una patologia esclusiva del sistema di moto, nonostante sia spesso presente un corteo di segni e sintomi che attestano l’interessamento di altre strutture del sistema nervoso centrale, a volte è più precoce nel tempo rispetto al disordine del movimento.
Clinica del morbo di Parkinson
L’esordio avviene nella metà dei casi in soggetti che sono ancora in età lavorativa. Si tratta di un esordio lento, subdolo e fondamentalmente asimmetrico (riferendoci alla sintomatologia motoria). Nel caso di esordio simmetrico è probabile si tratti di altro tipo di parkinsonismo diverso dalla malattia di Parkinson.
Nel 70% dei casi all’esordio compare il tremore (che resta il segno più noto del morbo di Parkinson). In un 30% dei casi tuttavia esso può non essere presente per tutta o quasi la durata della malattia.
Segni e sintomi generali del Morbo di Parkinson
Tremore nella malattia di Parkinson
Il tremore è spesso sintomo d’esordio della malattia. È grossolano, ampio, la cui frequenza è di 4-7 Hz, cioè 4-7 movimenti al secondo.
Interessa prevalentemente le estremità distali, quindi le mani, in cui si realizzano movimenti di flesso-estensione delle dita, abduzione-adduzione dell’alluce, prono-supinazione della mano, che agli antichi semeiologi ricordava il gesto di “fare pillole”.
Il tremore del Parkinson è un “tremore a riposo”, che compare quando l’arto è a riposo. Si riduce con l’attivazione volontaria del muscolo, è accentuato dall’emozione/concentrazione e scompare totalmente nel sonno. Può essere presente anche nella regione cefalica del piede ed è un sintomo piuttosto invalidante/imbarazzante.
Aumento del tono muscolare: Ipertono plastico
L’ipertono plastico è un’aumentata resistenza alla mobilizzazione passiva (ipertono) che a differenza dell’ipertono spastico è sempre uguale in tutte le direzioni della mobilizzazione e in ogni momento, indipendentemente dalla velocità di mobilizzazione.
A volte mobilizzando passivamente il polso o il gomito si può avvertire un cedimento a scatti della resistenza come se l’articolazione fosse montata su una ruota dentata (fenomeno della troclea dentata).
L’aumento del tono muscolare prevale lievemente nei muscoli flessori e condiziona una postura fondamentalmente flessoria del paziente con:
- capo semiflesso
- busto flesso
- arto superiore flesso
- arti posteriori semiflessi
Quando l’atteggiamento semi-flessorio è particolarmente marcato si parla di atteggiamento camptocormico.
Come tutti gli aspetti sintomatologici del morbo di Parkinson, anche la rigidità aumenta con l’emozione, si attenua col riposo (rilassamento muscolare e mentale) e scompare del tutto nel sonno. La rigidità viene percepita dal soggetto che già in fase iniziale può riferire di sentirsi molto “legato”. Rigidità e ipocinesia di fatto comportano una difficoltà nello svolgimento anche delle più comuni attività della vita quotidiana, contribuendo a determinare disabilità.
Ipocinesia: acinesia e bradicinesia
L’ipocinesia è una riduzione globale dei movimenti che appaiono anche particolarmente rallentati: il paziente tende a muoversi poco e molto lentamente e ha difficoltà sia ad iniziare il movimento che a svolgerlo.
Ne risentono più di altri i movimenti automatici i quali, per essere svolti, richiedono attenzione e concentrazione, ossia richiedono di essere trasformati in movimenti di tipo intenzionale.
Movimenti interessati da ipocinesia e bradicinesia:
- mimica facciale
- mimica gestuale
- intonazione della voce
- ammiccamento spontaneo degli occhi
- deglutizione automatica che ci consente di inghiottire la saliva
- la marcia
- il pendolarismo degli arti durante la marcia
Quando il rallentamento si accentua, evidentemente associato all’ipertono plastico, determina grave disabilità nel paziente parkinsoniano, che conduce all’allettamento e a tutte le complicanze internistiche ad esso associate.
La lentezza e l’ampiezza le possiamo anche quantificare con il test del tapping. (1)
L’acinesia, come altri sintomi del morbo di Parkinson, può dipendere dallo stato emozionale del soggetto e può recedere in maniera repentina a fronte di uno stimolo emozionale; definiamo ciò cinesia paradossa.
Sempre nell’ambito della semeiologia della bradicinesia e dell’acinesia, il soggetto ha un aspetto:
- Di ipomimia, con una facies amimica/ipomimica, poco espressiva
- Fissità dello sguardo, con riduzione dell’ammiccamento spontaneo e questo contribuisce a dare questa espressione di fissità al volt.
- Perdita della prosodia (metodicità del linguaggio), la sua parola sarà flebile, monotona, monocorde.
- Scialorrea dovuta alla perdita o alla riduzione dell’automatica deglutizione. Nella fase avanzata della malattia c’è una vera e propria disfagia che compromette la possibilità del soggetto di alimentarsi e assumere la terapia.
- Rallentamento nell’iniziare i movimenti a comando
- Perdita dei movimenti spontanei come la mimica facciale, pendolarismo degli arti e riduzione dell’ampiezza dei movimenti. Tutto questo porta ad una difficoltà di esecuzione di movimenti normali come alzarsi dalla sedia o girarsi nel letto, e un rallentamento dello svolgimento di tutte le attività della vita quotidiana, anche le più banali come quella di tagliare il cibo, vestirsi e curare l’igiene personale.
- Freezing: comprare quando si modificano le coordinate spaziali dello spazio in cui il paziente deve muoversi: quando per esempio incontra un ostacolo o si riduce la larghezza del suo percorso, come il passaggio attraverso un arco o attraverso la soglia della porta. In questo caso si parla di “Hesitation in tight quarter”.
Instabilità posturale (2)
- È dovuta ad alterazioni dei riflessi posturali
- È tardiva
- Può portare a cadute, anche queste nella fase avanzata della malattia. Infatti cadute precoci e frequenti costituiscono un campanello d’allarme: ci dicono che probabilmente la diagnosi di morbo di Parkinson non è corretta e siamo di fronte a un parkinsonismo, magari degenerativo, di altra natura, ma non al morbo di Parkinson. Le cadute sono importanti da un punto di vista di diagnosi differenziale.
Correlazioni tra segni clinici e anatomia patologica
Le lesioni nei tessuti precedono la diagnosi clinica, ossia la comparsa dei sintomi motori, di qualche anno.
Si pensa che i primi sintomi motori compaiano quando ormai c’è stata una perdita di circa il 70% dei neuroni dopaminergici della sostanza Nigra. Prima c’è una perdita neuronale progressiva che dà luogo a sintomi molto aspecifici e subdoli che sono alcuni sintomi non motori del morbo di Parkinson.
Ovviamente con l’avanzare della malattia la perdita neuronale è continua, la malattia diventa sempre più grave così come l’acinesia e la rigidità e alla fine si ha una grossa disabilità anche con una risposta ridotta della terapia.
Sintomi non motori nel morbo di Parkinson
Alcuni dei quali precedono i primi, sono fondamentalmente:
- Disordini del sistema nervoso autonomo
- Deterioramento cognitivo
- Disturbi del sonno
- Disordini di tipo neuropsichiatrico
Sintomi pre-motori
Sintomi caratteristici premotori, che possono precedere la comparsa della malattia ma sulla base dei quali non si può fare un’immediata diagnosi clinica sono:
- Iposmia o perdita dell’olfatto (anosmia) di cui molti soggetti non si accorgono, sintomo estremamente frequente, presente nel 90% dei casi;
- Comparsa della stipsi, la quale da sola non consente mai di fare diagnosi di morbo di Parkinson perché nell’anziano è un fenomeno molto comune e quindi un segno aspecifico (non indicativo di una patologia extrapiramidale).
- Disordini del sonno, con eccessiva sonnolenza durante il giorno;
- Disfunzione erettile;
- Disordini dell’umore.
Il motivo per cui alcuni sintomi non motori compaiano prima dei sintomi motori è spiegato dalla progressiva degenerazione neuro-patologica che all’inizio si sviluppa nella parte caudale del tronco e nel bulbo olfattivo, poi procede in senso caudo-rostrale interessando ad un certo punto la sostanza nigra. E’ in questo momento che compaiono i sintomi motori, ossia gli unici che ci consentono la diagnosi.
Sintomi non motori dati dall’alterazione del sistema nervoso autonomo nel Parkinson
- Costipazione
- Minzioni frequenti (pollachiuria)
- Disfunzioni sessuali
- Ipotensione, prevalentemente ortostatica, accentuata dalla terapia con levodopa
- Sudorazione
Alterazioni del sonno
Sono presenti in 2/3 dei casi:
- Insonnia, molto frequente;
- Sonno frammentato, con frequenti risvegli notturni;
- Disordini del sonno REM, in particolare la Rem Behavior Disorder (RBD), una forma di parasonnia. La fase Rem si associa all’attività onirica del sonno e succedono tante altre cose, tra queste una risoluzione completa del tono muscolare infatti un soggetto in fase REM è completamente atonico. Può succedere invece in alcune circostanze che l’attività onirica e atonia muscolare si dissocino per cui il paziente sogna e mima sul piano motorio i contenuti del sogno.
Tale disturbo è caratteristico delle patologie neurodegenerative caratterizzate da un’aggregazione anomala di α-sinucleina, le α-sinucleinapatie, abbiamo visto che nei corpi di Lewi ci sono aggregati di α-sinucleina.
- Sindrome delle gambe senza riposo: si tratta di una situazione in cui il soggetto avverte un impellente bisogno di muovere le gambe e di camminare soprattutto quando il soggetto si siede o si corica, il che ovviamente rende alquanto difficoltoso l’addormentamento. Questa condizione è molto frequente anche in soggetti normali che non sono affetti dalla sindrome di Parkinson, per cui è sintomo aspecifico di malattia.
Sintomi cognitivo-comportamentali
I disordini cognitivo-comportamentali che si trovano nel morbo di Parkinson e nelle sindromi extrapiramidali in generale non sono legati solo all’interessamento della corteccia da parte del processo neuropatologico, ma anche al fatto che gli stessi nuclei della base sono inscritti in una serie di circuiti che hanno delle funzioni di tipo cognitivo-comportamentale. Se alterati, dunque, danno disordini della memoria, del controllo degli impulsi, dell’umore, della motivazione e del comportamento emozionale.
Infatti, i disordini psichici sono presenti nel 40-80% dei soggetti con morbo di Parkinson e si caratterizzano in:
- Bradifrenia: una certa lentezza del pensiero
- Disordine delle funzioni esecutive
- Ridotta capacità di attenzione soprattutto quando è richiesta un’attenzione sostenuta in un certo compito o uno shift di attenzione da un compito all’atro
- Disordine della memoria
- E’ molto frequente una depressione che non è semplicemente una depressione reattiva
- Può essere presente ansia, anche questa non reattiva
- Apatia
- Allucinazioni visive, soprattutto nella fase avanzata della malattia. La presenza invece di allucinazioni visive in fase precoce e molto frequenti costituisce un altro dubbio diagnostico: in quest’ultimo caso il paziente non è affetto da morbo di Parkinson ma di un parkinsonismo di altro tipo.
È relativamente frequente nel morbo di Parkinson un disturbo nel controllo degli impulsi (ICD): anche questo emerge in fasi abbastanza avanzate della malattia e in relazione anche all’assunzione di farmaci dopaminergici.
Diagnosi di Morbo di Parkinson
La diagnosi è fondamentalmente clinica e basata sulla tetrade sintomatologica tipica:
- Ipobradicinesia
- Tremore
- Aumento del tono muscolare di tipo plastico
- Instabilità posturale, anche se questa non serve per la diagnosi perché risulta essere molto tardiva.
Quindi il neurologo può fare diagnosi di morbo di Parkinson su base clinica e quando compaiono i segni motori.
- Le metodiche di immagini come la TAC o la Risonanza Magnetica ci aiutano nella diagnosi differenziale ma non nel documentare il morbo di Parkinson in quanto non ci sono aspetti caratteristici rilevabili della malattia alle due metodiche.
- Negli ultimi anni si sta facendo strada l’opzione dell’Eco-doppler trans-cranico, in cui si esaminano strutture intracraniche insonando attraverso la finestra temporale.
- Ci possono aiutare anche metodiche di medicina nucleare con l’uso di radio nucleotidi che leghino sostanze specifiche dei gangli della base: DAT (ligando del trasportatore della dopamina), PET, SPECT con IBZM, scintigrafia miocardica con MIBG
Terapia del Parkinson
Non esistono ancora terapie causali della malattia.
Perciò la terapia è sintomatica: mira a ridurre i disturbi prodotti dalla malattia. Poichè i sintomi sono legati ad una deplezione dopaminergica, il significato di questa terapia è di somministrare dopamina per via esogena ai fini di colmare in qualche modo il gap, utilizzando i farmaci:
LEVODOPA: essa passa la barriera ematoencefalica, viene poi captata dai neuroni nigro-striatali e trasformata in dopamina dall’enzima DOPA decarbossilasi e liberata normalmente nello spazio sinaptico della via nigro-striatale per svolgere quella che è la sua fisiologica funzione e quindi ripristinare le attività deficitarie.
Dopaminoagonisti, che distinguiamo in:
- Agonisti dopaminergici ERGOT derivati, che ultimamente vengono usati sempre meno, anche in virtù dei loro effetti collaterali quali la fibrosi del retro-peritoneo, la fibrosi delle valvole cardiache.
- Agonisti dopaminergici non-ERGOT derivati, che hanno una affinità variabile, da molecola a molecola, per i recettori D2 e D3.
MAO-B inibitori: altre possibilità terapeutiche, che sono però fondamentalmente degli aiuti terapeutici che non vengono utilizzati da soli di per sé stessi. La Dopamina, una volta prodotta, viene catabolizzata da due enzimi, la Monominossidasi e la Catocolortometiltransferasi. Inibire uno di questi due enzimi determina un più lento catabolismo della Dopamina che resta disponibile per un tempo più lungo.
Deep Brain Stimulation: si tratta della stimolazione continua delle zone cerebrali colpite dalla malattia tramite posizionamento di un pacemaker a livello toracico e un catetere nel nucleo sub-talamico che viene stimolato continuamente ad alta frequenza. Questo determina una sorta di silenziamento nel nucleo sub-talamico e quindi un’inibizione, in qualche modo della via indiretta, un riequilibrio dei circuiti interni che sono sbilanciati verso l’inibizione, cioè verso l’azione della via indiretta determinando un sostanziale miglioramento clinico.
Bibliografia: fonti e note
- Al paziente viene chiesto di premere in modo alternato i due pulsanti rossi quante più volte gli è possibile in un tempo di due minuti. Quello che si valuta è il numero di battute nell’unità di tempo che ovviamente saranno ridotte nel morbo di Parkinson come sarà ridotta l’ampiezza della mano che compie l’atto.
- Per valutare l’instabilità posturale si esegue il pull test che consiste nell’esaminatore che trae a sé il soggetto e nell’osservare che il soggetto normale riesce a mantenere lo stesso l’equilibrio mentre in quello con morbo di Parkinson gli aggiustamenti posturali non avvengono a tempo e nella maniera corretta, perciò tende a cadere o è costretto a fare dei piccoli passettini all’indietro per non cadere.
- “Parkinson’s disease: clinical features and diagnosis” (Jankovic J. – J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2008)
- “New Genes Causing Hereditary Parkinson’s Disease or Parkinsonism” (Puschmann A. – Curr Neurol Neurosci Rep. 2017)
- “Neurology”
- “What a neurologist should know about depression in Parkinson’s disease” (Timmer MHM, van Beek MHCT, Bloem BR, Esselink RAJ.
- “History of Parkinson’s disease” (R. Khalil, J. Parkinson – Hist Sci Med, vol. 30, n. 2, 1996)