Secondo gli autori di questo studio sembrerebbe che la messa in atto di protocolli volti al riconoscimento e al trattamento dell’emorragia post partum possa essere molto efficace nel ridurre la frequenza della condizione.
Trattamento dell’emorragia post-partum
L’emorragia post partum consiste in un evento abbastanza raro, responsabile in molte regioni italiane della prima causa di mortalità materna, spesso non riconosciuta per tempo, nonostante il ricovero in ambiente ospedaliero.
L’emorragia post partum primaria si verifica quando la madre perde oltre 500 mL di sangue nel primo giorno decorrente dall’avvenuto parto vaginale, o in alternativa quando perde più di 1000 mL di sangue entro il giorno successivo al parto cesareo.
Intuitivamente, quando la perdita ematica è consistente e perdurante, la pericolosità della condizione aumenta, predisponendo la madre alla manifestazione di uno shock ipovolemico, che se non opportunamente riconosciuto e trattato, può determinare la morte della paziente.
Nonostante l’emorragia post partum costituisca una causa maggiore di mortalità materna, essa non viene adeguatamente controllata a livello globale, complici la rilevazione in ritardo del problema e la mancanza di personale accuratamente preparato a gestire la condizione.
Per questa ragione sono in fase di studio varie sperimentazioni che consentano di comprendere quale possa essere la strategia più adatta per riconoscere per tempo la condizione, avviando poi la giusta modalità di trattamento.
Caratteristiche dello studio
- Tipo di studio: Studio multicentrico randomizzato a grappolo.
- Luogo: Inghilterra, Pakistan e vari Paesi africani¹.
- Tipo di pazienti: Donne sottoposte a parto vaginale.
Scopo dello studio: qual è il miglior trattamento per l’emorragia post-partum?
Gli autori di questo studio internazionale randomizzato hanno provato a selezionare la migliore strategia adottabile per riconoscere in maniera tempestiva l’emorragia post partum conseguente al parto vaginale, avviandone successivamente il trattamento più idoneo a disposizione.
Progettazione
Lo studio ha preso in esame 80 ospedali dislocati in quattro Paesi africani, tutti attrezzati adeguatamente nel settore dell’ostetricia, dove accolgono ogni anno numeri importanti di donne che si sottopongono a un parto vaginale.
Di tutti questi ospedali, in maniera randomizzata, la prima metà è stata incaricata a mettere in atto le cure abituali in caso di parto vaginale (con eventuale emorragia post partum).
La seconda metà degli ospedali ha invece ricevuto istruzioni di eseguire vari accorgimenti al fine di controllare in tempo reale le perdite ematiche della madre, applicando se necessario interventi volti a prevenire lo shock ipovolemico.
Risultati
Dopo più di un anno dall’inizio dello studio si sono registrati i seguenti risultati:
- eventi avversi gravi, come la perdita ematica materna maggiore di 1000 mL, la laparotomia o la morte materna, si sono verificate con percentuale più che doppia nel gruppo delle pazienti che hanno ricevuto cure abituali.
- L’emorragia post partum è stata prontamente rilevata nel 93,1% delle pazienti del gruppo di intervento, mentre nel gruppo delle cure abituali il riconoscimento della condizione è avvenuto solo nel 51,1% delle madri.
Conclusioni
Il presente studio ha messo in luce come la messa in atto di determinati protocolli volti a riconoscere e a contenere l’entità dell’emorragia post partum sia molto efficace nel ridurre la frequenza della condizione, riducendo i rischi più gravi come lo shock ipovolemico o la morte materna.
In particolar modo è risultata una buona procedura porre sotto sorveglianza clinica la madre sul profilo ematico, attivando tempestivamente una valida strategia di gestione dell’emorragia quando le perdite di sangue hanno superato la soglia di 300 mL.
Fonti e note:
ARTICOLO ORIGINALE: Gallos I, Devall A, Martin J et al. Randomized trial of early detection and treatment of postpartum hemorrhage. New England Journal of Medicine. 2023;389(1):11–21.
[1] Donati S. L’emorragia del post partum. EpiCentro – Istituto Superiore di Sanità. 2017.
Nota 1. I quattro Paesi africani presi in esame sono: Kenya, Nigeria, Sud Africa e Tanzania.