Cosa sono i Trigliceridi e perché è importante monitorarli

Trigliceridi: cosa sono e perché è importante monitorarli

Indice

Trigliceridi e ipertrigliceridemia

I trigliceridi sono molecole essenziali per l’immagazzinamento di energia nel corpo, sotto forma di grasso. In questo articolo parleremo della loro funzione e del perché è importante tenerli sotto controllo.

Trigliceridi: un'importante fonte di energia

I trigliceridi sono strutture costituite da due elementi fondamentali: acidi grassi e glicerolo; l’energia immagazzinata al loro interno può essere liberata attraverso la reazione di scissione di questi due componenti.

I trigliceridi si accumulano all’interno del tessuto adiposo e viaggiano all’interno dei vasi sanguigni legati alle lipoproteine, in particolare chilomicroni e lipoproteine ​​a bassissima densità (VLDL). I chilomicroni trasportano la maggioranza dei trigliceridi plasmatici, che sono di derivazione esogena (dai grassi assunti con la dieta); le VLDL sono deputate al trasporto di trigliceridi endogeni, prodotti dal fegato.

Un eccessivo accumulo di trigliceridi nel corpo ha due principali conseguenze: aumenta il rischio cardiovascolare dei soggetti, favorendo l’insorgenza di aterosclerosi, infarti e ictus, e aumenta il rischio di pancreatite, malattia infiammatoria a carico del pancreas.

Come si effettua la conta dei trigliceridi

Il livello di trigliceridi presenti in circolo può essere calcolato attraverso un semplice esame del sangue. Per il prelievo, si utilizza solitamente una vena dell’avambraccio. Per evitare alterazioni nel risultato, è consigliabile che il paziente sia a digiuno da almeno 12 ore.

Approfondimento: esami del sangue, quali sono e a cosa servono

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Gli esami del sangue sono analisi di laboratorio che, attraverso lo studio dei parametri ematici, permettono di valutare lo stato di salute generale del paziente.

Valori di trigliceridi normali

I cut-off di laboratorio specifici per i trigliceridi differiscono leggermente tra loro; in generale, possiamo affermare i seguenti valori:

  • Inferiori a 150 mg/dl sono considerati normali
  • Compresi tra 150 e 200 mg/dl sono borderline
  • Compresi tra 200 e 400 mg/dl sono considerati alti
  • Superiori a 400 mg/dl sono considerati altissimi

I trigliceridi non sono mai valutati da soli; per analizzare in modo completo il rischio cardiovascolare di un soggetto, la loro determinazione è affiancata a quella del colesterolo totale e delle sue frazioni (HDL e LDL, rispettivamente colesterolo buono e cattivo).

Quando i trigliceridi superano i livelli di normalità si parla di ipertrigliceridemia; quando eccessivamente bassi si parla di ipotrigliceridemia. Quest’ultima condizione è molto rara e di solito non rappresenta un vero e proprio problema clinico, vista la scarsità di sintomi ad esso correlata. Per questo, ci concentreremo sull’ipertrigliceridemia.

Eccesso di trigliceridi: da cosa deriva

Dopo un pasto, oltre il 90% dei trigliceridi circolanti arriva all’intestino ed è secreto nei chilomicroni, mentre durante i periodi di digiuno predominano i trigliceridi endogeni prodotti dal fegato come VLDL. L’aumento delle lipoproteine ricche di trigliceridi deriva dunque o da una aumentata produzione da fegato e intestino, o dalla diminuzione del catabolismo periferico (principalmente per ridotta attività delle lipoproteine lipasi, enzimi responsabili della loro scissione).

Più precisamente, un aumento dei trigliceridi in circolo può derivare da:

  • Dieta ricca di grassi, abuso di alcol, obesità, sedentarietà e fumo di sigaretta, tutte condizioni associate a un aumentato rischio cardiovascolare
  • Sindrome metabolica e diabete mellito
  • Gravidanza
  • Familiarità: si parla di iperlipidemie familiari, di solito correlate a un aumento anche dei livelli di colesterolo
  • Malattie endocrinologiche come malattie della tiroide e del fegato, pancreatite
  • Uso di farmaci come pillola anticoncezionale, estrogeni, beta bloccanti.

Come si manifesta una ipertrigliceridemia?

Se i livelli di trigliceridi sono solo leggermente aumentati, il paziente non manifesta sintomi. Solo in casi gravi, quando i valori superano i 1.000 mg/dl, vi è un’elevata probabilità che il paziente manifesti: dolore addominale, pancreatite (complicanza più pericolosa), xantomi e xantelasmi, epatosplenomegalia (aumento dimensionale del fegato e della milza) e problemi alla vista. Inoltre, non bisogna dimenticare che i trigliceridi aumentano il rischio cardiovascolare del paziente, predisponendo allo sviluppo di infarti e ictus.

Il trattamento dell’ipertrigliceridemia

La correzione dell’ipertrigliceridemia ha due obiettivi principali: prevenire la comparsa di pancreatite e ridurre il rischio cardiovascolare del paziente. In prima linea, quando i trigliceridi sono solo leggermente aumentati, la terapia consiste nella semplice correzione dello stile di vita, attraverso l’esercizio fisico continuativo e l’introduzione di una dieta a ridotto contenuto di grassi, evitando carboidrati semplici. Di aiuto, è l’integrazione di fibrati, acidi grassi (omega-3) e acido nicotinico. La scelta di iniziare una terapia farmacologica dipende dall’entità dell’aumento dei trigliceridi; è sicuramente indicata quando i livelli superano i 10 mmol/L, mentre per valori compresi tra 2 e 10 mmol/L la decisione dipende da caso a caso.

I primi farmaci storicamente utilizzati per il trattamento dell’ipertrigliceridemia sono i fibrati; il loro meccanismo d’azione non è ancora del tutto chiarito. La loro assunzione è in grado di ridurre i livelli di VLDL (lipoproteine ad alto contenuto di trigliceridi) e di aumentare quella di HDL (il cosiddetto colesterolo “buono”), mentre il loro effetto sulle LDL (colesterolo cattivo) è incerto. Per questo, difficilmente sono utilizzati in monoterapia, preferendone l’associazione con le statine, farmaci capaci di ridurre i livelli di LDL e diminuire al tempo stesso il rischio cardiovascolare dei pazienti.

Conclusioni

I trigliceridi sono molecole fondamentali, deputate all’immagazzinamento di energia nel corpo. Un loro eccesso è, in associazione all’aumento del colesterolo, un importante fattore di rischio cardiovascolare. Per questo, monitorarne i valori è fondamentale per la salute dei pazienti.