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In un recente focus australiano è stato messo in evidenza come una dieta ricca di sale comporti un aumentato rischio di aterosclerosi, accendendo il segnale infiammatorio direttamente nel midollo osseo e nelle cellule del sangue.
In questo articolo vedremo a cosa serve il sale nel nostro corpo, qual è la dose massima consigliata e quali sono i rischi collegati in caso di eccesso di sale nella dieta.
Che ruolo ha il sale nella dieta? Qual è la dose consigliata giornaliera?
Il sale è il nome comune che viene assegnato al cloruro di sodio, una sostanza chimica minerale, ampiamente utilizzata in ambito culinario per insaporire, conservare e preparare i cibi.
Questa sostanza viene ottenuta da un composto primario “grezzo” e poi successivamente raffinata, fino a diventare cloruro di sodio quasi puro.
L’importanza del sale nella dieta è da ricondursi al fabbisogno di sodio e di cloro che l’organismo richiede per l’espletamento di grande parte delle sue attività cellulari.
Sia il sodio che il cloro, infatti, contribuiscono in maniera significativa alla regolazione dell’equilibrio acido-base e al bilancio idrico dell’organismo. Oltre a ciò, il sodio è coinvolto in molti processi tissutali, tra cui la trasmissione nervosa e la contrazione muscolare.
Se da un lato il sale è un minerale essenziale nella dieta umana, è anche vero che un eccesso di questa sostanza può provocare dei seri disturbi di salute, i quali possono poi sfociare in patologie conclamate, come l’ipertensione o i tumori dello stomaco.
Per questa ragione l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato come consumo massimo di sale da assumere durante la giornata un valore di 5 g, equivalente a un cucchiaino da caffè. [2]
Dieta ricca di sale: aumento del rischio cardiovascolare
Assunzione di sale e ipertensione
L’assunzione di eccessive quantità di sale (e dunque di sodio) nella dieta aumenta in maniera significativa il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa. A sua volta, un’ipertensione a lungo trascurata può sfociare nell’aterosclerosi e in malattie cardiovascolari.
Il consumo aumentato di sodio (maggiore di 5 g/die come raccomandato dall’OMS) provoca ritenzione idrica, richiamando acqua nei vasi arteriosi dallo spazio interstiziale, per effetto osmotico.
La diretta conseguenza di questo fenomeno è che si determina un maggiore volume ematico, il quale a sua volta genera una pressione maggiore sui vasi, portando all’ipertensione arteriosa.
Oltre a questo legame fisiopatologico ampiamente accertato, altri studi hanno considerato il ruolo del sale nell’attivazione del sistema simpatico e nel rimodellamento arterioso patologico, sostenuto dall’aumentato intake di sodio.
Soggetti sale sensibili e sale resistenti
Non è inoltre ancora chiaro se alcuni individui possano essere più predisposti di altri allo sviluppo dell’ipertensione in quanto sensibili al sale. In virtù del proprio corredo genico, gli individui sensibili al sale hanno maggiori probabilità di sviluppare effetti avversi, al contrario dei soggetti sale-resistenti.
Indipendentemente dal meccanismo fisiopatologico, il legame tra sale e ipertensione è universalmente riconosciuto dalla Comunità Scientifica Internazionale.
Difatti le diete a basso contenuto di sodio (iposodiche) non solo riducono il rischio di generare ipertensione, ma abbassano anche quello di sviluppare gravi malattie cardiovascolari. [3],[4]
Attivazione del sistema immunitario da parte della dieta ricca di sale
Alcuni studi più recenti hanno messo in luce un aspetto fisiopatologico non ancora noto del sale, ovvero quello di modulatore dell’infiammazione e del sistema immunitario.
Pare infatti che una dieta ad alto contenuto di sale sia in grado di intervenire direttamente sulla differenziazione delle cellule T CD4+, anche note come cellule T helper.
L’eccesso di sale fa sì che queste cellule si trasformino in cellule Th17¹, le quali assumono un ruolo molto importante nell’infiammazione, richiamando i globuli bianchi neutrofili dal sangue.
Tramite la secrezione dell’interleuchina 17 (IL-17) questo particolare subset di cellule immunitarie è in grado di stimolare direttamente le cellule ematopoietiche, inducendone la differenziazione in monociti-macrofagi e in granulociti neutrofili.
A loro volta i monociti stimolati dalle cellule Th17 assumono un ruolo diretto nella progressione dell’aterosclerosi e nell’espansione dell’ateroma all’interno delle arterie.
Infatti, in esperimenti in cui i partecipanti hanno ridotto drasticamente la quantità di sale giornaliera, si è verificata una parallela riduzione di IL-17, di neutrofili e di monociti nel sangue. [5]
Una dieta ricca di sale attiva un meccanismo immuno-mediato di aterosclerosi
Una dieta ricca di sale è in grado di modulare la risposta immunitaria dell’organismo, inducendo la differenziazione delle cellule T CD4+ in cellule Th17.
Le cellule Th17 secernono l’IL-17, la quale agisce direttamente sulla stazione centrale dell’ematopoiesi, il midollo osseo.
Le ultime evidenze hanno infatti suggerito un ruolo diretto di una dieta ricca di sale nel modulare il microambiente del midollo osseo e della milza, stimolando un certo numero di cellule staminali a trasformarsi in cellule dal potenziale aterogeno.
L’IL-17 agisce infatti sulle cellule staminali ematopoietiche (HSCs), sostenendone la differenziazione in monociti. Questi ultimi assumono prontamente un potenziale aterogeno², migrando verso la placca aterosclerotica e inducendola a svilupparsi.
Le cellule Th17 assumono, tra l’altro, un ruolo patogenetico anche in molte malattie infiammatorie dell’intestino e la loro modulazione positiva può favorire fenomeni di auto-immunità. [5]
Come limitare il rischio legato all'assunzione eccessiva di sale nella dieta?
Poiché alcuni studi dimostrano che le placche aterosclerotiche cominciano a formarsi sin dall’infanzia, per poi accrescersi progressivamente nell’età adulta, è opportuno intervenire in tal senso per rallentarne l’evoluzione.
Per tale motivo sarebbe innanzitutto necessario astenersi dalle abitudini voluttuarie dannose come il fumo di sigaretta e, al contempo, cercare di mantenere un’alimentazione sana ed equilibrata, praticando anche attività fisica regolare.
Per quanto riguarda l’apporto di sale giornaliero, sarebbe opportuno non superare la soglia di 5 g, come specificato dall’OMS. Tale operazione può non essere delle più semplici in quanto, nell’era attuale, il sale si nasconde spesso nei cibi industriali e passa inosservato.
Il sale "nascosto" nei cibi industriali
Infatti più dell’80% del sale assunto giornalmente si ritrova nei cibi preparati che si acquistano al supermercato, nei fast food, nelle macchinette automatiche, ecc.
Per questa ragione, si può intervenire riducendo al minimo l’uso volontario del sale per insaporire i pasti, preferendo invece spezie o erbe da cucina.
Un ruolo importante può sicuramente giocarlo anche l’educazione alle buone abitudini alimentari, che dovrebbe partire già dalle scuole dell’infanzia, istruendo i bambini sulle corrette norme dietetiche.
Infatti un figlio di un genitore che segue una dieta iposodica e a basso contenuto di sale avrà maggiori probabilità di seguirla di conseguenza, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari durante l’età adulta.
Conclusioni
Il sale è un elemento fondamentale all’interno della nostra dieta. Questo minerale permette infatti all’organismo di regolare il proprio equilibrio acido-base e il proprio bilancio idrico e, grazie al sodio, di consentire la neurotrasmissione e la contrazione muscolare.
Allo stesso tempo, un eccesso di sale nella dieta (maggiore di 5 g al giorno) può comportare l’insorgenza dell’ipertensione arteriosa, la quale offre facilmente il fianco all’aterosclerosi e a molte malattie cardiovascolari o ischemiche.
Le ultime scoperte hanno messo in luce un ruolo diretto del sale nella modulazione dell’infiammazione e del sistema immunitario direttamente sulle cellule ematopoietiche, sostenendo la formazione di monociti aterogeni.
Per cercare di attenuare l’impatto del sale nella dieta è dunque opportuno dosarlo con equilibrio quando si mangia, facendo anche attenzione al suo quantitativo presente all’interno dei cibi industriali, spesso ricolmi di sale.
Bibliografia: fonti e note
[1] National Heart, Lung and Blood Institute. What is Atherosclerosis? 2022.
[2] Istituto Superiore di Sanità. Sale. 2019.
[3] Grillo A, Salvi L, Corucci P et al. Sodium intake and hypertension. Nutrients. 2019;11(9):1970.
[4] Rust P, Ekmekcioglu C. Impact of salt intake on the pathogenesis and treatment of hypertension. Advances in Experimental Medicine and Biology. 2016;61–84.
[5] Lee, M.K.S., Murphy, A.J. A high-salt diet promotes atherosclerosis by altering haematopoiesis. Nat Rev Cardiol (2023).
Nota 1. Le cellule Th17, anche conosciute come cellule helper T 17, sono un tipo di linfociti T che svolgono un ruolo importante nel sistema immunitario. Queste cellule sono chiamate “Th17” perché producono una citochina chiamata interleuchina-17 (IL-17) come loro principale prodotto. Le cellule Th17 sono coinvolte nella risposta immunitaria contro le infezioni batteriche ed fungine, ma sono anche associate a patologie autoimmuni e infiammatorie come l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla e la psoriasi. Svolgono un ruolo nella regolazione dell’infiammazione e nell’attivazione di altre cellule immunitarie, come i neutrofili.
Nota 2. I monociti-macrofagi svolgono un ruolo cruciale nella patogenesi dell’aterosclerosi. Nel contesto di questa patologia, i monociti sono le prime cellule del sistema immunitario ad essere reclutate nelle aree danneggiate delle arterie. Questo avviene a causa dell’infiammazione cronica e della disfunzione endoteliale, che consentono l’adesione e la migrazione dei monociti attraverso la parete arteriosa. Una volta all’interno della parete intimale delle arterie, i monociti si differenziano in macrofagi. I macrofagi presenti nelle placche aterosclerotiche, noti come cellule schiumose, svolgono dunque diverse funzioni chiave nel processo di aterosclerosi.