Tre possibili tipologie di vaccini
In questo articolo spiegheremo quali sono le tre possibili tipologie di vaccini esistenti e a che stadio di sviluppo sono nei confronti del SARS-CoV-2.
Identificazione e inattivazione del germe da riprodurre
Il modo tradizionale di produrre vaccini si basa innanzitutto sul prendere, o “isolare” in termine tecnico, il responsabile della malattia. Può trattarsi di un batterio, un virus o altro, e lo chiamiamo per convenzione agente “patogeno”. Una volta isolato, il patogeno viene inattivato del tutto o attenuato, e quindi reso innocuo con vari metodi.
Le tre tipologie di vaccini
Vaccini a RNA
Sono quelli più rapidi da sviluppare perché più facili da realizzare a livello tecnico.
Si prende la sequenza di materiale genetico del virus, che nel caso attuale è SARS-CoV-2, ed è disponibile dal 7 di gennaio. I ricercatori devono studiarla per scovare quali geni possono diventare i componenti del vaccino. Una volta individuati i geni di interesse, vengono sintetizzati in laboratorio e iniettati nei pazienti sotto forma di RNA virale spezzettato.
La logica è quella di simulare un’infezione senza fare danni al corpo, ma dandogli modo di sviluppare potenti anticorpi che funzioneranno anche contro il virus vivo e pericoloso.
Limitazioni
È una tecnologia nuova, funziona bene sugli animali e i dati a disposizione suggeriscono che abbiano grande potenziale anche sull’uomo. Nonostante questo, dobbiamo ancora verificare se funzionano effettivamente sull’uomo, se ci sono rischi nell’usarlo in una popolazione di grandi dimensioni e se sia possibile realizzarne centinaia di milioni o addirittura miliardi, a seconda di quanti potrebbero servirne.
Vaccini con vettori virali
Il gene o i geni individuati dai ricercatori durante le loro ricerche in questo caso vengono inseriti all’interno di vettori virali. Come funziona?
In pratica viene preso il materiale genetico di un virus poco soggetto a mutazioni e facile da maneggiare, che viene reso del tutto innocuo tramite l’eliminazione delle sequenze pericolose. Questa sequenza di materiale genetico prende il nome di “vettore”. Un buon esempio di vettore è l’adenovirus, molto usato e base di alcuni vaccini ad oggi in commercio.
Successivamente, nella sequenza genetica di questo virus innocuo viene inserito il gene – o i geni – che i ricercatori hanno individuato nel nuovo virus, quello da cui dobbiamo proteggerci.
In parole più semplici, questo “vettore” funge da veicolo per trasportare i geni virali all’interno del nostro corpo e stimolare la risposta immunitaria.
Il più famoso per SARS-CoV-2 ad oggi è quello di Oxford ma anche italiani, cinesi ed olandesi si stanno lavorando.
Limitazioni
Come tecnologia è più matura della precedente, c’è un vaccino di questo tipo registrato per l’ebola. Non sono mai stati prodotti in grandissime quantità, quindi se funzionano non sarà semplice produrli in tale scala.
Vaccini con proteine ricombinanti
In questo caso non viene utilizzato il materiale genetico del virus ma direttamente le sue proteine. Queste proteine corrispondono agli antigeni contro i quali si creano anticorpi. La loro azione è dunque quella di fungere da innesco per il sistema immunitario, che reagirà prontamente per combatterli e sviluppare successivamente una memoria in grado di riconoscerli anche in un secondo momento.
La loro costruzione richiede tempo, perché prima della proteina i ricercatori devono individuare il gene adatto, come nei due vaccini analizzati in precedenza. Una volta fatto, il gene deve essere inserito all’interno di cellule che poi produrranno la proteina designata in grandi quantità. Successivamente, queste proteine devono essere separate dalle cellule che le hanno prodotte ed estratte per creare infine il vaccino.
Osservazioni
La tecnologia è matura, se ne possono produrre milioni e anche miliardi di dosi nel mondo e ci sono impianti industriali pronti per farlo. È possibile che se i numeri necessari saranno così alti, questo tipo di vaccino sarà quello più impattante e costituirà la parte preponderante.
Questi vaccini necessitano di 6-7 mesi prima di arrivare alla sperimentazione clinica.
Quanto tempo occorrerà per giungere al vaccino per il Covid-19?
“In tempi normali servono 15-20 anni per sviluppare un vaccino. Questo perché in genere vengono somministrati a persone sane e quindi le procedure sono molto scrupolose nel verificare sicurezza ed efficacia” spiega Rappuoli in un’intervista citata qui sotto (1), “ma in situazioni di emergenza i tempi si possono accorciare, soprattutto oggi che abbiamo nuove tecnologie. Con l’ebola ci abbiamo messo 5 anni, una grandissima accelerazione. Questo accadeva 5 anni fa però. Oggi le tecnologie sono andate molto avanti, e possiamo accorciare ancora più i tempi. Potremmo ottenerlo in 1,5-2 anni.”
Dott. Marco De Nardin
Bibliografia:
- Advances in mRNA Vaccines for Infectious Diseases. Cuiling Zhang, Giulietta Maruggi, Hu Shan, and Junwei Li
- New Kids on the Block: RNA-Based Influenza Virus Vaccines. Francesco Berlanda Scorza, Norbert Pardi
- Viral vaccines and their manufacturing cell substrates: New trends and designs in modern vaccinology. Ana F. Rodrigues, Hugo R. Soares, Miguel R. Guerreiro, Paula M. Alves, and Ana S. Coroadinha
- Intervista a Rappuoli: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Coronavirus-Rino-Rappuoli-intervista-Rainews24-funzionano-i-nostri-anticorpi-monoclonali-la-cura-contro-Covid19-a6fbf322-7b6c-47e6-a53f-39bd10d128b3.html
- ISS: cosa sono e come funzionano i vaccini
- (1) http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Coronavirus-Rino-Rappuoli-intervista-Rainews24-funzionano-i-nostri-anticorpi-monoclonali-la-cura-contro-Covid19-a6fbf322-7b6c-47e6-a53f-39bd10d128b3.html