salute del cuore covid-19

La salute del cuore dei guariti da COVID-19

La salute del cuore dei guariti da COVID-19

In questo articolo cominciamo ad esplorare quale sia lo stato di salute dei pazienti guariti da Covid-19, in particolare del cuore, analizzato con la risonanza magnetica. Abbiamo già visto come non solo i polmoni, ma anche il cuore sia coinvolto nella patologia COVID-19. In questo articolo vediamo insieme uno dei primi studi che valuta lo stato di salute del cuore nei pazienti dopo la guarigione.

 

COVID-19 e cuore

Quando si parla di COVID-19 l’attenzione si sposta automaticamente sull’apparato respiratorio, a causa della sindrome respiratoria acuta che colpisce specialmente i pazienti critici. Tuttavia un numero crescente di osservazioni e di studi sta evidenziando che anche l’apparato cardiocircolatorio sia coinvolto durante il corso della malattia e ad oggi non sappiamo ancora se mostri delle conseguenze a lungo termine.

Si è evidenziata la presenza del SARS-CoV-2 nel cuore di soggetti deceduti, con l’analisi dei tessuti dopo autopsia. Inoltre è stato riportato come il COVID-19 possa esacerbare delle condizioni preesistenti che portano ad un’insufficienza cardiaca. Infine si è riscontrato che molti pazienti affetti da COVID-19 mostrano degli alti livelli di troponina nel sangue, una proteina caratteristica delle cellule del muscolo cardiaco che viene rilasciata in circolo solo in caso di sofferenza del cuore. Per questo motivo questo marker è comunemente utilizzato per diagnosticare gli attacchi di cuore o altre condizioni patologiche cardiache.

I meccanismi che determinano questa sofferenza cardiaca durante il COVID-19 sono solo ipotizzati e sono necessari maggiori studi a riguardo.

 

Lo studio

Oggi riportiamo il primo studio (1) che valuta lo stato di salute del cuore in un gruppo casuale di pazienti COVID-19 dichiarati guariti. Un gruppo di medici di Francoforte ha quindi analizzato 100 pazienti a cui era stato diagnosticato il COVID-19 e la cui guarigione è stata sancita ufficialmente da un tampone negativo. Lo scopo dello studio è di valutare lo stato del cuore di ciascun individuo dopo la guarigione dalla malattia, confrontando alcuni parametri cardiaci con quelli di individui sani della stessa età e dello stesso sesso. Questi parametri sono caratteristiche demografiche, particolari marker nel sangue e altre informazioni deducibili dalle immagini del cuore ottenute tramite risonanza magnetica.

Ricordiamo che la risonanza magnetica è una tecnica diagnostica non invasiva che permette di ottenere immagini di organi interni senza utilizzare radiazioni ionizzanti. Il suo funzionamento infatti si basa sull’esposizione del corpo a dei campi magnetici innocui per il paziente. Alla fine della procedura si ottengono dei video e/o delle immagini tridimensionali in questo caso del cuore, interpretabili dal medico.

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I risultati

Il 78% dei pazienti guariti dal COVID-19 presentava un coinvolgimento cardiaco, evidenziato dalle immagini della risonanza magnetica. È interessante notare come questa situazione si sia osservata in una così alta percentuale di individui seppure il campione selezionato fosse casuale. Questo vuol dire che ciascun individuo studiato riportava dei sintomi simili e di gravità paragonabile nonostante una storia medica completamente diversa in termini di condizioni mediche pregresse, di gravità del decorso del COVID-19 o di presenza di sintomi o patologie cardiache. Infatti, alcuni pazienti erano asintomatici o lievemente sintomatici e sono rimasti in casa, mentre altri erano ricoverati in ospedale.

L’anormalità evidenziata più di frequente (60% dei pazienti) era l’infiammazione del miocardio ovvero miocardite in corso, rilevata tramite le misurazioni dalle immagini della risonanza magnetica. Questo segno è seguito al secondo posto dalla presenza di tessuto cicatriziale e al terzo dall‘ingrossamento del pericardio.

Alcuni pazienti hanno riportato verbalmente al medico di percepire un dolore al petto inusuale e delle palpitazioni. Inoltre, altri riportavano fiato corto e un senso generalizzato di stanchezza. Per quando riguarda la troponina, il 71% dei pazienti sottoposti ad un test ad alta sensibilità riportava dei valori di troponina T più alti del normale.

Tutti questi sintomi sono indicativi di un danno cardiaco che potrebbe potenzialmente portare a dei peggioramenti nelle persone che sviluppano problemi. È inoltre allarmante come non sia emersa in questo campione di pazienti una tendenza di questi sintomi a scemare con il tempo.

 

Conclusioni

Questo studio indica per la prima volta come ci sia una prevalenza alta di coinvolgimento cardiovascolare nei pazienti COVID-19, perlomeno per quanto riguarda i primi stadi di guarigione. I sintomi si presentano indipendentemente dalla gravità della malattia avuta e persistono dopo la fase acuta. È quindi di fondamentale importanza arricchire la letteratura di nuovi studi svolti su campioni di popolazione più numerosi, per cercare di comprendere quali siano le conseguenze a lungo termine di questi sintomi e se esistano fattori che possano determinare un esito migliore.

 

Med4Care Marco De Nardin

Dott. Marco De Nardin

 

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Fonti:

 

Per approfondire: