Secondo gli autori di questo studio il precondizionamento ischemico remoto sembrerebbe non aver dimostrato risultati significativi su pazienti con epatite cronica.
Il danno da ischemia-riperfusione in seguito all’epatectomia: il precondizionamento ischemico remoto
Il danno da ischemia-riperfusione è una tipologia di lesione cellulare in cui si combinano gli effetti deleteri dell’ischemia e della riperfusione.
Infatti mentre da un lato l’ambiente ischemico impedisce alla cellula di rifornirsi di ossigeno e nutrienti, la successiva riperfusione conduce all’attivazione di enzimi calcio-dipendenti e sostiene la formazione di radicali liberi dell’ossigeno, portando in alcuni casi alla morte per necrosi o apoptosi della cellula interessata.
Mentre tutti i meccanismi molecolare alla base del danno da ischemia-riperfusione non sono ancora del tutto chiariti, è invece noto quanto il parenchima epatico sia particolarmente suscettibile a questo tipo di lesione cellulare. In particolar modo, nel corso dell’epatectomia, l’ischemia operatoria (determinata in alcuni casi dalla manovra di Pringle¹) espone gli epatociti a una carenza prolungata di ossigeno, che può evolvere nell’insufficienza epatica e riflettersi negativamente sulla funzionalità di altri organi.
Alcuni studi stanno testando l’applicazione del cosiddetto precondizionamento ischemico da remoto per minimizzare il danno da ischemia-riperfusione in corso di epatectomia. Questa metodica consiste nel favorire un minore afflusso di sangue nella regione bersaglio, mediante applicazione di un bracciale pneumatico posto a distanza dal fegato.
Tale “predanneggiamento” epatico faciliterebbe la liberazione di alcune citochine e fattori di crescita dell’infiammazione, che aiuterebbe in un secondo momento gli epatociti a recuperare meglio dal danno cellulare da ischemia-riperfusione.
Caratteristiche dello studio
- Tipo di studio: Trial clinico controllato randomizzato.
- Luogo: Germania.
- Tipo di pazienti: Soggetti adulti affetti da malattia epatica cronica e candidati all’epatectomia.
Scopo dello studio: il precondizionamento ischemico remoto è efficace su pazienti epatopatici?
Gli autori di questa sperimentazione clinica hanno testato l’efficacia del metodo del precondizionamento ischemico remoto su pazienti epatopatici cronici, candidati a un intervento di epatectomia.
Progettazione
Allo studio hanno preso parte 102 pazienti adulti, tutti affetti da una malattia epatica a carattere cronico, come la cirrosi, la fibrosi o la steatosi, giudicati idonei per l’epatectomia, con alta probabilità di utilizzo della manovra di Pringle.
Tutti i partecipanti sono poi stati suddivisi in due gruppi di egual numero e in maniera randomica:
- il primo gruppo ha ricevuto il precondizionamento ischemico remoto tramite bracciale pneumatico posizionato nella parte superiore di un braccio², per un tempo totale di 30 minuti prima dell’intervento;
- il secondo gruppo non ha invece ricevuto il precondizionamento ischemico prima dell’intervento chirurgico.
Successivamente a tutti i partecipanti è stato prelevato un campione di sangue per valutare la concentrazione di alcuni markers di interesse, come il VEGF e l’HMGB1.
Risultati
I risultati ottenuti dal trial hanno indicato che:
- i livelli nel sangue delle transaminasi, ritenute un buon indicatore della funzionalità epatica, determinati il mattino successivo all’intervento, sono risultati pressoché simili nei due gruppi;
- non sono state riscontrate differenze cliniche significative tra il gruppo sottoposto al precondizionamento ischemico e il gruppo fittizio.
Conclusioni
Sebbene il precondizionamento ischemico remoto, come emerso da alcuni studi, riesca a sostenere l’epatoprotezione in seguito a danno ischemico-riperfusorio, in questo trial non ha dimostrato risultati significativi e ciò deve dunque incoraggiare ulteriori studi in merito.
Fonti e note:
ARTICOLO ORIGINALE: Hardt JLS, Pohlmann P, Reissfelder C et al. Remote ischemic preconditioning for reduction of ischemia-reperfusion injury after hepatectomy: A randomized sham-controlled trial. Surgery. 2024;175(2):424–31.
[1] Weigand K, Brost S, Steinebrunner N et al. Ischemia/Reperfusion injury in liver surgery and transplantation: pathophysiology. HPB Surg. 2012;2012:176723.
Nota 1. La tecnica di Pringle consiste nel bloccare l’afflusso di sangue sia dalla vena porta che dall’arteria epatica nel corso di interventi sul fegato, al fine di controllare meglio il rischio di emorragie.
Nota 2. Prima dell’intervento il bracciale pneumatico è stato gonfiato a 200 mmHg o ≥ 50 mmHg al di sopra del picco sistolico del paziente per 5 minuti, rimuovendolo per i successivi 5 minuti. L’intero ciclo di compressione-decompressione è stato effettuato 3 volte, dunque per mezz’ora totale di tempo.