variante sudafricana B.1.351 del Covid-19

La variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19: caratteristiche

Le caratteristiche della variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19

 

Storia e scoperta della variante sudafricana B 1.351/501Y.V2 del Covid-19

La variante sudafricana B1.351/501Y.V2 è emersa probabilmente durante la prima ondata dell’epidemia di Covid-19 in Sud Africa nell’area metropolitana Nelson Mandela Bay nell’ottobre 2020 e successivamente si è diffusa molto fino a diventare la variante predominante nelle province di Città del Capo est e ovest nel Novembre 2020 (1).

La variante si è successivamente sviluppata dapprima nello Botswana e poi in molti altri paesi tra cui l’Inghilterra, la Scozia, la Francia, la Svezia, la Svizzera, la Corea del Sud durante lo scorso dicembre 2020. (6). Pare che l’arrivo del ceppo sudafricano in Inghilterra sia avvenuto addirittura con 8-9 diverse singole introduzioni (cioè singoli diversi viaggiatori).

Il tasso di trasmissione della variante sudafricana è ancora sconosciuto. Tuttavia si è riscontrato un aumento significativo dei casi e della mortalità in corrispondenza dell’emergere della variante sudafricana (1).

 

Le ragioni alla base delle mutazioni della variante sudafricana B1.351/501Y.V2 del Covid-19

Come si è creata la variante sudafricana del Covid-19? E come si creano le varianti del Covid-19 in generale? Una delle ipotesi che è stata formulata di recente è che avvenga un’evoluzione del virus all’interno dell’ospite in associazione con un’infezione prolungata (7).

A tale proposito è stato segnalato il caso di un signore di 45 anni che era stato infettato dalla variante classica del Coronavirus. Poiché era immunocompromesso (9), l’infezione è durata moltissimo tempo e al 75° e al 128° giorno di infezione comparivano due mutazioni, la E484K e la N501Y, rispettivamente (7).

Questo è soltanto uno dei meccanismi possibili, dal momento che nella variante sudafricana sono stati ritrovate anche molte altre mutazioni meno rilevanti. È stato anche proposto che le mutazioni che non riguardano i siti di attacco della proteina Spike siano necessarie, dal punto di vista evolutivo, quasi a compensare le mutazioni più importanti, per mantenere una migliore stabilità strutturale dell’intera proteina Spike (8).

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La struttura della variante sudafricana B 1.351/501Y.V2.

Le regioni modificate della variante sudafricana del Covid-19

La variante sudafricana del Covid-19 contiene alcune mutazioni, (8), di cui tre mutazioni peculiari sulla proteina Spike (vedi note):

 

La resistenza della variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19 alla neutralizzazione anticorpale

La variante B.1.351 presenta un’aumentata resistenza alla neutralizzazione da parte della maggior parte degli anticorpi monoclonali al dominio terminale della proteina Spike (NTD) e una elevata resistenza ad un discreto numero di anticorpi monoclonali per il dominio-legante il recettore (RBD) (2).

 

Efficacia degli anticorpi monoclonali sulla variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19

La variante sudafricana è in grado di eliminare del tutto l’efficacia dei seguenti anticorpi monoclonali:

  • 910-30, mediata dalla mutazione K417N
  • 2-15, mediata dalla mutazione E484K
  • LY-CoV555 (bamlanivimab), mediata dalla mutazione E484K
  • C121, mediata dalla mutazione E484K
  • REGN10933 (casirivimab), mediata dalle mutazioni E484K e K417N
  • 5-24
  • 4-8
  • 2-17
  • 4-19
  • 4A8

 

Rimane invece valida l’efficacia di:

  • 2-7
  • REGN10987 (imdevimab)
  • C135
  • S309
  • 5-17

 

Efficacia del plasma iperimmune sulla variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19

La variante sudafricana B.1.351 ha una resistenza altissima, in media tra 11 e 33 volte, agli anticorpi policlonali presenti nel plasma iperimmune dei soggetti precedentemente immunizzati dal Covid-19 nelle sue varianti tradizionali. Lo studio è stato condotto sul plasma proveniente da 20 soggetti con infezione documentata durante la primavera del 2020 (2).

 

Efficacia dei vaccini sulla variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19

Gli studi non sono concordi in merito. La resistenza dello specifico tipo di vaccino nei confronti della variante sudafricana potrebbe dipendere anche dal vaccino stesso.

 

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Efficacia del vaccino Pfizer sulla variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19

Nel primo studio (2) che vi riportiamo è stato testato il siero di pazienti vaccinati con il vaccino di Pfizer. In questo studio sono stati raccolti 10 sieri da persone che avevano ricevuto il vaccino di Pfizer, durante i primi trials realizzati. Da questo studio emerge che la variante sudafricana avere una resistenza molto alta, in media tra 6 volte, agli anticorpi policlonali presenti nel siero vaccinale dei soggetti vaccinati per il Covid-19 per il vaccino di Pfizer (2).

Un altro studio, invece, ha raccolto i sieri proveniente da 20 pazienti che erano stati precedentemente vaccinati con il vaccino di Pfizer e li ha verificati contro la variante sudafricana del Coronavirus, evidenziando un’equivalente efficacia neutralizzante nei confronti del virus mutato (10).

 

Efficacia del vaccino Moderna sulla variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19

Nello studio che vi riportiamo è stato testato il siero di pazienti vaccinati con il vaccino di Moderna. In questo studio sono stati raccolti 12 sieri da persone che avevano ricevuto il vaccino di Moderna, durante i primi trials realizzati. Da questo studio emerge che la variante sudafricana avere una resistenza molto alta, in media di 8 volte, agli anticorpi policlonali presenti nel siero vaccinale dei soggetti vaccinati per il Covid-19 per il vaccino di Moderna (2).

In un altro studio si conferma la riduzione dell’efficacia degli anticorpi prodotti dal vaccino di Moderna di ben 6 volte (12)

 

Efficacia del vaccino indiano Covaxin sulla variante sudafricana B.1.351/501Y.V2 del Covid-19

Non sono ancora disponibili dati per il vaccino Covaxin.

 

Come identificare la presenza della variante sudafricana nella popolazione?

Un gruppo di scienziati ha dichiarato, in uno studio non ancora revisionato, di essere riuscito a mettere a punto un set di primer differenti, uno per ciascuna variante di Covid-19, nella fattispecie, oltre che per quella sudafricana, anche per la variante inglese e quella brasiliana (11).

Questo consentirà di poter svolgere un test diagnostico di secondo livello dopo il test di valutazione della positività. Nel secondo test, da effettuare solo sui pazienti positivi, sarà possibile identificare il tipo di variante in essere, se quella tradizionale oppure quelle emergenti.

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La possibilità di identificare la variante sudafricana nel soggetto consentirà di scegliere anche il trattamento più opportuno, per esempio optare per gli anticorpi monoclonali piuttosto che il plasma iperimmune, che è inefficace sulla variante sudafricana e potrebbe invece essere destinato con maggior beneficio a soggetti portatori di altre varianti.

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Dott. Marco De Nardin

 

Per approfondire: